MAURIZIO CROSETTI, la Repubblica 26/7/2010, 26 luglio 2010
DA CARLO SASSI A BISCARDI COSÌ IL RALENTY DIVENTÒ CABARET
Tutto cominciò da uno sbuffo di gesso. Traversa di Rivera, la palla ricade a terra, forse oltre la linea: l´arbitro D´Agostini convalida, Inter-Milan 1-1. Ma in uno studio della Rai, il giornalista Carlo Sassi e il tecnico Heron Vitaletti, smanettando con la moviola, quello stesso pomeriggio scoprono il famoso sbuffo, dunque il pallone non è entrato del tutto in porta. La sera, guardando la Domenica Sportiva presentata da un giovanissimo Enzo Tortora, milioni di italiani prendono atto che una partita di calcio può essere rallentata, sminuzzata e servita fredda. Un meraviglioso falso, ma anche una specie di macchina della verità. È il 22 ottobre 1967.
Fino a quella data, la moviola serviva solo nel cinema. Inventata da Iwan Serrurier nel 1924, cambiò la vita ai montatori (e più tardi agli arbitri) permettendo di studiare e tagliare le singole inquadrature. Ma nel destino di uno strumento che all´inizio veniva prodotto e venduto per 20 mila dollari in un bellissimo mobile di legno, c´era una rivoluzione del costume e persino del linguaggio: perché oggi, per moviola, si intende qualcosa di rallentato e ripetuto in serie, una specie di nuovo occhio implacabile. Non è solo uno strumento, è una metafora.
La moviola diventa pane quotidiano della Domenica Sportiva dal 1970, la vuole il direttore Aldo De Martino e all´inizio richiede tempi tecnici infiniti per sviluppare e stampare le pellicole. La commentano, a settimane alterne, Bruno Pizzul e Carlo Sassi finché quest´ultimo non diventa il notaio supremo del campionato; lo rimarrà per una quindicina d´anni. Aggiungere un inedito punto di vista, alla lettera, nel senso dell´angolo di visione, oltre a un rallentamento delle azioni incriminate, smaschera errori e fa divampare incendi di polemiche. Fece storia l´ammissione di colpa da parte di Concetto Lo Bello, il principe degli arbitri, nel 1972, dopo un Milan-Juventus 1-1. Il siracusano negò un rigore al Milan, trattenuta di Morini su Bigon, e di fronte alla domanda di Alfredo Pigna (e alle immagini dei chirurghi Sassi e Vitaletti) ammise lo sbaglio: «Ero coperto e non ho visto Morini afferrare Bigon per un braccio. Lo juventino è stato più abile di me». Parole inaudite, in senso positivo, e mai più udite: oggi, quando mai un arbitro può parlare? E quando mai, potendo, direbbe di avere sbagliato?
La moviola televisiva racconta trent´anni di inutili colpi di scena, perché il risultato non torna mai indietro, eppure è così che si alzano gli ascolti. Vedendo quello che un arbitro non potrà mai vedere, e per giunta a una velocità innaturale (dunque è finta, nella sua illusione di verità inoppugnabile), è stata il terreno di battaglie epocali. Come quella sul fuorigioco di Turone (lo sapevate che lo teneva in gioco Prandelli, attuale ct allora alla Juve?), oppure lo schianto tra Iuliano e Ronaldo, per non dire dei tuffi e dei fuorigioco di Chiarugi spesso invisibili all´occhio umano. O quell´altra volta, Ascoli-Bologna ‘74-´75, quando un raccattapalle tolse un gol a Savoldi respingendo il tiro da dietro la porta. Perché le pupille non bastano mai, anche se per regolamento valgono solo quelle dell´arbitro.
La moviola ha avuto svariati cavalieri dell´interpretazione - dopo Sassi, ecco l´ex arbitro Longhi e poi la macchietta Tombolini - ed è stata scienza, ma più spesso cabaret: da tempo immemorabile Biscardi la invoca «in gambo, in gambooo!». Da triste avanspettacolo le intercettazioni in cui Moggi chiedeva a Baldas, ex designatore arbitrale e poi moviolista, di accorciare di trenta centimetri un fuorigioco di Trezeguet, o di togliere la prova-tv per un fallo di Ibrahimovic. Oggi, per trovare un po´ di equilibrio e competenza bisogna rivolgersi a Matteo Dotto (Mediaset), o magari all´interessante moviola radiofonica di Filippo Grassia. Anche se forse è giusto rimetterla nel suo vecchio mobile in legno, una specie di bara, e lasciarla lì dentro per sempre.