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 2010  luglio 28 Mercoledì calendario

AVVOCATO MENNEA

«Si accomodi. L’avvocato arriva subito». La sala riunioni del dottor Pietro Mennea parla da sola. Su una parente, ordinatamente impilati, ci sono i codici, le raccolte della rivista Il Fisco, i manuali di legge tributaria. Sull’altra, c’è la gigantografa della staffetta di Mennea alle Olimpiadi di Los Angeles, nel 1984: il campione ha le vene del collo tirate, i muscoli tesi, gli occhi fissi sulla pista.
Pietro Mennea ha smesso di correre vent’anni fa, ma continua a vincere. L’ultimo successo è una causa contro la Lehman Brothers, la società americana di investimenti che nel 2008 ha fatto un crack da 613 miliardi di dollari, trascinando nel disastro centinaia di migliaia di risparmiatori.
Meglio di un oro: ha battuto gli squali di Wall Street.
«Per essere esatti, non è ancora una vittoria: abbiamo assistito dei risparmiatori italiani che avevano investito con Lehman Brothers in quella che si chiama la "registrazione del credito". Un passo preliminare al rimborso dei loro risparmi».
E ora che succede?
«Assisteremo i risparmiatori in giudizio. Ci sono ottimi presupposti per vincere».
Dopo cinque Olimpiadi è diventato un paladino dei risparmiatori?
«Faccio solo l’avvocato».
Si è messo a collezionare lauree già mentre correva: Giurisprudenza, Lettere, Scienze Politiche, Scienze Motorie. Dica la verità, è un secchione.
«Ma no, è che mi piace conoscere cose nuove...Fu Aldo Moro a suggerirmi di iscrivermi all’Università: aveva capito che avevo sete di sapere».
Eppure nello sport avrebbe avuto tutte le strade spianate: un posto da dirigente del Coni non si nega a nessuno, figuriamoci a Mennea.
«Per l’amor di Dio, mica me lo chiamerà sport, il mondo dei dirigenti in giacca e cravatta. No, no: non faceva per me».
Così si è inventato un’altra vita. Compresa la politica: è stato eurodeputato per 5 anni. E il suo è stato un percorso eclettico: è passato dall’Italia dei Valori a Forza Italia.
«No, no, non è andata così».
Scusi, ma è un dato di fatto: è partito tra le file del più grande nemico di Berlusconi ed è approdato al Cavaliere.
«Precisiamo: sono stato eletto coi Democratici dell’Asinello, e quando si sono sciolti, ho seguito Di Pietro. A Bruxelles ho lavorato sodo, cinque giorni su sette, mica come tanti. Poi arrivano quelli di Forza Itallia e mi propongono la candidatura a sindaco della mia città, Barletta. Sa com’è, credi di poter fare qualcosa di buono...».
E lei ci ha provato.
«Come si dice in gergo, mi son lasciato infinocchiare».
Risultato?
«Vinse il centrosinistra».
Quando si schierò con Berlusconi dichiarò: «Anche la destra tiene alta la questione morale». Lo direbbe ancora?
(sbuffa) «Io dico che con la questione morale hanno problemi in tanti, in Italia. Ma...».
Ma?
«Nessuno mi ha mai comprato casa a mia insaputa».
La politica le manca?
«Nooo...Quel che posso ora la faccio atraverso la mia Fondazione (www.fondazionepietromennea.it): aiutiamo la ricerca e i bambini disabili. Abbiamo una biblioteca da migliaia di volumi, volevo regalarla al comune di Roma, ho scritto anche ad Alemanno».
E lui?
«Non mi ha mai risposto. Ma nemmeno Veltroni rispose».
Lo sport, invece, le manca?
«No: oggi è un ambiente senza fondamenta, senza valori».
Cioè?
«La mia generazione era abituata alla fatica, ai sacrifici. Oggi i giovani inseguono solo soldi e visibilità».
Eto’o all’Inter prende 10 milioni all’anno. Mennea quanti soldi ha fatto con l’atletica?
«Quando ho vinto l’oro alle Olimpiadi di Mosca, nel 1980, mi hanno dato otto milioni di lire. Sa cosa ci ho fatto? Sono andato in un negozio e ci ho comprato 6 poltrone Frau. Ce le ho ancora, mia moglie protesta, dice che sono vecchie. E io: "Ma sono il mio premio!"».
Soldi, pochi. Complimenti, allora?
«Il più bello me lo ha fatto Mina: "Se gli americani si allenassero come Mennea, i record del mondo sarebbero tutt’altri"».
Mina s’interessa di atletica?
«E’ espertissima. Quando l’ho ringraziata, su carta intestata, mi ha risposto: "Ma che ci fa uno come te in uno studio legale? Vai nelle scuole, insegna cosa vuol dire fare sport"».
Lo ha fatto davvero: prima di fare l’avvocato insegnava Educazione fisica in un liceo.
«Già, ma il preside mi chiese di andarci piano, perchè gli studenti si lamentavano di non riuscire a salire le scale... La scuola li cresce così e poi ci lamentiamo se invece di fare sport vanno in discoteca?».
Si dice che il suo allenamento fosse micidiale.
«Una volta Vittori, il mio allenatore, portò lo schema del mio training a un convegno. Un americano si alzò e disse: " Anch’io mi alleno così ogni settimana". E lui, secco: "Guardi che questo, per Mennea, è un programma quotidiano».
Se corresse oggi, lei uno come Bolt se lo mangerebbe.
«Bolt è un campione. Diciamo che ce la giocheremmo».
Bolt, Powell, Gay: i corridori di oggi sembrano tutti un pò pompati. Lei era un grissino.
«Non voglio fare polemiche. Hanno dei fisici eccezionali».
Parliamoci chiaro: quanto c’entra il doping?
«Non lo so. Ma se un atleta vince una competizione dopo l’altra, è un campione e basta».
C’è chi pensa che il doping sia talmente diffuso, ormai, che andrebbe legalizzato.
«No. Lo sport si basa su regole chiare: se non si rispettano, non è più sport».
E’ vero che Mourinho, quando ha festeggiato la vittoria contro il Barcellona con il dito alzato, stava citando lei?
(ride) «Credo di sì....Mourinho è un amico, era un omaggio».
Le piace, Mou?
«Molto. E’ una persona seria. Uno dei pochi».
Una curiosità: Mennea corre ancora, ogni tanto?
«Piano piano, una mezz’ora. Mia moglie dice che ha sposato un campione del Mondo e ora se lo trova con la pancetta».
Lei ha vinto tutto. Ha ancora un traguardo da raggiungere?
«Vorrei che l’uomo Mennea superasse il campione per quello che fa. Ma è dura».
Vado via e Mennea mi insegue nel corridoio: «Mi raccomando, non scriva che sto con qualche partito, eh? Io non sto con nessuno. Corro da solo, io».