PAOLO BERIZZI, la Repubblica 27/7/2010, 27 luglio 2010
IO RAGAZZO DEI RAVE
Dice che se il raver fosse un animale sarebbe un incrocio imperfetto tra uno scorpione e un´anguilla. «E anche una farfalla. Sempre in volo da un posto all´altro, all´inseguimento del battito elettronico che per me, per noi, è vita». Scorpione non per il veleno, ma «perché diventa luminescente se esposto ad alcune frequenze di ultravioletti. È fighissimo. Infatti lo trovi spesso sui flyers (i cartoncini invito per le feste techno)». Anguilla perché è sfuggente, non riesci a prenderla. «Siamo difficili da spiegare, io stesso, se me lo chiedi così, non saprei dirti che cosa sono. Ti direi delle cazzate. Magari potrei anche andarci vicino, ma per capire devi venire a ballare, e basta. Dalla mattina alla mattina dopo». E se il raver fosse una macchina? «Sarebbe una di quelle auto rozze e potenti. Ma non solo nel motore: proprio come carrozzeria. "Lavorata", tipo rally. Imbastardita con carene, pianali, mascherine, cose intorno. Un po´ tamarra ma che non si nasconde».
Davide ha 18 anni portati così e così, i capelli corti colorati di giallo, un po´ stinti, è alto, dinoccolato. Non sono tic.
L´impressione, probabilmente inesatta, è che quel lasciare andare il corpo mentre parla, le mani, le braccia, le ginocchia, uno scatto improvviso del collo, gli procuri un piacere sottile o comunque lo sollevi dall´impegno mentale di dover controllare gli arti. Ha in tasca un fresco diploma da geometra, gli occhiali con montatura rossa che aveva ventiquattro ore fa alla Love Parade di Duisburg e una quarantina di coupon: tanti quante le birre che ha consumato con un amico durante la festa dell´amore e della morte.
Lo incontro per la prima volta fuori dalla stazione ferroviaria della città tedesca: felpa con il logo di un colosso informatico, bermuda, scarpe Nike marroni da basket, cappellino da sudista con visiera, zaino, marsupio. Un peircing tribale gli buca il lobo sinistro, due peli di barba. Il giorno dopo si presenta vestito allo stesso modo alle partenze dell´aeroporto di Dusseldorf. Avevamo un mezzo appuntamento ma non ci speravo troppo. Lui, raver in trasferta, torna nelle campagne di Parma. Molto provato nel fisico ma, giura, «carico di testa».
«Mi dispiace per i morti, però è stato tutto stupendo». Il patto con Davide è questo: «Parliamo ma solo se non viene fuori la solita cosa raver uguale drogato uguale troglodita. Perché poi adesso è facile... diciannove morti, no, quanti sono?». Diciannove. «... ecco, e la ragazza italiana, e tutto il casino, e la Love Parade. Meno male che non sono morti per una cala o per un kate, altrimenti ciao». Alt, un attimo. «La cala è la pasticca, l´ecstasy. Il kate è la ketamina (anestetico utilizzato soprattutto per scopi veterinari, agisce deprimendo il sistema nervoso centrale). Così facciamo fuori subito l´argomento droga. Inutile girarci intorno: ai rave, alle street, alla Love, sta roba te la tirano praticamente addosso. Non devi nemmeno chiedere. Una cala 10 euro, una busta di kate 20. Poi ci sono i cartoni (Lsd). Agli after, che sarebbero i proseguimenti dei rave e di tutte le feste, legali e non, li trovi a due lire».
Chiedere a Davide se e cosa butta giù quando va a ballare per dieci ore di fila è come lanciare una pallina da tennis contro un muro da vicino: ti torna indietro, e è probabile che non la afferri più. «La mia è energia naturale». Ecco. «Tanta birra, a Duisburg ce ne siamo fatta 10 litri in due. Entrati alle quattro, usciti a mezzanotte. Dei casini, visto niente».
I ravers quando parlano di sé o alzano subito un muro o amano far galleggiare l´idea della setta, della comunità chiusa. Che poi in realtà si è molto aperta, sconfinando oltre lo stereotipo. Davide ammazza l´idea dell´iniziazione, del rituale. «La prima volta tre anni fa a Bologna: alla street parade. Mi porta un amico che girava per i vari teknival europei. La street è una cosa tranquilla. Arrivo e rimango a bocca aperta: i carri, tanti, bellissimi, pieni di gente e colorati, come un carnevale, le casse enormi che sparano la musica. Dopo un´ora ero già sotto con il primo giro di cassone. Il cassone è l´esperienza più forte che puoi fare a un rave: stai più vicino possibile alle casse, una mitragliata per le orecchie. Un gran godimento. Balli, ti lasci trasportare dall´energia, non pensi più a niente, ti svuoti, senti addosso tutta l´adrenalina del mondo. Però sei leggero. C´è un mio amico che fa paracadutismo. Siamo andati insieme al Traffic di Torino, (festival techno). Ha provato il cassone e m´ha detto "oh, è meglio che lanciarsi col paracadute". Hai capito? Per fare il cassone la gente sta in fila a aspettare. Perché ce ne sono pochi. Sono delle torrette, degli altari. Per un raver fare il cassone è come fare la comunione in chiesa durante la messa. Però questo è proprio un piacere fisico».
Dopo Bologna c´è stato Milano, poi ancora Bologna, poi anche Davide ha iniziato a scavallare i confini: Svizzera, tanta Germania, Olanda, Polonia, Serbia. Migliaia di chilometri per ballare sotto il trapano della trance, dell´electro, dell´hardcore, dell´hardstyle. «Ogni mese ne faccio uno. Per Duisburg siamo partiti da Parma alle 4 di sabato. Albergo, panino. Alle quattro del pomeriggio eravamo là in mezzo. La chiamano la fabbrica dello sballo, invece è un gran bel ballo. E becchi anche le tipe. Di solito - sorride, si alza in piedi - le ragazze che incontri ai rave e ai festival sono molto euforiche. Quando sei lì vai subito al sodo: non si parla, sei uno addosso all´altro e la musica ti travolge, è un linguaggio dei corpi. Si combina subito, credimi».
L´altoparlante annuncia l´imbarco del volo per Milano. In un´ora Davide è andato in bagno tre volte. Gli chiedo se sta bene, se è tutto a posto. Dice di sì, che non c´è nessun problema. Sul telefonino piovono messaggi. «È la community, ti avvisano dei prossimi appuntamenti. Ma se vai sui siti puoi vedere cosa c´è in giro». «Il 7 agosto sono al Valley festival, in Olanda. Il 14 l´"Energy 10" a Zurigo, che è la fine del mondo da quanto spinge». Verifico cliccando sul sito di una agenzia specializzata. Questi sono eventi legalissimi, sponsorizzati: dove sta il mistero? «Non esiste». O forse sì. «Al festival succedono le stesse cose che succedono al rave illegale organizzato da me e da te in un capannone o in un cascina. Adesso posso chiederti una cosa io?». Prego. «Prima ti ho detto che il mio film preferito è Trainspotting. Scrivi che guardo anche "Ben 10", un cartone animato con un ragazzino che si trasforma per difendersi dagli alieni che vorrebbero distruggere il pianeta».