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 2010  luglio 29 Giovedì calendario

Ferrara azzanna la giornalista impertinente - La domanda arriva a metà conferenza stampa. Tra le ultime file, in piedi, microfono in mano, la cronista dell’Unità Claudia Fusani inizia: «Ci sono assegni a firma Tomassetti

Ferrara azzanna la giornalista impertinente - La domanda arriva a metà conferenza stampa. Tra le ultime file, in piedi, microfono in mano, la cronista dell’Unità Claudia Fusani inizia: «Ci sono assegni a firma Tomassetti...». Fa fatica a continuare il discorso, Verdini la interrompe, la corregge, «non è così...». Lei non demorde, chiede dettagli su un aspetto su cui anche i magistrati si sono concentrati, finché dalla prima fila sbotta il deputato Giorgio Stracquadanio: «Apra un conto corrente in una banca prima di dire una montagna di cazzate». «Giorgio, aspetta, Giorgio...», cerca di placarlo lo stesso Verdini, mentre la giornalista risponde per le rime: «Le cazzate le dirà lei, tenga a posto le parole». Qualche attimo di tensione e la cosa sembra finita. Ma la scena madre deve ancora arrivare. Il coordinatore del Pdl riprende a parlare, la Fusani insiste: «A cosa servivano quei soldi?». A quel punto, prima che Verdini possa rispondere, si sente dal fondo un urlo: «Droga...», con tono ironico. E’ il direttore del Foglio, Giuliano Ferrara, camicia bianca e bretelle a vista: si alza in piedi, comincia a strillare: «Il giornalista deve fare domande per chiarire reati, non fare propaganda politica», predica. «Chiedetele perché è passata da Repubblica a l’Unità in circostanze tutte da chiarire, la Fusani che dà lezioni di moralità... Siamo in uno Stato di polizia», urla allontanandosi dalla sala, alludendo a una polemica di qualche anno fa di fughe di notizie dai giornali ai servizi. Ancora qualche domanda e fine della conferenza. Verdini, che ha avuto una tensione con il cronista di Repubblica («faccia la domanda senza questa lunga premessa»; «come fare le domande lo decidono i giornalisti») e ha chiamato in causa la collega del Corriere della Sera Fiorenza Sarzanini - «la Sarzanini non c’è? Peccato, scrive di me tutti i giorni e poi non viene» -, alla fine si scusa di certi toni. Ma il fuori programma di Ferrara e Stracquadanio (che poi diffonde una nota ancora più violenta, per chiedere «all’ordine dei giornalisti come mai una persona tanto ignorante abbia superato l’esame») scatena la polemica. Lei, la giornalista presa di mira, commenta amara: «Se uno fa le domande giuste in questo Paese viene insultato e offeso. Ho fatto domande specifiche sull’inchiesta, chiedendo in particolare da dove venissero i soldi e perché li abbia incassati Verdini quando invece erano destinati a un’altra persona. E non ho avuto risposta». Sulle invettive contro di lei, ribatte: «Non prendo lezioni di moralità o professionalità né da Stracquadanio né da Ferrara. Le mie libere scelte professionali, come lasciare Repubblica e andare all’Unità, sono mie decisioni personali». Arriva la solidarietà della Federazione della stampa, il sindacato unico dei giornalisti, contro la «volgare contestazione» di Stracquadanio e «l’ancor più penoso intervento» di Ferrara, mentre l’Associazione stampa parlamentare invia una lettera di protesta alla presidenza del Pdl per «le espressioni irriguardose» usate contro la giornalista, perché il diritto a porre domande «non può essere in nessun modo compromesso». Ma anche dal mondo politico si moltiplicano le attestazioni di stima e solidarietà per la cronista dell’Unità: dal leader dell’Italia dei valori Antonio Di Pietro («questi accettano solo domande preparate con le veline di mussoliniana memoria») alla capogruppo del Pd al Senato Anna Finocchiaro («ogni domanda, se non è offensiva, è legittima in democrazia»), fino ai centristi Roberto Rao ed Enzo Carra: «Non si comprendono le reazioni scomposte di altre persone verso la giornalista, che ha fatto il suo lavoro e difeso la sua dignità professionale».