M. Ga., Corriere della Sera 29/07/2010, 29 luglio 2010
LO SCERIFFO ARPAIO SFIDA LA CASA BIANCA «NEL DESERTO PRONTE LE TENDE-PRIGIONE» —
«Per noi non cambia nulla: forse è stata sospesa la parte della nuova legge che obbliga la polizia a ricercare i clandestini. Ma chi vuole combattere l’immigrazione illegale, come facciamo noi in questa contea da tre anni, può continuare tranquillamente. Io ho già preparato le nuove carceri. Tende nel deserto, dove la temperatura può arrivare fino a 50 gradi. Non dico che le userò, anche se il carcere è una punizione, non una cura termale. Ma non voglio dare alibi ai politici che, per non applicare le leggi con severità, si nascondono dietro la scusa dei penitenziari sovraffollati. Io ho dimostrato loro che il posto, se vuoi, lo trovi sempre». Giacca blu, camicia e cravatta bordò con un gigantesco fermacravatta d’oro a forma di pistola, lo sceriffo Joe Arpaio passa da un’intervista all’altra visibilmente soddisfatto dell’attenzione che gli viene riservata. Per i conservatori è l’angelo che protegge l’America ricca e bianca dall’ invasione dei clandestini, per gli altri è il demonio che perseguita i miserabili della Terra, infliggendo ai suoi detenuti punizioni dantesche o anche solo grottesche: dal caldo micidiale delle tende-carcere alla riduzione dei pasti (due al giorno) con l’uso di ingredienti poveri in modo che il cibo di ogni detenuto costi al contribuente dell’Arizona meno di un dollaro al giorno. Quanto alla tv, in carcere sono sintonizzate su tre canali: c-Span, il Meteo e Food Network, la rete dei programmi per gourmet. Un vero sberleffo che, come altre trovate dello sceriffo (montare sul carcere un traliccio con la scritta luminosa Vacancy come nei motel, per dire che c’è sempre posto per nuovi «clienti») hanno reso Arpaio popolare tra il suo elettorato.
A Maricopa, una contea di 4milioni di abitanti che comprende l’intera città di Phoenix, ad andare alle urne sono soprattutto i conservatori, allarmati dai flussi migratori dal Messico e dall’arrivo dei trafficanti di droga che usano sempre più spesso il «corridoio» dell’Arizona. Arpaio sa che i suoi elettori— che lo hanno già votato 4 volte conferendogli un mandato ventennale — lo adorano, ma anche che per molti altri è il male assoluto: «Mi tocca la parte del cattivo, ma la mia filosofia è semplice. Lei dov’è nato? A Roma? Bene, i miei genitori sono venuti da lì vicino, Napoli. Sono entrati legalmente, attraverso Ellis Island. Io combatto chi si comporta diversamente».
Arpaio è diventato la bestia nera degli ispanici anche perché, unico tra i capi delle polizie dello Stato, spesso incrimina i clandestini come complici dei trafficanti di esseri umani. «In Europa le cose funzionano in altro modo, ma questa è una realtà diversa e questa gente ha documenti falsi. E non sono tutti poveri che vengono per lavorare. Lo so bene io che ho fatto l’agente antidroga in Messico e in Turchia, sono stato capo della Dea (l’agenzia federale contro il narcotraffico, ndr) in Texas e qui in Arizona».
Ritiratosi quando era ancora cinquantenne, Joe e la moglie Ava sembravano una delle tante coppie di pensionati pronti a godersi il sole perenne dell’Arizona, come gli altri anziani ricchi di Sun City. Ma Arpaio si annoiava. Così nel ’93 decise di candidarsi a sceriffo: «Sono vecchio, lo farò per un solo mandato». Poi le cose hanno preso un’altra piega e l’uomo che ha reso l’Arizona più famosa per la sua Tent City (le tende carcerarie) che per Sun City, a 78 anni si prepara alla campagna 2012, sicuro della rielezione. Visto che non lo fermano i democratici né il governo federale, né i sindaci che non condividono la sua politica carceraria ma non osano tagliargli la strada, oggi ci provano i manifestanti progressisti che arriveranno a migliaia a Phoenix per urlare il loro dissenso nei confronti della nuova legge e sfidare le autorità rifiutandosi di portare con sé documenti di identificazione.
Arpaio assicura che i suoi 4.000 uomini si comporteranno «con grande professionalità» e rispetto per il diritto di manifestare: «I manifestanti sono soprattutto californiani, vengono dallo Stato-santuario che protegge i clandestini. Spero che spenderanno soldi nei nostri ristoranti. Sono i benvenuti, sempre che si comportino bene. Spero non si facciano venire l’idea di presentarsi in massa davanti al mio carcere, di bloccarlo, altrimenti ci finiranno dentro: non mi faccio assediare, non diventerò ostaggio di questa gente».
M. Ga.