Daria Egidi, Voce Arancio 28/7/2010, 28 luglio 2010
GUARIGIONI LAMPO, PER VOCE ARANCIO
Il 5 giugno Valentino Rossi, correndo al Mugello, cade dalla moto e si frattura tibia e perone. I dottori dicono che ci vorranno almeno un paio di mesi di stop. Il 15 luglio, a soli 40 giorni dall’incidente, il motociclista torna a correre nel circuito tedesco di Sachsering. Come ha fatto a guarire così in fretta?
Con la caduta, Rossi si è procurato una frattura scomposta ed esposta di tibia e perone della gamba destra. Significa che i pezzi delle ossa rotte non erano più allineati (in qual caso la frattura sarebbe stata “composta”) e fuoriuscivano dalla pelle. Dice il dottor Marco Berlusconi, responsabile di Traumatologia all’istituto clinico Humanitas di Milano: «Un trauma molto serio. In questi casi la guarigione fisiologica dell’osso richiede nell’adulto almeno 3-4 mesi, ma le fratture esposte possono impiegare 6-8 mesi e in presenza di complicazioni, come contaminazioni e infezioni, anche di più. Se tutto procede regolarmente, in base all’evoluzione del cosiddetto “callo osseo”, è consigliabile camminare inizialmente con le stampelle e poi, dopo 3-4 mesi appunto, in modo normale e appoggiando il piede a terra».
Una persona normale non ha le stesse possibilità di recupero veloce di un atleta. Innanzitutto, chi pratica attività fisica a livello agonistico ha una muscolatura che ritrova la funzionalità molto più in fretta. Essere allenati prepara anche ad affrontare grandi traumi. Nicola Lucidi, il primario di ortopedia di Rimini che ha seguito il pilota della Yamaha dopo l’intervento: «Valentino è un grande atleta». Inolte, la terapia seguita da uno sportivo professionista ha l’obiettivo di minimizzare i tempi di guarigione. Nel caso di Valentino Rossi, per esempio, sono stati applicati quattro chiodi invece dei cinque che si usano per fratture analoghe. Terzo aspetto: la disposizione mentale. Spesso, infatti, il segreto del rientro record è anche nella motivazione. Spiega ancora Lucidi: «I recuperi rapidi, anche quando si parla di non sportivi, sono sempre legati, oltre che a un buono stato di salute di partenza, alla forza di volontà. La presenza di spirito, la voglia di tornare come prima possono avvicinare anche le persone normali alla guarigione». Conferma il dottor Berlusconi: «Il fattore psicologico è determinante in situazioni simili: naturale che un campione di quei livelli scalpiti per tornare in sella e che ci metta una grande forza di volontà».
Valentino Rossi ha goduto di un’assistenza particolare. Spiega il dottor Luigi Prosperi, responsabile del trauma center dell’Ospedale Maggiore di Bologna: «Sono tre le fasi importanti: quella subito successiva all’incidente, l’intervento, e il periodo di riabilitazione. Dobbiamo tenere conto che nella prima Valentino è stato soccorso immediatamente, stabilizzato e portato dal circuito del Mugello in ospedale con l’elicottero. Arrivare velocemente in sala è fondamentale e non a tutte le persone che si spaccano tibia e perone capita. A tanti tocca aspettare molte ore. Pensiamo a chi si rompe il femore, talvolta aspetta anche due giorni. Credo che questa sia la cosa più importante anche in prospettiva del recupero, come dimostrano varie ricerche scientifiche: prima si aggrediscono le fratture meglio è. L’intervento invece, fatto in una struttura pubblica da un bravo chirurgo, accomuna Valentino Rossi a quasi tutti gli altri che patiscono fratture simili alle sue o comunque importanti. Ma dopo arriva un’altra grande differenza. Non tutti hanno a disposizione 24 ore su 24 un fisioterapista, non tutti possono accedere alle sedute di camera iperbarica immediatamente o avere sempre a disposizione una piscina. Da noi certi malati stanno con il fisiatra 40 minuti al giorno».
Con le tecniche utilizzate fino a una decina di anni fa (placche, fissatori esterni ecc.), chi si fratturava tibia e perone impiegava almeno tre mesi per riuscire ad alzarsi dal letto. Ora, con strumenti sempre meno invasivi realizzati in materiali sofisticati, può bastare una decina di giorni per tornare a camminare (con le stampelle). Anche per le lesioni al ginocchio l’uso di tecniche mininvasive (artroscopia) permette di operare facendo un taglio di soli 10 centimetri. Alfredo Pasotti, chirurgo ortopedico dell’Ospedale Israelitico di Roma: «Questo consente una rapidissima riabilitazione del paziente che deambula autonomamente nel secondo giorno post-operatorio. Con un totale recupero dello schema del passo già dopo 7 giorni dall’intervento».
Come accelerare i tempi di guarigione per chi non è uno sportivo di professione? Gianni Nanni, responsabile del Servizio di Traumatologia dello Sport all’Isokinetic di Bologna: «È fondamentale la corretta esecuzione dell’intervento chirurgico. E la scelta del tipo di operazione da eseguire».
Anche non fumare può rendere più veloce la ripresa. «Le sigarette rallentano la riparazione dell’osso, è stato più volte provato scientificamente», dice Paquale Longobardi, direttore sanitario del centro iperbarico di Ravenna. «Poi oggi sappiamo che è meglio non utilizzare troppi mezzi di sintesi, come chiodi e viti, e qui è fondamentale il chirurgo».
