Filippo Facci, Libero 29/7/2010, 29 luglio 2010
Tags : Anno 1901. Raggruppati per paesi. Stati Uniti
BELEN A SANREMO ANCHE SE HA SNIFFATO TANTO LO FAN TUTTI
Non so se Belen Rodriguez debba andare o no a Sanremo, me ne importa zero, non so neppure se la ragazza sia intrisa di quella «contrizione operosa» descritta da Alessandro Meluzzi in un suo articolo su Libero, ieri che pare scritto da un gesuita. È un problema morale, non penale: in Italia il singolo consumo di cocaina non è neppure considerato reato e non è detto che il sindaco di Sanremo che non vuole Belen al Festival ne fosse al corrente. Il caso Morgan, l’anno passato, fu un’altra cosa: lo stralunato cantante aveva inneggiato pubblicamente alle droghe come fonte creativa, mica ne aveva parlato a verbale davanti a un magistrato come ha fatto Belen.
PROPOSTE RIDICOLE
Ma il punto non è neanche questo. E non può bastarci neppure il bollare come oggettivamente ridicola la proposta del solito Carlo Rienzi (Codacons) che vorrebbe introdurre un test antidroga per tutti i cantanti e i presentatori e le vallette che parteciperanno a Sanremo. Anche perché il problema non è il drogarsi prima di Sanremo, ma non drogarsi dopo averlo visto.
Detto questo, resta spettacolare l’ipocrisia con cui questo Paese seguita a nascondere la portata autentica del problema cocaina. Ci si ostina a dividere il mondo tra bianco e nero, buoni e cattivi, drogati e normali. Ci si scanna come se la droga riguardasse ancora e solamente spacciatori e devianti, mentre è un’industria che interviene secondo format di consumo ormai consolidati: ci si veste in un certo modo, si ha una certa auto, si appartiene a un certo ambiente e si hanno certe sostanze da consumare. Il modello di riferimento, purtroppo, non è Belen o un inarrivabile star system: il mercato degli stupefacenti ormai è in grado di incidere sulle scelte di vita, e i consumatori persone che si credono informate in virtù di questo imprinting si illudono di aver fatto una scelta. Antiproibizionismo o repressione non c’entrano più: potremmo buttarla su frasi a effetto e sentenziare, classicamente, che se eliminassimo tutti i cocainomani del Paese andrebbe sguarnita una buona fetta della classe dirigente e imprenditoriale e finanziaria, questo prima ancora che i palinsesti televisivi si svuotino.
PILOTI E DOCENTI
Ma non è la verità. Il cocainomane interagisce con noi, è il chirurgo, il pilota, l’investitore dei nostri soldi, la maestra dei nostri figli, persino si è scoperto di recente il tranviere meneghino. A fermare tutto questo non basterà escludere Belen e non basterà purtroppo neppure la legge, o una diversa legge. C’è moltissimo da fare, ma la nostra classe politica e giornalistica ama esibire soltanto crociate, contrasti caricaturali, referendum morali, tesi sociologiche su uomini perdenti e derelitti.
Perché, era un perdente Lapo Elkann? E l’attore Paolo Calissano? E la modella Kate Moss? E Fiorello, che facciamo con Fiorello, che pure ha ammesso di esserci caduto e pure di brutto? Cacciamo tutti perché non diano il cattivo esempio? Ci raccontiamo che la droga è il famoso spazzino dell’umanità che ammalia i perdenti? Certo, non mancano eserciti di menomati mentali che assumono droghe perché sono deboli e non ce la fanno, dunque la sera non reggono se stessi e hanno bisogno di stemperare la realtà, stordirsi in una devianza da discoteca.
IL COCAINOMANE
Ma il dramma vero è la straordinaria compatibilità della cocaina col nostro modello di sviluppo: chi pippa non ha una doppia vita, ha una vita sola e intera che la cocaina accelera e concentra, chi la prende non vuole fuggire la realtà ma abbracciarla, lavorare come un pazzo, socializzare come mai riuscirebbe, essere brillante nonostante la stanchezza. La cocaina è la droga di chi ufficialmente non ne ha bisogno, di chi racconta la gestirà senza problemi. Una sola è la regola non scritta: ciascuno è artefice del proprio destino, se lo beccano cazzi suoi. Basterebbe avere il coraggio di dire questo: la
droga piace, la gente la prende da millenni proprio per questo. Ma ha un difetto, uno solo: che non riguarda la moralità o il moralismo di certi maestrini all’italiana. È un altro, il difetto.
ANTICHE RADICI
La cocaina era nella Coca Cola sino al 1901 ed era reclamizzata proprio per questo, la prendevano i gesuiti in America Latina, la prendevano Pio X e Leone XIII e così pure gli Zar delle Russie, i principi del Galles, i sovrani di Svezia e di Norvegia, Thomas Alva Edison, i fratelli Lumière, persino Sigmund Freud che scrisse “L’interpretazione dei sogni” assumendo cinque grammi al giorno; non parliamo della cocaina elargita agli eserciti canadese e tedesco, degli Anni settanta quando la cocaina era celebrata sul New York Times (pur proibita) e quando a sostenere la liberalizzazione della cocaina e della marijuana non era Bob Marley, ma una lobby in cui primeggiava la Fondazione Ford. Nella classificazione statunitense delle droghe pericolose, datata 1971, la cocaina neppure c’era: è lo stesso anno in cui Peter Burne, lo psichiatra incaricato di dirigere il programma statale per la lotta alla droga, fu visto sniffare pubblicamente a una festa ufficiale con seicento invitati: che cosa è cambiato? Sono cambiati il progresso scientifico, gli studi, le verità non sommarie che andrebbero pacatamente spiegate anziché mascherarle da predica generica, è cambiato ciò che ha trasformato la nocività di certe droghe in una sentenza della scienza medica: andrebbe spiegato questo, altro che generici predicozzi contro una valletta. È questo l’unico e terribile difetto della cocaina: fa male, fa molto male, e su questo andrebbe fatta informazione seria e una politica seria. Nella scarsa credibilità dei pedagoghi nostrani, poco scientifici e molto apocalittici, sguazzano intanto le Belen e gli assuntore finto-occasionali, quelli che in tutte le discoteche e cessi d’Italia si raccontano che sono tutte balle, non è vero niente, la cocaina farà anche male e però insomma, sai com’è. E mentre gli specialisti e gli esperti e i medici si fanno un mazzo così, in televisione a parlare del problema invitano la modella deficiente, il giornalista reazionario contro quello capellone, la solita poltiglia inutile. Se Belen ha assunto cocaina mica si parla della cocaina: si parla di Belen.