Antonella Baccaro, Corriere della Sera 28/07/2010, 28 luglio 2010
MILLE EURO IN MENO A DEPUTATI E SENATORI —
Sarà votata questo pomeriggio alle 17 la fiducia (la 36ª del governo Berlusconi) sulla manovra da 25 miliardi per mettere in sicurezza i conti pubblici. Lo ha deciso ieri la Camera in una seduta in cui ha fatto capolino, per un’ora, il presidente del Consiglio e buona parte dell’esecutivo, a partire dal ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, con cui il premier si è intrattenuto nella sala del governo.
Intanto ieri l’ufficio di presidenza della Camera ha varato il taglio di mille euro netti al mese alla retribuzione dei deputati. Si tratta di 500 euro in meno sulla diaria, oggi pari a 4.003,11 euro, e di altri 500 euro sulla somma destinata al « rapporto eletto-elettore » , quei 4.190 che il deputato percepisce anche per il pagamento dei collaboratori.
Ma il taglio riguarda anche i dipendenti della Camera: la riduzione sarà, dal 2011 al 2013, del 5% per le retribuzioni sopra i 90 mila euro e del 10% per quelle sopra i 150 mila euro. Nello stesso tempo verranno sospesi gli automatismi di adeguamento delle paghe. La Camera, inoltre, ha previsto un ulteriore risparmio di 60 milioni di euro in tre anni e un taglio alle spese non vincolate che vanno a aggiungersi ai risparmi da 300 milioni realizzati tra il 2006 e il 2010. A questo punto toccherà al consiglio di presidenza del Senato assumere le proprie misure nella seduta di giovedì prossimo, ma il provvedimento dovrebbe essere speculare a quello della Camera. Il ministro della Semplificazione, Roberto Calderoli, si è detto soddisfatto che l’emendamento da lui proposto alla manovra «sia stato lo stimolo affinché la Camera nella sua autonomia assumesse poi quelle decisioni che tutto il Paese attendeva».
Tornando alla manovra, il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha deciso che, ove entro le 13 di domani l’esame degli ordini del giorno non fosse esaurito, si applicherà la regola della «tagliola», passando direttamente alla votazione finale del decreto che scade domani. La Camera, dunque, voterà il medesimo testo del Senato, mentre la Cgil farà un presidio fuori da Montecitorio per contestarlo. Il decreto contiene provvedimenti come il blocco degli stipendi per i dipendenti pubblici, le novità sulle pensioni (per tutti scatta dal 2015 l’adeguamento dei requisiti di pensionamento all’aspettativa di vita media calcolato dall’Istat e poi arriva lo scalone unico per le lavoratrici del pubblico impiego che, a partire dal 2012, andranno in pensione di vecchiaia a 65 anni). E poi i tagli per Regioni, Province e Comuni da 13 miliardi. E ancora: si va dalla riduzione delle retribuzioni dei manager alla stretta sull’evasione fiscale, le assicurazioni e i falsi invalidi, dai tagli ai ministeri a quelli dei costi della politica. Entrano in vigore anche le norme per la libertà d’impresa, i rincari dei pedaggi autostradali e la sanatoria per oltre 2 milioni di «case-fantasma». La correzione di circa 25 miliardi punta a ridurre il deficit dal 5% del Pil del 2010 al 3,9% nel 2011 e al 2,7% nel 2012.
«Questa manovra la pagano tutti tranne chi ha i soldi» è il commento del segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, che, insieme a più di cento deputati, ieri, dopo l’annuncio della fiducia, ha abbandonato il Parlamento per recarsi in visita all’Aquila.
Antonella Baccaro