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 2010  luglio 27 Martedì calendario

I MAYA E IL 2012: «IL MONDO NON FINIRA’»


Quella dei Maya è probabil­mente la più conosciuta ci­viltà precolombiana che ha popolato l’America Centra­le, a partire dal 1800 circa a.C.. Seb­bene ridotta ai minimi termini dal­la conquista spagnola nel XVI seco­lo, è arrivata fino ai giorni nostri con alcune tribù che ancora popo­lano il Messico meridionale e altri Paesi centroamericani, soprattutto il Guatemala. Dalle numerose te­stimonianze rimaste si sa che ave­vano diversi sistemi per calcolare il tempo e il succedersi delle stagio­ni. Alcune fonti parlano di dicias­sette diversi calendari, altre di ven­ti, tutti si basano comunque su ci­cli naturali: sole, luna, pianeti, sta­gioni, insetti e così via. Uno di que­sti è il cosiddetto «calendario del computo lungo», che copre circa 5.200 anni solari (pari a circa 5.125 anni del nostro calendario grego­riano): secondo l’interpretazione che viene data a questo calendario, nel 3113 a.C. (o 3114 secondo altre interpretazioni) è iniziato il Quarto sole, che va a concludersi appunto il 21 dicembre 2012, solstizio d’in­verno. Un’altra fonte fornisce una versione diversa ma coincidente per quel che riguarda il 2012: nel 3114 a.C. iniziano cicli di anni chiamati baktun, e nel fatidico 2012 terminerebbe il tredicesimo

baktun.

Ma in entrambi i casi i Maya non considerano affatto che questa sia la fine del mondo: il calendario del computo lungo prevede infatti un Quinto sole e i baktun sono venti.

Anni fa Carlos Barrios, antropologo e sciamano dei Mam, una delle ventisei tribù maya che abitano il Guatemala, descrisse chiaramente la situazione: «Gli antropologi visi­tano i templi, leggono steli e iscri­zioni e confezionano storie sui Maya, tuttavia non interpretano i segni in modo corretto, lavorano solo di immaginazione... Altri scri­vono delle profezie nel nome dei Maya; dicono che il mondo finirà nel dicembre 2012. Gli anziani maya sono furibondi per questo, il mondo non finirà, sarà trasforma­to. Sono gli indigeni – non altri – a possedere i calendari e a sapere co­me interpretarli correttamente».

Come nasce allora questo mito della fine del mondo legato ai Maya? «Si tratta di una teoria» ha spiegato Massimo Introvigne «in­ventata da un teorico del New Age nato in Messico ma cittadino sta­tunitense, José Arguelles, a partire dagli anni ’70 e illustrata partico­larmente nel suo volume del 1987 The Mayan Factor (in italiano Il fattore maya.

La via al di là della tecnolo­gia,

Wip, Bari 1999). Pur a­vendo ottenuto un dottora­to e diretto corsi in varie u­niversità, la materia di Ar­guelles è la storia dell’arte, non l’archeologia o la cul­tura maya. Se, in aggiunta, si tiene conto del fatto che molte sue teorie, stando a quanto egli stesso ha francamente dichiarato, derivano da «visioni» che avrebbe avuto sotto l’influsso dell’Lsd, si può capire perché non un solo spe­cialista accademico dei Maya ab­bia mai preso sul serio Arguelles o le sue teorie sul 2012». Eppure in u­no dei libri di maggior successo sul 2012, quello del conduttore del programma Rai Voyager , Roberto Giacobbo, Arguelles viene presen­tato come «il maggiore conoscitore al mondo del popolo e della cultu­ra maya». Arguelles e i suoi sostenitori, co­munque, fanno riferimento al mo­numento 6 del sito archeologico maya di Tortuguero, in Messico, «che in corrispondenza della fine del tredicesimo baktun allude in termini peraltro confusi alla disce­sa di divinità e al fatto che «verrà il nero». I commentatori accademici delle iscrizioni di Tortuguero pen­sano che si faccia riferimento an­che qui a future cerimonie» che ac­compagnano sempre la fine dei

baktun. «In ogni caso, se si prova a guardare complessivamente ai te­sti di Tortuguero, si trovano riferi­menti anche ai baktun dal quattor­dicesimo al ventesimo, quindi è certo che i Maya dell’epoca di que­sti monumenti (secolo VII d.C.) non pensavano che il mondo sa­rebbe finito nel nostro 2012».

