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 2010  luglio 28 Mercoledì calendario

PARLAMENTARI, TAGLI CON SORPRESA

L’accordo iniziale era per 550 euro in meno al mese. Fini però si è imputato, la scorsa settimana, e ha preteso maggior rigore, ne voleva 1500, di euro in meno. Alla fine si è trovata la mediazione: il taglio allo stipendio dei parlamentari sarà di mille euro netti al mese.
Questo hanno deliberato ieri nell’ufficio di presidenza di Montecitorio. Decisione che sarà assunta, probabilmente in versione fotocopia, anche dal senato, domani. Solo che, a ben leggere la delibera, si scopre che il taglio non riguarda affatto lo stipendio in senso stretto, ovvero l’indennità. Questa, di circa 5500 euro mensili netti, resterà salva. La decurtazione riguarda infatti la diaria per il mantenimento a Roma e i rimborsi per i rapporti con il collegio di elezione. Il che significa che i tre anni di sacrifici, quelli chiesti dal ministro dell’economia, Giulio Tremonti, a tutti gli alti burocrati dello stato e che camera e senato hanno deciso di adottare nella misura di una sforbiciata del 10’% delle paghe, non produrranno nessuno effetto sul vitalizio degli onorevoli. A fine legislatura, la pensione sarà intonsa. A differenza di quanto avverrà invece per chi subirà il taglio previsto dalla manovra (il 5% sulla quota eccedente lo stipendio dei 90 mila euro, il 10% sulla quota eccedente i 150 mila euro). Ma era l’unico modo per far digerire l’amara pillola ai parlamentari. Molti infatti i mal di pancia degli onorevoli che lamentano come per loro il taglio deciso sarà comunque 8 volte quello che subiranno, a parità di stipendio, i dipendenti pubblici. Gli stessi di camera e senato, a cui si è deciso di applicare, sempre con la delibera di ieri, il taglio della manovra. «Paghiamo di più, pure farci toccare la pensione no!» era il grido di dolore che è stato raccolto anche dal capogruppo Pdl, Fabrizio Cicchitto. A cui si imputa il risultato della mediazione. Il presidente della camera, Gianfranco Fini, avrebbe voluto un taglio radicale del 10% su tutte le voci di mantenimento dei parlamentari: 2.127 euro lordi al mese in meno, ossia circa 1.500 euro netti in busta paga, tagliando sull’ammontare di indennità, diaria di soggiorno, rimborso relative alle spese per il rapporto tra eletto ed elettore, rimborso delle spese di viaggio e di quelle telefoniche. L’altra ipotesi, ed era l’intesa che sembrava essere stata raggiunta tra i questori di camera e senato la scorsa settimana, era di tagliare del 10% solo lo stipendio in senso stretto, ovvero l’indennità. Anche perché una quota dei rimborsi vengono dirottati ai partiti. E la diaria viene utilizzata anche per pagare segretarie e portaborse.

«La partecipazione allo sforzo complessivo cui è chiamato il paese risponde a un doveroso senso di responsabilità e non dipende dal fatto che le spese per l’attività parlamentare siano eccessive o improduttive, trattandosi di costi essenziali per il funzionamento della democrazia», sottolineava una nota della camera, in risposta alle accuse che spirano nell’aria dell’antipolitica. Nei prossimi mesi, l’ufficio di presidenza della camera ha annunciato che prenderà in esame anche l’ipotesi di registrare le presenze dei deputati ai lavori della commissione. Per l’aula, si è ovviato al fenomeno dei cosiddetti pianisti con l’introduzione della rilevazione delle impronte digitali, voluta da Fini. In commissione invece ci si limita all’apposizione di una firma. Ma questo sistema non esclude che, una volta messo il proprio nome su un registro, il deputato se la svigni. Intascando però la diaria per intero. Ecco il perché della proposta di introdurre una sorta di gettone di presenza per i lavori in commissione, fatta pervenire anche ai colleghi del senato. «Mi pare un eccesso», dice Paolo Franco, senatore questore di Palazzo Madama, «d’accordo sui tagli, si riveda anzi il sistema parlamentare se i suoi componenti e dipendenti sono troppi. Ma un monitoraggio sulle presenze credo sarebbe antieconomico, costerebbe di più degli eventuali risparmi. E poi c’è il presupposto che tutti siano scansafatiche. Almeno per i senatori, posso dire che non è così».