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 2010  luglio 25 Domenica calendario

CINQUANT´ANNI CON GLI SCIMPANZÉ MA LA MIA GIUNGLA È SEMPRE LA STESSA" - NEW YORK

«Se chiudo gli occhi, i primi giorni tornano così vividi. Riesco a ricordare così bene il senso di irrealtà che provavo mentre salivo a nord del lago Tanganika verso Gombe, oltrepassando le valli piene di foreste. Avrei trovato gli scimpanzé?, mi chiedevo. E poi, oh, sì, come ricordo bene David Greybeard, il mio scimpanzé preferito di tutti i tempi...». Ci si può innamorare di uno scimpanzé? Il lungo viaggio alle radici dell´uomo dell´etologa eretica cominciò proprio nell´estate di cinquant´anni fa.
Oggi Jane Goodall, 76 anni, è anche il nome di un istituto con una ventina di sedi sparse per il mondo e Gombe è diventato un santuario della ricerca scientifica. Ma quando nel 1950 l´antropologo Louis Leakey la spedì in Tanzania quella ragazza non era neppure laureata. Figuriamoci la sorpresa il giorno in cui Jane presentò le sue conclusioni. Uomo e scimmia hanno lo stesso tipo di dieta mista (carnivora e vegetale) e costruiscono utensili: due caratteristiche che si credevano solo umane. Leakey rispose, sconvolto, con un cablo: «Adesso dobbiamo ridefinire la nozione di "utensile" e la nozione di "uomo": oppure dobbiamo accettare gli scimpanzé come umani».
«Oggi anche l´ultimo dei miei scimpanzé originali ci ha lasciato: Fifi, che aveva appena un anno nel 1969, se n´è andato nel 2004, ma sette figli e sette nipoti ancora si aggirano per la foresta. Anche Goblin si ammalò e morì quell´anno: la prima volta che lo vidi, nel 1964, era ancora attaccato al cordone ombelicale. La sua sorella più giovane, Gremlin, e la sua famiglia, sono ancora qui. E c´è ancora Sparrow, una femmina che avevamo conosciuto a metà degli anni 60, che con la figlia Sandi, due nipoti e tre pronipoti, forma un´altra famiglia che cresce e prospera. Purtroppo non sono più in grado di riconoscere gli scimpanzé più giovani: oggi torno lì solo un paio di volte all´anno».
Jane chiama per nome le sue scimmie e ne parla come amici di famiglia. "Antropomorfismo" era - ed è tuttora - l´accusa: cercare di vedere negli animali atteggiamenti che apparterrebero solo agli umani. Davvero? Ricordava ieri Goodall sul Wall Street Journal che ha raccolto la sua testimonianza: «David fu il primo scimpanzé a prendere una banana dalla mia mano, accettando l´offerta di amicizia da un membro di un´altra specie. Fu David che che mi aprì le porte su un mondo magico: il mondo degli scimpanzé selvaggi di Gombe. La sua tranquilla accettazione della mia presenza aiutò gli altri a realizzare che, dopo tutto, io non facevo così paura come pensavano».
«C´è un episodio che non potrò mai dimenticare», continua. «Avevo seguito David nella foresta profonda. Lui si fermò a riposare. Appena mi sedetti accanto, scorsi una noce di cocco matura e gliela porsi sul palmo della mano. Lui girò la testa dall´altra parte. Io gli avvicinai ancora di più la mano: e allora lui si voltò, prese la noce, l´appoggiò, e molto delicatamente strinse le sue dita nelle mie, in un gesto di rassicurazione. Ci eravamo capiti l´uno con l´altro: unendo i nostri due mondi, comunicando con quei gesti che erano stati probabilmente usati dai nostri comuni progenitori sei milioni di anni fa».
In ottobre l´etologa ricostruirà il suo cammino in un nuovo libro, Jane Goodall: 50 anni a Gombe. Ma già ora mette a confronto ieri e oggi. «Nei primi giorni mangiavamo intorno al fuoco dell´accampamento ogni sera e lavoravamo alla luce delle lampade: oggi la maggior parte degli edifici sono dotati di pannelli solari e mangiamo ovviamente al coperto. Le nostre prime mappe per seguire gli spostamenti degli scimpanzé erano realizzate da foto aeree in bianco e nero: oggi usiamo il Gps e i satelliti». Ma certe cose non sono cambiate. «Ogni volta che salgo in cima - oggi la chiamano Cima Jane - e mi siedo a guardare quel panorama, posso sentire ancora quello che provavo da giovane: l´eccitamento di non sapere che cosa avrei visto, quello che avrei scoperto».
Dopo una controversa love story proprio con l´antropologo Leakey, Jane sposò Hugo Van Levick, il fotografo del National Geographic sceso a Gombe per illustrare le sue scoperte, e poi Derek Bryceson, il direttore dei parchi della Tanzania che ha difeso il suo lavoro dagli speculatori turistici. Oggi l´etologa gira il mondo per continuare a difendere le sue scoperte e il suo santuario. «A volte bisogna lasciare ciò che si ama per salvarlo. E così eccomi ancora qui in viaggio: cercando di raccogliere supporto. Pensando sempre a Gombe».