Sergio Rizzo, Corriere della Sera 28/07/2010, 28 luglio 2010
DAGLI ONOREVOLI UN PRIMO PASSO RESTA IL NODO DEI TROPPI INCARICHI
Questa volta sarebbe stato davvero difficile per il parlamento non raccogliere il suggerimento del governo. Perché va ricordato che la riduzione del 10% dell’indennità degli onorevoli non è farina del sacco di Montecitorio o Palazzo Madama, bensì era stato proposto all’inizio dal ministero dell’Economia perché anche la politica mandasse al Paese il messaggio che in un momento di difficoltà tutti sono pronti a fare la propria parte. E quel taglio, per il modesto impatto che la misura avrà sui conti pubblici non può essere considerato che un segnale. Anche piuttosto piccolo. Meglio questo che niente, è naturale.
Ma il segnale sarebbe stato molto più apprezzabile se insieme al ridimensionamento delle indennità fosse passata nella formulazione originaria anche un’altra misura che c’era nella prima versione della manovra finanziaria: il dimezzamento dei contributi elettorali che alimentano il sistema partitico più esoso di tutta Europa e non certo efficiente come il suo costo astronomico autorizzerebbe a sperare. Invece il taglio prima è stato ridotto dal 50% al 20%, e infine al 10%. A dimostrazione del fatto che quando i sacrifici diventano seri, la politica non ci sta. E qui va posta una domanda: quanti parlamentari si accorgeranno davvero di avere una busta paga più leggera? Basta dare un’occhiata alle dichiarazioni fiscali degli onorevoli regolarmente pubblicate ogni anno dai giornali, per notare che molti di loro hanno redditi a sei zeri. Di cui l’indennità da deputato o senatore rappresenta una parte assolutamente marginale. Quei redditi sono frutto di attività professionali che continuano come se nulla fosse. Diventando anzi ancora più floride negli anni del mandato istituzionale. Il fatto è che in Italia esistono incompatibilità ferree sulla carta ma molto blande nella sostanza.
Di fatto un parlamentare che svolge una attività professionale autonoma, come per esempio quella di avvocato, può tranquillamente continuare a esercitare. A differenza di quello che accade in altri Paesi, dove i rappresentanti del popolo possono fare soltanto quello: per esempio gli Stati Uniti d’America. Una democrazia osannata a parole da destra e da sinistra, salvo poi guardarsi bene dal prenderne esempio.
Sergio Rizzo