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 2010  luglio 28 Mercoledì calendario

DALLA LUCE LO SPRINT AI COMPUTER

Un piccolo connettore a incastro, non molto diverso da quelli che uniscono i nostri telefonini al pc. Ma il filo non è di rame, né trasporta elettroni. È una fibra ottica capace già oggi di trasferire 50 miliardi di informazioni elementari (50 gigabit) in un secondo: il contenuto di un intero hard disk spostato istantaneamente. Agli estremi non più laser ottici sofisticati, ma normali chip in silicio, per la generazione dei segnali luminosi e per la loro ricezione e traduzione in impulsi elettrici. La porta spalancata, in altri termini, alla larga e larghissima banda dei prossimi anni, a prezzi di decine di euro ( contro le centinaia attuali). E la possibilità di ripensare radicalmente l’architettura interna dei computer, dei dispositivi elettronici di casa come dei megaserver, e della stessa rete globale. È questa la sostanza dell’annuncio fatto ieri da Intel, o meglio dal suo laboratorio di ricerca californiano sulla fotonica. «È il primo sistema al mondo di fotonica del silicio - spiega Mario J. Paniccia, direttore del laboratorio (si veda l’articolo in pagina) - che lavora in pratica su due chip innovativi ». Il primo è un laser ibrido, sviluppato assieme all’università di California di Santa Barbara. Un chip che sfrutta la proprietà del fosfuro di indio di emettere fotoni se stimolato elettricamente. E le piste ricavate nel chip agiscono come migliaia di laser, fino a produrre segnali coerenti che vengono raccolti in quattro cana-li, di diverso colore luminoso, ciascuno capace di 12,5 gigabit al secondo. Insieme i quattro canali corrono sulla fibra ottica fino ai chip di ricezione che li "spacchettano" e li inviano ad altrettanti fotorivelatori al germanio che hanno la proprietà opposta: tradurre impulsi luminosi in elettrici.
Dal 2005 a oggi il gruppo fotonico di Intel ha lavorato su ogni componente del sistema: il primo laser a fosfuro di indio, poi il chip integrato, quindi i primi fotorilevatori al germanio. Oggi l’intero sistema di trasmissione è stato calibrato e provato. «Abbiamo trasmesso un petabyte di dati, un milione di gigabit, in una notte – dice Paniccia –e senza nemmeno un errore». Il tutto su chip di pochi millimetri. Nei prossimi anni, quindi, la scommessa di Intel sarà quella di miniaturizzare il sistema a micro laser, ridurne i costi e, insieme, aumentarne la potenza.
I 50 gigabit al secondo di oggi, del prototipo Intel, sembrano già una velocità di tutto rispetto. «Ma possiamo andare ben oltre prosegue Paniccia - potremo accelerare ogni canale di due, tre, forse cinque volte. E poi moltiplicare il numero dei canali, delle frequenze di luce (o "colori") su cui far viaggiare i treni di bit. Fino a raggiungere, tra qualche anno, anche velocità dell’ordine di un terabit, mille gigabit al secondo. Ovvero l’intera biblioteca del Congresso trasferita in un minuto e mezzo». Già oggi, nella fotonica "tradizionale" (che usa più costosi componenti optoelettronici per le reti tlc) questi traguardi di frontiera non sono lontani. Ma Intel conta di raggiungerli con semplici chip in silicio, con una velocità di miniaturizzazione superiore e costi più contenuti. L’esempio classico è il microprocessore, che dal 1970 a oggi ha fatto crollare il costo di elaborazione del singolo bit di 400mila volte, con il passaggio da microchip a poche migliaia di componenti elementari su piastrina a quelli di oggi che si avviano a raggiungere i due miliardi. Un trend all’aumento di prestazioni dei microchip etichettato come "legge di Moore". E che oggi, inaugurando la sua fotonica del silicio, Intel vuole scatenare anche nella larga e poi larghissima banda di comunicazione. «Per ora - avverte Paniccia - è ancora un prototipo. E numerosi passi saranno necessari prima di sviluppare i prodotti industriali. Noi lavoriamo a stretto contatto con gli israeliani di Numonyx, che hanno realizzato alcuni dei nuovi chip, e i risultati sono già soddisfacenti. Ma di strada da fare ce n’è ancora».
Non è quindi un caso che Paniccia sia stato nominato ricercatore fotonico dell’anno dalla rivista R&D. Il suo laboratorio, dopo anni di ricerche infruttuose sul silicio direttamente in grado di emettere luce, ha trovato la soluzione per connettere le fibre ottiche ( con la loro gigantesca capacità di trasporto di segnali) direttamente ai circuiti integrati e alle schede elettroniche. In teoria anche le più umili. A quelle di un telefonino come di un televisore. E da lì alla rete globale superveloce.