Salvatore Carrubba, Il Sole-24 Ore 28/7/2010;, 28 luglio 2010
SE IL WELFARE È INCEPPATO
In meno di una settimana ci sono stati ben due omicidi da parte di disoccupati nei confronti dei loro ex datori di lavoro. Ci si illudeva che l’Italia fosse immune da episodi simili,grazie alla vitalità, all’arte di arrangiarsi, ma soprattutto al senso di comunità del suo popolo. Magari sono casi isolati che la sola vicinanza temporale ha esaltato, o forse l’irrimediabile esito,anche da noi,di individui sempre più in balia di una realtà atomizzata. La bolla dei consumi è implosa, trascinata al fallimento dalle sue stesse logiche e tornare indietro, da un individualismo spietato alle identità collettive, è percorso difficile e molto lungo. La solitudine di questi numeri zero, perché tanto vale un lavoratore non più conveniente per il budget plan delle nostre economie, è devastante e allo stesso tempo potenzialmente devastatrice. Un rimedio a una deriva che ci condurrà a nuovi incontrollabili sfoghi di violenza, poiché l’unica certezza rimasta all’uomo di scarto è la capacità di distruggere non potendo più creare, è la solidarietà di chi nullità ancora non è. Imprenditori, lavoratori, politici, cittadini, dovrebbero tendere la mano agli esuberati, sacrificargli parte del loro benessere, tempo, serenità, trovare con loro un nuovo significato comune dell’esistenza.
Marco Lombardi
e-mail • La lettera è tanto lunga (purtroppo) quanto interessante e discutibile.A me pare che l’unica risposta possibile da parte di una società democratica stia nel welfare: e proprio perché le situazioni cambiano, occorre un modello non monolitico, burocratizzato e ferreo, ma capace di individuare i nuovi bisogni, le nuove sacche di emarginazione e povertà, gli strumenti per farvi fronte. All’interno di questo impegno, un grande spazio può essere svolto ( soprattutto in Italia) dal welfare familiare che potrebbe essere ulteriormente motivato con interventi fiscali intelligenti. Sono d’accordo che, in passato, la rete della solidarietà politica e sindacale offrisse strumenti di sostegno non necessariamente economico che consentivano di affrontare le difficoltà sentendosi meno soli. Non credo invece che ogni colpa sia da attribuire al mercato: negli scorsi decenni, esso ha consentito un miglioramento planetario delle condizioni di vita. La politica dovrebbe servire appunto a mitigarne e governarne i costi sociali.