Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  luglio 28 Mercoledì calendario

BENE O MALE, L’IMPORTANTE È CHE SI PARLI DI LEI BELEN HA CAPITO COME SI FA A ESSERE UN’ICONA

Bene o male, l’importante è che si parli di lei Belen ha capito come si fa a essere un’icona!!! Anno I della dittatura di Belen Rodriguez, la bella ragazza argentina venticinquenne che dell’Italia guardona ha fatto il suo Eldorado e il suo reame. Al confronto dell’invasività e dell’onnipotenza (sull’immaginario maschile) di questa ridente dittatura femminile, quella di Benito Mussolini era una robetta rusticana che si esprimeva di quando in quando con qualche discorso al balcone di Piazza Venezia e qualche slogan stampigliato sui muri. Belen, lei e le sue gambe sguainate, ci braccano invece per ogni dove, ci perseguitano, ci assediano. Ma volete mettere un discorsetto qualunque di Benito che annuncia la guerra contro Francia o Inghilterra con la ossessiva sovrabbondanza massmediatica dell’immagine di Belen e sempre quella, lei che si torce e sorride e alza la gambetta nel vezzo seduttivo?
Lei sì un’eroina, molto più che non il povero Carlo Giuliani rivendicato da Nichi Vendola o il Vittorio Mangano mafioso anziché no laudato da Marcello Dell’Utri. Bertolt Brecht aveva scritto una volta che una società si doveva augurare di non avere bisogno di eroi, ma solo di gente normale che fa il proprio lavoro e il proprio dovere. Si sbagliava alla grande. Noi italiani del terzo millennio, noi italiani cui non arride né presente né futuro, noi italiani che solo alle cosce femminili pensiamo da mane a sera, abbiamo bisogno di Belen come dell’aria che respiriamo. No Belen, no vita. Nessuna icona femminile del tempo recente aveva mai invaso a tal punto i manifesti pubblicitari affissi sui muri delle città, le copertine di rotocalchi, gli spot televisivi, la tv di intrattenimento popolare. Non c’è ora al giorno che tu la possa e la voglia scampare alla luminosità femminile (talmente indubbia) di Belen, alla sua bellezza che ha qualcosa di esotico, alla sua spudorataggine massmediatica e di cui ha fatto le spese il povero Christian De Sica, uno che in fatto di immagine pubblicitaria sembrava inamovibile come il Colosseo. Le belle ragazze che gli stavano accanto negli spot di un tempo avevano il rango di un sopramobile e ho già detto tanto. Da quando è esploso l’uragano Belen, lui è stato stretto in un cantuccio.
E poi c’è questa mirabilia della letteratura popolare che è stata (ed è) la storia sentimentale tra Fabrizio Corona e la nostra eroina. Due personaggi e una combinazione che neppure un Honoré de Balzac sarebbe stato capace di architettare. Lei quello che ho detto. Lui un po’ mascalzoncello, con quei gran pettorali, lo sguardo torvo, uno che più lo condannano in tribunale e più se la tira. E le foto sguaiate di loro due. E le interviste ora dell’uno ora dell’altra. E il tira e molla se lei è andata via da casa di lui o meno. E l’ombra del terzo “incomodo”, quel Marco Borriello che di sicuro non è il più grande centravanti del mondo ma di sicuro il più bello. Una fiction in servizio permanente eccessivo che al confronto la saga di Fausto Coppi o quella di Padre Pio sono uno zero narrativo ed emotivo. Il gran pubblico babbeo, quello che in forza del suo numero consacra gli odierni successi quantitativi in ogni campo, in una storia così ne ha ogni giorno per i suoi denti e per la sua immaginazione. La mattina quando vado in edicola, il gran fascio dei rotocalchi popolari è steso in prima fila copertina accanto a copertina. Sull’80 per cento di quelle copertine, settimana dopo settimana, campeggia la silhouette di Belen.
E finché ha fatto irruzione sulle prime pagine dei giornali questa storia (peraltro nota e stranota) che ci sono discoteche di Milano frequentate da vippetti e vippette dove trascorrono molto più tempo a sniffare che non a conversare, e del resto di che cosa potrebbero conversare? C’è di mezzo anche la nostra eroina, che ha confessato di avere sniffato tre volte e ha indicato altre sue amiche che hanno sniffato due o tre volte. Ora, e a parte che c’è da sghignazzare al pensiero che queste belle a nulla abbiano sniffato così poco, quale occasione migliore per offrire ai lettori l’ennesima immagine di Belen che si torce e ride e sgambetta? Dammi un bel paio di gambe e ti solleverò il mondo, il nostro povero mondo. E finché c’è la salute.
P.S: In tutto e per tutto nella mia vita ho incontrato la Belen reale una volta sola. Stava passeggiando sul milanese Corso Garibaldi, l’avrò avuta a tre metri di distanza. Era bellissima.