Altri accorgimenti. Marco Berlusconi, dell’istituto Humanitas: «Il troppo movimento può rallentare la guarigione. Il mezzo di sintesi impiantato tiene fisso l’osso, ma non ha una resistenza meccanica tale da sostenere il carico normale di una persona. Se sollecitato eccessivamente quindi, può cedere. Con un callo osseo buono, si può riprendere l’attività fisica dopo 3-4 mesi, in sei mesi si arriva alla condizione ottimale. In particolare, la camminata e gli sport “in scarico”, come nuoto e bicicletta, possono ricominciare per primi, poi, dopo 5-6 mesi appunto, quelli “in carico” (correre, saltare ecc.). Il tutto dev’essere effettuato sotto controllo medico e con la dovuta riabilitazione».
Per Valentino Rossi è stata fondamentale la fisioterapia. Davvero può rendere più veloce la guarigione? Lo chiediamo alla dottoressa Federica Chiozzi, direttore sanitario della sede romana dell’Isokinetic: «Dipende dal tipo di frattura e dall’intervento chirurgico subìto. La fisioterapia può essere di aiuto nelle fratture dove si sono utilizzati i mezzi di sintesi, cioè chiodi, placche, viti. Al con non si può fare molto nelle fratture articolari. Tra le variabili, inoltre, bisogna anche considerare quale osso si è danneggiato: non per tutte le fratture la fisioterapia è indicata». Quali sono le tecniche che aiutano la guarigione? «È molto utile la magnetoterapia, che consiste nel mettere l’arto sotto una macchina che genera campi elettromagnetici pulsati. Con sedute di 4-8 ore si aiuta la vascolarizzazione e si velocizza la ripresa». Cos’altro si può fare? «Non ingrassare. L’immobilità obbligata può provocare aumenti di peso, dannosi per l’osso che deve sostenerli».
Quanto costa tornare efficienti? Dipende dalle varie cure che medico, fisiatra e fisioterapista riterranno necessarie. I prezzi sono molto variabili: se si va in centri grandi (per esempio l’Isokinetic) il trattamento non è mai isolato, ma è inserito in una serie di cure personalizzate in base alle esigenze del paziente. Una seduta di fisiokinesiterapia, che include anche la magnetoterapia, costa intorno agli 80 euro. Prima però è necessario sottoporsi a una visita con i medici dei centri, la quale costa in media sui 150 euro.
L’Associazione italiana fisioterapisti ha messo in rete un tariffario nazionale per verificare i prezzi minimi delle prestazioni. Per una magnetoterapia indica il costo minimo in 13 euro l’ora.
Alcuni macchinari si possono anche noleggiare e utilizzare in casa. Per restare sempre sull’esempio della magnetoterapia, il costo del macchinario in affitto si aggira intorno agli 8 euro al dì. In genere c’è l’obbligo di tenere lo strumento per alcuni giorni (di solito una decina). A questa cifra c’è da aggiungere ancora qualcosa (fino a 20 euro circa) se si vuole che il macchinario venga consegnato e ritirato a domicilio.
Una tecnica di cui si è parlato nel caso di Valentino Rossi è la terapia iperbarica. Chiediamo spiegazioni al professor Ferruccio Di Donato, direttore sanitario del Centro Iperbarico di Bologna: «Il principio della terapia iperbarica consiste nell’aumentare la quantità di ossigeno nel sangue. Ciò provoca l’attivazione delle cellule che formano il callo osseo e riparano la frattura». Come funziona? «Il paziente viene messo in una camera iperbarica, che è una stanza dove c’è una pressione maggiore, paragonabile a quella che c’è sott’acqua. In questa camera indossa una mascherina e respira ossigeno puro». Quanto dura una seduta? «Un’ora e mezza è la durata standard». Tutti quelli che si fratturano le ossa possono utilizzare la terapia iperbarica? «No. La camera iperbarica si usa nelle fratture con ritardo di consolidamento, cioè quelle particolarmente complicate. Per esempio le fratture esposte, oppure quelle dove si osservano infezioni. Quando il paziente va a fare la radiografia e il dottore nota che c’è una difficoltà di guarigione, allora si possono fare sedute di camera iperbarica». Quante? «Il numero varia a seconda della patologia, comunque per le fratture ne occorrono tra le 20 e le 40. In alcuni casi si arriva anche a 60». Ma allora se uno vuole guarire in fretta non può decidere di farsi prescrivere la camera iperbarica? «Questo vale solo in casi particolari: gli atleti per esempio, come Valentino Rossi».
In futuro le fratture potranno essere curate con le iniezioni. L’Istituto per i materiali compositi e biomedici del Consiglio nazionale delle ricerche (Imcb-Cnr) di Napoli ha infatti brevettato un nuovo materiale sintetico in grado di stimolare la rigenerazione ossea. Spiega Luigi Ambrosio dell’Imcb-Cnr di Napoli: «Si tratta di un polimero sintetico e materiale bioceramico riassorbibile, che una volta iniettato solidifica in pochi minuti, colmando il difetto osseo e stimolando la rigenerazione. E ripara così fratture che presentano tempi lunghi di recupero o riempie cavità dovute a interventi chirurgici particolarmente demolitivi».
I ricercatori di Medicina dell’Università Cattolica di Seul, in Corea del Sud, hanno scoperto che si può accelerare la guarigione delle fratture delle ossa lunghe iniettando sull’osso spezzato cellule prelevate dal midollo del paziente.