Monica Raucci, il Fatto Quotidiano 29/7/2010;, 29 luglio 2010
“VITA DA BESTIA” NEI MANICOMI CRIMINALI
Per dissetarsi nei giorni di caldo torrido dove le celle sfiorano i 40 gradi, i pazienti dell’ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa, nel casertano, devono bere da una bottiglia attaccata allo scarico del water. L’unico modo per avere un po’ di acqua fresca, perché il frigorifero non è concesso. È solo una delle istantanee del viaggio che la commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema sanitario nazionale presieduta dal senatore Ignazio Marino, ha percorso in giro per gli ospedali psichiatrici giudiziari d’Italia. Una serie di sopralluoghi a sorpresa che si sono trasformati in una via crucis. Il racconto incredibile di una vita da bestiame: celle dormitori, trattamenti medioevali, feci e urina sul pavimento, perché il water, a volte, è un orinatoio alle spalle del letto. Gli ospedali erano nati per sostituire i manicomi criminali negli anni ‘70. Sono in tutto sei, e ospitano 1500 persone. Le strutture detentive dovevano diventare sanitarie . Molte di loro si sono trasformate in lager. Nell’ospedale di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) già in passato finito sotto il fuoco delle polemiche e denunce, su 329 degenti c’è un solo medico, due infermieri e un educatore.
LO RICONOSCI DALL’ODORE.
“Ovunque - scrivono i senatori nella relazione - un lezzo nauseabondo per la presumibile presenza di urine sul pavimento”. Entrano nella stanza numero 4, c’è Salvatore: è nudo, coperto da un lenzuolo. È immobilizzato al letto mani e piedi con una garza. Feci e urina cadono in una pozzetta sotto il materasso. Ha un ematoma sul cranio. Un Cristo del Mantegna in versione atrocemente postmoderna. Ce n’è un altro, di Cristo, negli stessi giorni, al Nord: ospedale psichiatrico di Reggio Emilia, quando la commissione entra in una stanza trova Roberto immobilizzato da 5 giorni. Il letto non si può reclinare, lui è chiuso dentro la camera senza campanello. Se si sente male, pazienza. L’ Ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa è un paradosso vivente: le stanze sono celle da sei posti ognuna, mentre ci sono due padiglioni nuovi di zecca mai aperti. Chiunque capisce che i malati mentali hanno bisogno di spazio e autonomia. Ma in questi posti mancano perfino gli psichiatri. Il personale medico è spesso generico, oltre che insufficiente. Anche qui: 320 degenti, un medico e due infermiere. “Ovunque cumuli di sporcizia e residui alimentari”, e ancora quel tanfo: urina. La commissione guarda, annota: “Assenza di cure specifiche, inesistenza di qualsiasi attività, sensazione di completo e disumano abbandono”.
LI CHIAMANO INTERNATI, I PAZIENTI. Un termine aspro, duro, ma sempre meglio dell’altro, che gira negli ospedali: gli ergastoli bianchi. Perché per molti di loro la pena giudiziaria è terminata, potrebbero uscire, ma nessuno è disposto a accoglierli. Non i parenti, non l’Asl, per cui un paziente di quel tipo costa troppo e soprattutto è “scomodo”. È così che si consumano i suicidi, uno dietro l’altro. “Le Asl non possono lavarsene le mani”, commenta il senatore Daniele Bosone, della commissione. E cita Fedor Dostoevskij: “Il grado di civilizzazione di una società si misura dalle sue prigioni”. Già. Nell’ospedale psichiatrico giudiziario di Napoli, il 40% degli internati è detenuto “in deroga” , come quel povero cristo internato a Napoli che per essersi presentato davanti a una scuola vestito da donna, si è beccato due anni. Di anni ne sono passati però 25, e lui non è più uscito. Non sa dove andare, nessuno lo vuole. “Alcuni detenuti in questi ospedali – commenta il senatore Michele Saccomanno – non sono neanche stati condannati. Sono ammassati lì, uno sull’altro, qualcuno è malato, dovrebbe essere curato in strutture idonee”. Come il paziente diabetico con una gangrena ad un piede in stadio avanzato, ospite dell’Opg di Napoli-Secondigliano, in mezzo agli altri pazienti.
LA STORIA IN REALTÀ è vecchia, ogni anno un’inchiesta giornalistica o l’impegno di qualche politico fa luce su orrori consumati. Due anni fa si era mosso perfino il Consiglio d’Europa, con un dossier durissimo sui “trattamenti inumani e degradanti”. Ogni volta una nuova inchiesta, ogni volta lo stesso scandalo. Ma ora forse qualcosa potrebbe muoversi. “Entro la prossima settimana – ha annunciato Ignazio Marino - avremo l’elenco di tutti i soggetti che da un punto di vista medico sono dimissibili dagli Opg , circa il 40% dei 1.500 pazienti, ed entro agosto interverremo con le Asl perché vengano dimessi e curati sul territorio. E poi proporremo la chiusura di Barcellona Pozzo di Gotto, Aversa e Montelupo”. Rimarrà aperta invece Castiglione delle Stivere, vicino a Garda. È pulito, efficiente, ed è il solo caso in Italia con un reparto femminile. Il suo dirigente, Pietro Caltagirone, è riuscito a risolvere (quasi) tutto. Perfino l’annoso problema della par condicio televisiva. I pazienti hanno affisso un foglio sulla bacheca. Il lunedì tg1, il martedì tg2, e così via.