Ma a proposito del «ritorno» previ­sto per la fine del 2012, qui si inne­sta un altro mito legato alle profe­zie maya, ovvero la loro presunta origine extraterrestre. È stato anco­ra Arguelles a parlare dei Maya Ga­lattici, «viaggiatori del tempo e del­lo spazio», che a un certo punto a­vrebbero deciso di fare tappa sulla terra e poi sparire. «I Maya sareb­bero venuti su questo pianeta con un obiettivo preciso: fornire un quadro completo di informazioni circa la natura e la funzione della Terra nel sistema solare e nel cam­po galattico in questa particolare e­ra, quella cioè che va dal 3113 a.C.

al 2012 d.C.». Sarebbero poi spariti, sempre secondo Arguelles, perché sapevano dell’arrivo di tempi nefa­sti e non volevano correre il rischio di essere distrutti. In pratica questi alieni così evoluti avrebbero battu­to in ritirata prevedendo l’arrivo degli spagnoli gui­dati da Hernán Cortés nel 1519.

È una tesi decisamente stravagante, ma è un tenta­tivo di dare credibilità all’i­dea – altrimenti difficil­mente giustificabile – di un popolo maya estremamen­te avanzato quanto a osservazione astronomica. E quindi affidabile quanto a previsione della fine del mondo. In realtà non è neanche storicamente dimostrato che i Maya avessero conoscenze di a­stronomia avanzate. Dal punto di vista scientifico «i Maya furono cer­tamente dei grandi ’osservatori del cielo notturno’, ma nulla di più». E pur con tutto il rispetto per culture antiche «affermare che civiltà così primitive avessero avuto delle co­noscenze scientifiche solo recente­mente acquisite dal mondo occi­dentale, è semplicemente fanta­scienza. (...). Le loro ottime cono­scenze astronomiche erano solo ed esclusivamente empiriche e super­ficiali, senza nessuna comprensio­ne profonda delle dinamiche chi­mico- fisiche riguardanti gli astri».

Inoltre, bisogna ricordare un punto decisivo: «In ogni cultura il calen­dario ci dice quando secondo un certo modo di calcolo termina un ciclo: ma che cosa succede alla fine di questo ciclo non ce lo dicono l’astronomia ma la religione o l’a­strologia. Il problema, però, è che non si ha neppure la certezza che i Maya avessero un’astrologia. Tutto quello che si può dire è che è possi­bile – ma non certo – che alcuni se­gni trovati in diversi codici (princi­palmente quello detto di Parigi, ac­quisito dalla Biblioteca Nazionale della capitale francese nel 1832, ma ce ne sono di meno chiari anche altrove), mettessero in corrispon­denza animali e costellazioni, creando una sorta di zodiaco, forse con significato astrologico. Siamo dunque in presenza di una conget­tura sull’esistenza di tredici simboli che potrebbero formare uno zodia­co e che secondo l’interpretazione più autorevole sono: due tipi diver­si di uccelli (ma è difficile identifi­care quali siano), uno squalo o pe­sce ’xoc’, uno scorpione, una tar­taruga, un serpente a sonagli, un serpente più grande ma non iden­tificato quanto alla specie, uno scheletro, un pipistrello, più due a­nimali che corrispondono a zone del codice (di Parigi) troppo dan­neggiate per un’identificazione certa. Dal momento che non è neppure certo che esistesse un’a­strologia maya, ogni congettura su ’previsioni’ collegate a questa a­strologia è del tutto insensata». E infatti, come abbiamo visto, le at­tuali tribù maya non aspettano af­fatto la fine del mondo per il 2012.