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 2010  luglio 29 Giovedì calendario

Intervista a Francesco Storace - Francesco Storace, lea­der della Destra, cosa ha pensato quando ha letto la storia dell’appartamento donato ad An e ora di pro­prietà del «cognato» di Gianfranco Fini? «Se si dimostrerà vera è una vicenda turpe che fa a pugni con certe grida alla moralità»

Intervista a Francesco Storace - Francesco Storace, lea­der della Destra, cosa ha pensato quando ha letto la storia dell’appartamento donato ad An e ora di pro­prietà del «cognato» di Gianfranco Fini? «Se si dimostrerà vera è una vicenda turpe che fa a pugni con certe grida alla moralità». Quelle di Fini? «Certo, del resto Fini ci ha abituato a queste cose. Ora si proclama moralizzatore e campione di legalità, ma po­co tempo fa difese il diritto di Cuffaro a rimanere governa­tore nonostante una condan­na per vicende legate alla ma­fia ». Dell’appartamento di Montecarlo l’ha colpita più l’aspetto patrimoniale o quello emotivo? «Ho provato grande ama­rezza. C’è una vita passata in­sieme, il pane diviso tra mili­tanti e dirigenti nell’Msi pri­ma e in An poi. Io non me la sarei mai immaginata una co­sa del genere. Si dice che Di Pietro abbia comprato case con i soldi del partito, ma in questo caso i soldi sono di un benefattore. Mi auguro vera­mente che abbiate scritto una montagna di balle». E le sembra possibile? «Ho visto che l’avvocato di Tulliani annuncia causa. Quindi, come minimo, non si tratta di omonimia». Si sente coinvolto anche a livello di portafogli? «Io sono tra i fondatori di An e l’appartamento, se sarà confermato quello che è stato scritto, è un bene che era sta­to ceduto al partito del quale io sono stato fondatore insie­me ad altri». Poi però voi ve ne siete an­dati da An. «Nel testamento della Colle­oni c’è la cessione di queste proprietà a sostegno della “buona battaglia”. E chiun­que, giudici compresi, può ca­pire che quella battaglia è esattamente l’opposto rispet­to alla strada che ha preso quell’appartamento». Ma la signora che ha fatto la donazione non era di An? «Era fascista, veniva dal­l’Msi e fece questa scelta. Ci fu anche una cena con Fini. Ma lei i suoi beni li aveva dati al presidente di An, non a Fini in quanto tale.Se sarà confer­mata la cessione dell’immobi­le, sarà uno scippo fatto sul nostro sangue». Possibile che volesse darlo proprio a Fini? «Di sicuro escludo che la vo­lesse cedere a Giancarlo Tul­liani. Poi questa vicenda ne solleva un’altra». Quale? «Quella degli immobili pas­sati dall’Msi ad An». L’Msi aveva un patrimonio immobiliare vasto come quello del Pci? «Nessuno ci cedeva in affit­to le sedi e noi facevamo col­lette per comprarle oppure c’erano le donazioni dei mili­tanti. Alla fine il partito aveva un bel patrimonio. Con le ipo­teche ci pagavamo le campa­gne elettorali. Erano tempi epici quelli». Quindi c’erano altri beni oltre all’eredita della si­gnora Colleoni? «Erano soprattutto immobi­li ceduti da chi identificava l’Msi e poi An come gli eredi del neofascismo. In molti già ebbero delle difficoltà con il passaggio ad An, figuriamoci adesso che An è scomparsa e finiranno in una fondazione. Io ho parlato con Assunta Al­mirante e anche lei è determi­nata ad opporsi». In che modo? «Stiamo valutando una class action che coinvolga tut­ti gli iscritti ad An. Oppure una revocatoria, per capire se qualcuno si è approfittato del­la disponibilità dei beni». Parliamo di un ricorso che renderebbe nulla la cessio­ne dell’appartamento di Montecarlo? «Certo, ed eventuali altri at­ti di vendita di beni che fanno parte del testamento di Anna Maria Colleoni. Il lascito è a favore di una comunità e chiunque faccia parte di quel­la comunità può chiedere una revocatoria». Contate di rientrare in pos­sesso di parte del patrimo­nio di An? «Intanto vogliamo vedere le carte e poi vogliamo il censi­mento di tutti questi immobi­li che appartenevano ad An. La vedova Almirante intende fare valere le sue ragioni per­ché chi ha calpestato la no­stra storia non può avere quei beni». Non potete nemmeno ri­vendicare la proprietà tut­ta per voi. «Una soluzione potrebbe essere quella di coinvolgere tutti gli eredi di quel partito, compresa La Destra, nella ge­stione dei beni dell’Msi e di An. Le fondazioni servono a questo». Quanti sono gli immobili che erano di An? «Centinaia, forse migliaia. Il valore è di 50 milioni di euro come minimo». Esistono ancora militanti che nominano erede un partito? «Prima si dava anche la vita per un’idea. Oggi la politica ha un valore infinitamente in­feriore. Cito Fini: “Nella Pri­ma Repubblica rubavano per il partito ora per se stessi”. E non sto facendo un riferimen­to agli ultimi fatti. Sarebbe una cinica speculazione».