Christian Depoorter, Nòva24 29/7/2010;, 29 luglio 2010
LE CITTÀ DA COLTIVARE - E
ntro il 2050 l’80% della popolazione mondiale, che avrà raggiunto nove miliardi di abitanti, sarà concentrata nelle grandi metropoli. Per soddisfare le esigenze alimentari sarà necessario, secondo dati dell’Onu,reperire dieci miliardi di ettari di terreno coltivabile: una sfida impossibile. Ecco quindi la necessità di costruire in verticale e in città, per avere prodotti a chilometro zero, senza trasporti delle merci, dannosi e inquinanti.
Ogni giorno tonnellate di derrate alimentari viaggiano verso le nostre città. Dal contadino al supermercato, il costo di una mela ad esempio, aumenta di ben cento volte. La spesa a chilometro zero piace agli italiani, che hanno speso più di tre miliardi di euro l’anno scorso per acquistare prodotti locali del territorio.
Il progetto «km 0» consente un risparmio medio del 30%, tagliando le intermediazioni, afferma Coldiretti. Garantire un’alimentazione sana a un numero sempre maggiore di abitanti, utilizzando metodi di coltivazione meno aggressive: ecco la nuova sfida che dovrà affrontare l’agricoltura del terzo millennio. La vertical farm
metropolitana azzera la distanza tra il luogo di produzione e quello di consumo, riducendo drasticamente l’inquinamento e i costi di distribuzione.
Lontana dal nostro immaginario dei campi alla campagna, l’agricoltura del futuro è verticale, le fattorie si trasformano in grattacieli cittadini, energeticamente autosufficienti, progettate su più piani, pensati per coltivare frutta e verdura biologica: una nuova cultura alimentare. Ogni ettaro di coltivazione urbana produrrà l’equivalente di 4-5 ettari coltivati tradizionalmente, e l’assenza totale di pesticidi, erbicidi e altri fertilizzanti, garantirà la qualità del raccolto, che sarà inoltre al riparo da calamità naturali.
Secondo Dickson Despommier, l’ideatore del vertical farming nel 1999, microbiologo e professore di scienza della salute ambientale alla Columbia University di New York, un palazzo di 30 piani, potrebbe sfamare fino a 50mila persone l’anno. Inoltre secondo Despommier, riducendo sensibilmente le emissioni di anidride carbonica legate alla produzione del cibo, le vertical farm potrebbero rappresentare una soluzione valida a molti dei problemi ambientali attuali
riducendo drasticamente il consumo d’acqua, prossima materia prima strategica dopo il petrolio.
Il mondo dovrà far fronte alla penuria crescente d’acqua dolce e alla crescita della domanda di cibo nelle aree urbane. Le guerre del futuro secondo Earth Policy Institute non saranno più fatte in nome del petrolio, ma dell’acqua e del cibo. Si sussurra che una delle ragioni dell’onnipresenza occidentale in Afghanistan sarebbe dovuta alla presenza nel suo sottosuolo di una delle più grandi riserve d’acqua dolce al mondo.
Le vertical farm consumano solo il 5% dell’acqua adoperata dall’agricoltura tradizionale, che consuma ben il 70% di tutta l’acqua utilizzata. Le fattorie verticali non sono destinate a eliminare i sistemi di agricoltura in terra, ma potrebbero mettere un freno alla deforestazione attuale, dovuta in gran parte, secondo Dickson Despommier, alla creazione di nuovi campi coltivabili, vedi lo scempio dell’Amazzonia.
L’unico neo, come ammette lo stesso Despommier, risiede nel costo di centinaia di milioni di dollari per costruire un’azienda agricola a forma di grattacielo. Però secondo alcune stime, e dopo il compimento di un vasto programma di ricerca sull’argomento, l’agricoltura urbana potrebbe fornire approvvigionamenti alimentari per il 60% della popolazione urbana al 2030.
Le vertical farm, che si basano esclusivamente su tecniche di coltivazione biologica idroponica saranno quindi le fattorie del futuro? Insomma, alcuni architetti decenni fa volevano costruire le città in campagna. Oggi invece, sognano di inserire le fattorie in città. Le idee di Dickson Despommier hanno ispirato, infatti, diversi architetti di tutto il mondo.
Due dei tre progetti presentati, vedono l’Italia in prima linea con Skyland, ideato e promosso dall’Enea, in vista dell’Expo 2015 di Milano, e l’originale Seawater Vertical Farm a Dubai, progettato dal veneto Studiomobile degli architetti Cristiana Favretto e Antonio Girardi, che lavorano come un atelier rinascimentale, credendo nel coinvolgimento personale nel processo di ricerca. «L’idea di Skyland ci è venuta dopo essere stati interpellati dall’amministrazione di Ragusa in Sicilia, che era preoccupata dai chilometri di serre che deturpavano le coste», spiega l’architetto Gabriella Funaro, progettista con l’architetto Giulio Mizzoni dello Skyland. Il terzo progetto, invece, si chiama Dragonfly, ovvero una fattoria nel cuore di New York, progettata dal visionario architetto belga Vincent Callebaut che non è al suo primo concept futurista.