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 2010  luglio 26 Lunedì calendario

ALT ALLE INFRASTRUTTURE UNA PROPOSTA DISCUTIBILE

Non passa giorno, e non solo da tempi recenti, che i media non riportino notizie di scandali e corruzione legati ad appalti pubblici. Molti cercano di individuare le soluzioni più appropriate per non dico eliminare, ma almeno limitare questo cancro della società che tanti danni arreca non solo all’ economia ma anche - e soprattutto - alla sua coscienza morale. Il fenomeno non è certo limitato al nostro Paese ed è per questo che trent’ anni fa la Comunità europea adottò le direttive «Mercati pubblici»: il problema è la dimensione. Mi chiedo se una soluzione pragmatica non consista nel sospendere per un numero consistente di anni, diciamo cinque, qualsiasi lavoro pubblico da affidare nelle varie forme di aggiudicazione. Si dirà che ciò comporterà nell’ immediato una caduta nell’ occupazione e priverà l’ Italia delle necessarie infrastrutture: ma ce ne sono tante in attesa che qualche anno in più o in meno non aggraverà poi di molto la situazione e almeno affronteremo seriamente un problema che di questo passo porterà sì all’ affondamento economico e morale del Paese.
Pierpaolo Merolla p.merolla@telenet.be
Caro Merolla, per molto tempo pensammo che il problema del Sud fosse anzitutto una questione d’ infrastrutture e che l’ avremmo risolto non appena fossimo riusciti a dotare le sue regioni di acquedotti, autostrade, dighe, porti. Fu questa la filosofia della Cassa del Mezzogiorno e dei maggiori meridionalisti italiani. Oggi sembra invece che le infrastrutture siano diventate una delle maggiori cause del nostro degrado morale e civile, al punto che lei propone una sorta di piano quinquennale a rovescio, nella speranza che cinque anni di astinenza costringano i corruttori e i corrotti a cambiare mestiere. La sua proposta non mi convince per due ragioni. In primo luogo credo che il Paese abbia un urgente bisogno di colmare il deficit infrastrutturale che lo separa dai maggiori Paesi dell’ Unione europea. Lei ha passato molti anni a Bruxelles, come funzionario della Commissione, e non può ignorare che il ritmo della modernizzazione in Europa è fissato dalla ruota più veloce del carro, vale a dire dai Paesi più dinamici e innovativi. Se il territorio dell’ Unione, nei prossimi anni, sarà attraversato da una rete di corridoi destinati a facilitare il movimento delle merci e delle persone, il Paese che non riesce a inserirsi nella rete per collegarla con i propri distretti industriali, porti e aeroporti, è destinato a restare appartato e isolato sul bordo della strada. In secondo luogo non sono sicuro che un digiuno quinquennale riuscirebbe a guarirci. Buona parte della corruzione italiana, soprattutto nel settore dei lavori di pubblica utilità, è dovuta alla forte presenza della criminalità organizzata in alcune regioni. Le mafie dominano la società, manovrano un cospicuo pacchetto di voti e diventano in tal modo interlocutori e partner di quella classe politica e imprenditoriale che è disposta a dimenticare i principi morali e professionali a cui dovrebbero ispirarsi gli uomini pubblici e gli industriali. Temo che il blocco degli appalti servirebbe soltanto a dirottare il capitale della mafia verso altri impieghi. Incidentalmente, caro Merolla, le stesse considerazioni valgono per l’ operazione contro la ’ ndrangheta compiuta in Lombardia negli scorsi giorni. I risultati sono stati straordinariamente positivi, ma i procuratori e le forze dell’ ordine hanno tagliato i rami, non il tronco. Se sospendessimo per cinque anni la costruzione delle infrastrutture avremmo allargato la distanza che ci separa dal resto dell’ Ue e non avremmo intaccato il potere della criminalità organizzata nelle società meridionali.
Sergio Romano