Raffaella Polato, Corriere della Sera 27/07/2010, 27 luglio 2010
OBIETTIVO FIAT: UNA «FEDERAUTO» DOPO LA NEWCO A POMIGLIANO
Sergio Marchionne ci sarà. Al tavolo torinese, domani, non avrà però da dire niente di molto diverso da quel che ha già detto. Ossia: la Serbia non è «un ritiro» da Fabbrica Italia ma, perché il promesso progetto di 20 miliardi di investimenti in cinque anni possa andare avanti, Fiat ha bisogno di certezze. Certezze di produzione. Certezze di regole. Il che riporta a Pomigliano. E significa, primo: non ci sarà alcuna riapertura dell’ accordo firmato con Fim, Fismic, Uilm e Ugl, come sono tornate a chiedere Fiom e Cgil. Secondo: in attesa di vedere se il governo abbia davvero qualche carta da mettere sul piatto dell’ incontro piemontese, se non altro per stemperare il clima, il Lingotto non ferma il percorso previsto per lo stabilimento campano. La newco, la new company che dovrebbe nascere e riassumere tutti i dipendenti della «vecchia» Pomigliano pronti a sottoscrivere le nuove regole, è sempre meno ipotesi e sempre più vicina: entro la settimana, forse già giovedì, è atteso (o almeno lo era fino a ieri) il definitivo incontro tra la Fiat e le sigle firmatarie dell’ intesa. E quella potrebbe essere la svolta. Con la newco, sarebbe di conseguenza sempre più vicino anche il passo successivo: la disdetta dell’ iscrizione a Federmeccanica, dunque a Confindustria, per poter «staccare» la Giambattista Vico dal contratto nazionale. Poiché, però, Pomigliano non è una fabbrica a sé, ma fa parte di Fiat Group Automobiles, è da quest’ ultima che poi partirà la disdetta. Che quindi riguarderà inevitabilmente - se la strada sarà in effetti seguita fino in fondo, come tutto lascia pensare - anche Mirafiori, Cassino, Termini Imerese. Gli altri due impianti in cui il Lingotto produce auto o veicoli commerciali leggeri restano (per ora?) dove sono: la Sata a Melfi e la Sevel ad Atessa sono società a se stanti, non sono «obbligate» a seguire Fga. Allo stesso modo rimarrebbero in Federmeccanica (di nuovo: per ora?) le altre aziende del gruppo, da Iveco, a Cnh, alla componentistica. È un modo per segnalare, anche, che la decisione non è uno strappo da Confindustria. Per dirla con le parole di Marchionne: «Io confermo i 700 milioni di investimento per Pomigliano. Ma, senza l’ applicazione dell’ accordo raggiunto con la maggioranza del sindacato, sono 700 milioni che rischio di bruciare. Devo fare e farò tutto il possibile perché non avvenga». La newco, che a Pomigliano ha l’ approvazione delle sigle firmatarie dell’ intesa, è «l’ arma» che può usare. A nessuno sfugge però che non è la new company in sé il problema. Perché «l’ arma» funzioni, neutralizzando la minaccia Fiom di «ingovernabilità delle fabbriche», Torino deve combinarla allo sganciamento dal contratto nazionale. Dunque alla disdetta dell’ iscrizione a Federmeccanica. Ed è qui che arriva il vero scossone, quello che insieme ai sindacati allarma per ragioni diverse anche Confindustria (pur nella condivisione degli obiettivi torinesi di competitività finale). Una volta che Fiat Group Automobiles si sarà sganciata da un contratto, quello dei metalmeccanici, che mette insieme di tutto e di più e che perciò va stretto a molti settori e a molte aziende, chi potrà garantire che al Lingotto non si guardi come all’ apripista? Nessuno. Difatti. Le conseguenze pratiche, sull’ applicazione del contratto nazionale, non si vedrebbero per almeno un anno e mezzo: le interpretazioni legali - che in questi giorni vedono tutti al lavoro, la Fiat, il sindacato, Confindustria - dicono che il contratto in essere continuerà a far testo, anche per Fga, fino alla naturale scadenza del 31 dicembre 2011. È chiaro, però, che sarebbero non poche le aziende pronte a posizionarsi e a seguire il leader del settore. A partire dalle piccole e grandi imprese dell’ indotto. Sanno, in Confindustria, che nei prossimi mesi le disdette a Federmeccanica potrebbero arrivare a pioggia. E sarebbe un evidente problema. Non a caso in questi giorni Emma Marcegaglia ha sentito (e sentirà) i vertici Fiat, e ne ha ricevuto le attese rassicurazioni (non solo perché il presidente, John Elkann, è nella squadra-guida di Viale dell’ Astronomia: la mancanza totale di un ombrello associativo non è nell’ interesse nemmeno di Torino). E, così come da quando è iniziata la partita Pomigliano i legali del Lingotto sono al lavoro sul rebus newco, ormai prossimo alla soluzione, la questione è ora sotto le lente anche dei tecnici confindustriali. Quel che si profila, con la mossa Fiat, sarà in ogni caso una rivoluzione per relazioni industriali e contratto nazionale. Perciò il sindacato, e questa volta non solo la Fiom, è già in allarme. Una volta sganciati da Federmeccanica, i torinesi e le aziende del settore che li seguirebbero non resterebbero senza rappresentanza. Una delle ipotesi più accreditate è la nascita, nei prossimi mesi, di una «Federauto» con un proprio contratto. Punto di riferimento scontato: l’ accordo di Pomigliano. Che, come da previsioni, andrà «oltre» Pomigliano.
Raffaella Polato