ETTORE LIVINI, la Repubblica 27/7/2010, 27 luglio 2010
L´OPERAIO LOW COST DI ZASTAVA "CON QUEI 400 EURO SONO RINATO" - KRAGUJEVAC
L´incubo di Mirafiori è un omone di un metro e 90 con una stretta di mano che fa scrocchiare le nocche: «Piacere Boris Djoric!» si presenta nell´anticamera del suo piccolo appartamento tra i casermoni di Stara Radnika Kolonija a Kragujevac, 140 km. a sud di Belgrado. Il cognome stampato con una vecchia Dymo sotto il campanello di casa sarebbe un altro. Ma lui strizza l´occhio: «Non ci faccia caso - dice - . Mi fido di lei e la ricevo solo perché mi è stato presentato da un carissimo amico». Messaggio ricevuto. «La prego di capirmi. Ho quasi cinquant´anni, fino a vent´anni fa non ci sarebbero stati problemi - spiega sprofondando in una vecchia poltrona - Lavoravo alla catena di montaggio di Zastava-Fiat. Prendevo 1.800 marchi (quasi mille euro) di stipendio al mese. E con mia moglie ci concedevamo il ristorante una volta alla settimana. Ma sa qual è adesso il più bel giorno della mia vita? Il 28 febbraio scorso. Quando ho finito il periodo di prova in Fiat Automobili Srbija. E, dopo aver buttato via due decenni della mia esistenza, ho ritrovato un posto di lavoro fisso». Stipendio? «Poco più di 400 euro, una fortuna che non posso permettermi di rischiare ora».
Nell´era del «Dopo Cristo» dell´auto - per dirla con Sergio Marchionne - la felicità è una categoria soggettiva. A Mirafiori è allarme rosso per la decisione del Lingotto di spostare a Kragujevac la produzione della nuova monovolume del gruppo. Boris invece - l´operaio low cost che guadagna un quinto di quanto prendeva nel `90 - fa festa. «Capisco i miei colleghi italiani. Siamo tutti sulla stessa barca, spero alla fine ci sia lavoro per tutti. Ma per me è la fine di un incubo». La sua storia è quella del suo Paese. «Tutto è iniziato ad andare male con le sanzioni a inizio anni ‘90», racconta. Poi è arrivata la guerra. «Ho visto gli aerei Nato bombardare la fabbrica dove lavoravo. E nel ‘95 sono rimasto senza lavoro». Come altri 45mila qui a Kragujevac, orfani dello smantellamento del glorioso conglomerato serbo.
«Come ho fatto a campare? Mi sono arrangiato - ricorda facendo ballare tra le mani una tazza di caffè - Ho vissuto per oltre 10 anni con un assegno mensile di 16mila dinari (150 euro) garantiti dallo Stato. Ho arrotondato vendendo metallo e macchinari recuperati delle fabbriche distrutte. Ho avuto qualche impiego saltuario nell´edilizia». Ristoranti zero. «In tavola ci sono stati solo pane e frittelle di grano per mesi. Ho tagliato le sigarette da 20 al giorno a due alla settimana». Una vita d´inferno: «Già nel ‘93 con mia moglie avevamo abbandonato il sogno di un figlio. Nel ‘97 mi hanno tagliato la corrente perché non pagavo le bollette. Due anni dopo ho lasciato casa mia, 120 euro d´affitto al mese, per trasferirmi in una baracca con i servizi di fortuna a 70. E solo tre anni fa il governo mi ha trasferito a 100 euro qui. E chiude un occhio se ritardo con i pagamenti».
Il vento però è cambiato. Boris, i suoi affitti arretrati e la sua rassegnazione («trent´anni fa non mi sarei mai immaginato che la vita potesse andare indietro invece che avanti») sono un´occasione irripetibile per un capitale che insegue per il mondo la stella polare dei bassi costi. I politici di Belgrado e Veroljub Stevanovic, storico sindaco di Kragujevac e per 15 anni direttore di Zastava-Fiat, hanno cavalcato l´onda: «Eravamo, siamo e saremo la città dell´automobile. Eravamo, siamo e saremo figli della Fiat», dice il primo cittadino. Hanno messo sul piatto incentivi d´oro, benefici fiscali, 200 milioni di investimenti statali per risistemare la fabbrica (su un miliardo totale). E persino, ciliegina sulla torta, il progetto di un maxi-monumento alla Fiat: «Un´automobile su una piattaforma girevole nella seconda rotonda all´ingresso del paese, subito dopo il grande Crocefisso della prima rotonda», anticipa l´orgoglioso borgomastro.
Sforzi che come dimostra il caso di Boris (e malgrado i 20mila disoccupati sui 200mila abitanti della città) iniziano a pagare. «Quando l´autunno scorso mi hanno convocato con i 3mila reduci di Zastava auto per i colloqui in Fiat ero emozionato come per un esame a scuola», racconta. Ha preso il suo foglio, risposto a quasi tutte le domande del test («di quelle di meccanica non ne ho sbagliata una». E quando a gennaio il Lingotto ha assunto le prime mille persone («saranno 2.500 quando nel 2012 produrremo 220mila auto l´anno, come vent´anni fa», dice soddisfatto il sindaco») Boris era nella lista. «Il giorno in cui me l´hanno detto ho chiamato mia moglie e per la prima volta dal ‘91 siamo usciti a cena». Salsicce, verdure e dolce con vista sul fiume Lepenica («una volta sapevamo di che colore stavano verniciando le auto dalla tinta dell´acqua», scherzano qui). Prezzo 900 dinari, nove euro. «Un mezzo tesoro per noi, ma dopo tanti guai».
E´ la legge dei vasi comunicanti. L´Italia e gli operai di Mirafiori rischiano di scendere la scala dei diritti sociali e del lavoro. Kragujevac e il suo operaio low-cost Boris ritornano a salire. «So che sono uno strumento, non sono stupido. Fiat è qui per guadagnare, non per migliorare la mia vita. Ci pagano poco, in fabbrica tra di noi ci lamentiamo. E magari tra 15 anni perderemo il lavoro a favore di una fabbrica a basso costo in Africa. Ma dopo tutto quello che ho passato non penso al domani. E mi tengo stretti i miei 400 euro. L´unico problema è che in Fiat non posso più fumare alla catena di montaggio come si faceva in Zastava».
Qualcuno in Italia - buttiamo lì - sostiene che la scelta di Kragujevac per la monovolume sia solo una boutade di Marchionne per strappare concessioni a Mirafiori. Boris si irrigidisce sulla poltrona, trangugia l´ultimo sorso di caffè e guarda fuori dalla finestra, verso le gru gialle al lavoro per rinnovare lo stabilimento di Fiat Automobili Srbija. «Non ci voglio nemmeno pensare». Con quel che ha passato è difficile dargli torto.