29 luglio 2010
Silvana Mannino, 30 anni, e sua madre Rita Pulvirenti, 54. Di Loreto (Ancona), la Pulvirenti, sposata con Salvatore Mannino, aveva anche un’altra figlia, Vincenza Benilda, 28 anni, un matrimonio fallito alle spalle, due figli di 11 e 7 anni, che per quattro anni era stata fidanzata con un Claudio Alberto Sopranzi di anni 51, grande e grosso, origini argentine, guardiano in un campeggio di Numana
Silvana Mannino, 30 anni, e sua madre Rita Pulvirenti, 54. Di Loreto (Ancona), la Pulvirenti, sposata con Salvatore Mannino, aveva anche un’altra figlia, Vincenza Benilda, 28 anni, un matrimonio fallito alle spalle, due figli di 11 e 7 anni, che per quattro anni era stata fidanzata con un Claudio Alberto Sopranzi di anni 51, grande e grosso, origini argentine, guardiano in un campeggio di Numana. La relazione, osteggiata dalla famiglia di lei, era finita malamente un anno fa quando la donna, stufa di quel compagno manesco e litigioso (i vicini, sentendoli gridare, dicevano sempre «prima o poi s’ammazzano»), l’aveva lasciato, ed era tornata a Catania dall’ex marito. Giorni fa Vincenza, coi suoi bambini, andò a Loreto e si sistemò nella villetta rossa su due piani dei genitori, dove avrebbe trascorso le vacanze anche la sorella Silvana col suo pupo appena nato. La mattina di mercoledì 28 luglio, a Porto Recanati, incontrò il Sopranzi che per l’ennesima volta la supplicò di tornare insieme. Lei rispose di no e se tornò a casa dei genitori. Verso le 15.30 il Sopranzi bussò alla porta della villetta, Vincenza aprendo la porta ebbe giusto il tempo di dirgli "che ci fai qui?” perché un istante dopo lui, senza dire una parola, tirò fuori la Beretta 7.65 che usava per il tiro sportivo e le sparò alle gambe e all’addome così da vicino che i colpi, attraversato il corpo, uscirono fuori. Quindi, convinto d’averla ammazzata, sparò altri cinque colpi contro Rita Pulvirenti, che da un’altra stanza s’era precipitata in soccorso della figlia. Subito dopo andò in camera da letto, vide Silvana che dormiva, e le scaricò addosso gli ultimi colpi. Quindi montò sulla sua mountain bike gialla e nera e scappò verso la campagna, ma quattro ore ora più tardi s’andò a consegnare ai carabinieri: «Ho perso la testa». (delle tre donne s’è salvata solo Vincenza, le altre due sono morte dopo pochi minuti d’agonia; i suoi figli, terrorizzati dagli spari, s’andarono a nascondere dietro una siepe, e là lì trovarono rannicchiati, dopo la strage, i vicini di casa) Alle 15 di mercoledì 28 luglio in una villetta in frazione Grotte, quasi al confine fra Loreto e Porto Recanati (Ancona).