Marco Nese, Corriere della Sera 29/07/2010, 29 luglio 2010
UN ORDIGNO NASCOSTO HA UCCISO I DUE GENIERI
Altri due militari italiani lasciano la vita in Afghanistan. Sono morti ieri mentre disinnescavano ordigni esplosivi piazzati lungo la strada di un villaggio chiamato Ingyl, che si trova 8 chilometri a Sudest di Herat. Si tratta del primo maresciallo Mauro Gigli, 41 anni, nativo di Sassari e in servizio in Piemonte, presso il 32° reggimento del Genio, e del caporal maggiore Pier Davide De Cillis, 33 anni, nato in Puglia, a Bisceglie, e appartenente al 21° reggimento del Genio di base a Caserta.
Nell’esplosione è rimasta ferita anche una donna ufficiale, il capitano Federica Luciani, nata all’Aquila, che fa parte del 2° reggimento del Genio pontieri di stanza a Piacenza. Colpita di striscio da alcune schegge, le sue condizioni sono buone. Sono invece morti due militari afghani che collaboravano alla rimozione dell’ordigno, e altri due sono rimasti feriti.
Questa nuova tragedia che colpisce la missione italiana si è verificata nel tardo pomeriggio, verso le 20 (in Italia erano le 17.30). Uomini della polizia afghana avevano notato una bomba ai margini della strada. Hanno avvertito il comando italiano che ha subito messo in moto le operazioni per neutralizzare l’ordigno. Sono partiti una ventina di militari a bordo di mezzi blindati. Hanno raggiunto l’area in cui era presente la minaccia. Con le armi spianate, si sono schierati a cerchio per proteggere i due artificieri impegnati nel disinnesco della bomba.
Dopo aver concluso l’operazione, i due sminatori hanno cominciato a guardarsi intorno, controllavano il terreno per accertarsi che non ci fossero altri ordigni nascosti. In quel momento, il disastro. Una terribile esplosione li ha investiti uccidendoli sul colpo. Una troupe televisiva che aveva seguito i militari ha ripreso tutta la scena.
L’episodio ha fatto pensare a una trappola preparata dai talebani. La prima bomba, lasciata in vista, sarebbe quindi servita per attirare gli artificieri, con l’intenzione di colpirli poi con un secondo ordigno camuffato ai margini della carreggiata. Ricorda una scena del film The Hurt Locker, con il quale Kathryn Bigelow ha vinto l’Oscar. In quel caso la squadra di artificieri era composta da americani che operavano in Iraq.
Gli «Hurt Locker» italiani in Afghanistan sono circa 150 e quasi ogni giorno si trovano alle prese con i cosiddetti Ied (Improvised explosive device), ordigni più o meno artigianali che costituiscono una grave minaccia per i convogli militari. Sono stati gli uomini di Al Qaeda in Iraq a escogitare questo tipo di esplosivi micidiali. Successivamente i terroristi hanno adottato la stessa tecnica in Afghanistan.
In molte occasioni gli uomini del contingente italiano hanno subito attacchi e se la sono cavata grazie ai mezzi blindati che hanno retto l’urto. In certi casi, però, le esplosioni sono risultate fatali. Con queste due nuove vittime il numero dei morti in Afghanistan sale a 29, fra cui un militare suicida.
Appena ha appreso la notizia della tragedia, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha detto di provare «grande dolore», ma ha aggiunto che proprio questi episodi dimostrano come la situazione in Afghanistan rimanga drammatica e quindi «è necessario che noi siamo lì». I parlamentari di Camera e Senato hanno osservato un minuto di silenzio.
Marco Nese