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 2010  luglio 29 Giovedì calendario

L’ARIZONA CONTRO I LATINOS —

L’incrocio tra la 43esima Avenue e Thomas Road, fino a poche settimane fa il cuore latino di West Phoenix, ora è un cimitero di saracinesche abbassate. E i negozi che non hanno chiuso sono vuoti. Edgar Vela che ha già liquidato la sua «panaderia» che sfornava il miglior pane del quartiere e licenziato i sei addetti al forno, gestisce ancora «La Pupusa Loca», un ristorante di cucina salvadoregna: «Non so per quanto ancora: prima la gente arrivava a comitive, stavano qui ore a ridere e scherzare. Ora i pochi che vengono mangiano in fretta e scappano via».
È l’effetto SB 1070, la legge anti-immigrati che l’Arizona si è data tre mesi fa e che entra in vigore stamattina: una norma che impone alla polizia di controllare i sospetti clandestini che, se privi di documenti che autorizzano la loro presenza negli Usa, devono essere arrestati. Ieri il giudice distrettuale Susan Bolton ha deciso «in extremis» di accogliere in parte i ricorsi delle associazioni per i diritti civili e dello stesso governo Obama, dichiarando inapplicabili alcune parti del provvedimento. Salta la misura più dura: l’obbligo per la polizia di verificare lo status legale di tutti i soggetti «ragionevolmente sospettabili» di essere clandestini, arrestando chi è privo di documenti. Per il governo di Washington questa misura viola il principio costituzionale che affida le norme sull’immigrazione al potere federale. La Bolton, un giudice federale, su questo punto ha dato ragione al ministero della Giustizia: «Non è nel pubblico interesse dei cittadini dell’Arizona dare applicazione a norme che invadono una competenza federale». Il magistrato ha, invece, dato via libera ad altre misure, come il divieto alle autorità locali di bloccare le indagini di polizia sui clandestini (leggi federali contro i clandestini già ce ne sono, ma molte città che vivono col lavoro degli immigrati illegali hanno dato disposizione alle loro polizie di non applicarle o di chiudere un occhio).
Non è chiaro in che misura la decisione del magistrato cambierà il corso degli eventi: i contestatori della SB 1070 hanno confermato le proteste di oggi, mentre i conservatori, infuriati per il blocco imposto dal tribunale, minacciano contromanifestazioni. In ogni caso faranno ricorso in appello e poi la questione finirà davanti alla Corte Suprema. Il clima per gli immigrati, comunque, è ormai cambiato: i sostenitori del provvedimento che volevano creare un attrito capace di spingere un buon numero di lavoratori stranieri fuori dallo Stato, possono già cantare vittoria. Decine di migliaia di immigrati ispanici se ne sono andati nelle ultime settimane dall’Arizona: tornati in Messico o, più spesso, trasferiti in Stati limitrofi in cui c’è maggiore tolleranza, come il Nuovo Messico e la California. Chi rimane si prepara al peggio: famiglie che vivono e lavorano qui da vent’anni ma non hanno documenti, affidano i figli ai vicini, danno loro anche i propri codici bancari, preparandosi all’eventualità che tanto il padre quanto la madre vengano arrestati. Una società che stava pian piano diventando multirazziale, con matrimoni misti e figli ormai cittadini americani perché nati sul suolo Usa, rischia ora di trasformarsi in un mosaico impazzito. Anche le famiglie ispaniche che sono sostanzialmente in regola hanno sempre un congiunto— un cugino arrivato da poco o anche un coniuge— senza documenti. Bobbie, una donna di Oaxaca, ha raccontato a un giornale locale che la sua vita di cittadina americana continuerà (quasi) come prima: ogni giorno accompagna a scuola i due figli e il marito al lavoro. Ma mentre lei e i ragazzi hanno il passaporto Usa, però, Roberto, il marito, non ha documenti. «Così — dice Bobbie — ora vive come un fantasma: non esce, non va al bar o a fare la spesa. E quando lo porto al lavoro, viaggia nascosto nel bagagliaio dell’auto. Come nella Germania della Gestapo».
La decisione del giudice abbassa la tensione: i temuti scontri, oggi, nel primo giorno di applicazione della legge, verranno probabilmente evitati. Ma la tensione è ormai alta, il problema immigrazione è divenuto una questione nazionale. Le autorità, incalzate dalle proteste dei «latinos» che considerano la legge razzista e che minacciano dei sabotarla rifiutandosi in massa di mostrare i propri documenti, assicurano che la polizia si comporterà con professionalità e ragionevolezza. Ma in tv, le immagini dei centri di detenzione preparati dallo sceriffo Arpaio sono tutt’altro che rassicuranti: ten-
de circondate da alti reticolati di filo spinato piantate sul suolo desertico di questa torrida città: 40 gradi all’ombra, 50 sotto la tenda.
Una vicenda che evoca le storie più spietate del vecchio West in questa modernissima metropoli del Terzo millennio. Ma è una storia che non riguarda solo questo lembo del Paese al confine col Messico. Con la crisi che ha lasciato senza lavoro quasi 10 milioni di americani e la prospettiva di dover ricevere centinaia di migliaia di disperati in fuga dagli Stati che vanno a caccia di clandestini, si respira ovunque un clima di grande preoccupazione. Per questo la legge dell’Arizona è divenuta un’emergenza nazionale: quattro grandi Stati — South Carolina, Michigan, Minnesota e Pennsylvania — hanno già avviato la discussione parlamentare di misure analoghe alla SB 1070. Un’altra ventina stanno pensando di incamminarsi sulla stessa strada. Lo stop del giudice impone una pausa di riflessione, ma il caso-immigrazione sta spaccando il Paese come poche altre volte si è visto in passato: un gran numero di città, Stati e comunità hanno annunciato il boicottaggio dell’Arizona— niente vacanze o convention aziendali nello «Stato del Sole», niente acquisto di prodotti che vengono da questa terra — contro una legge che molti giudicano razzista. Ma i sondaggi dicono che una maggioranza degli americani condivide i principi della norma non solo in Arizona, ma a livello nazionale.
Il motivo per cui il problema è esploso in Arizona è chiaro: è questo il territorio di maggiore immigrazione ispanica (dei 12 milioni di clandestini d’America almeno 500 mila si sono fermati qui), ma questa è anche una terra che, quasi disabitata fino agli anni ’50, negli ultimi decenni ha subito un’altra immigrazione: i ricchi, anziani, con la pelle bianca venuti dal Nord contro i poveri, giovani, olivastri che vengono da Sud. Ora ci si chiede se le contrapposizioni emerse qui si riproporranno anche in luoghi in cui i problemi ci sono, ma nei quali le condizioni dovrebbero essere meno estreme. Massimo Gaggi