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 2010  luglio 27 Martedì calendario

SCHEDONE SULLA STRAGE DI BOLOGNA


Il 2 agosto 1980, alle 10.25, una bomba esplose nella stazione di Bologna sbriciolando la sala d’aspetto di seconda classe e investendo il treno Ancona-Chiasso in sosta sul primo binario: 85 morti e 200 feriti, è il più grave atto terroristico della storia repubblicana. La giustizia ha individuato tre colpevoli, tre giovanissimi neofascisti dell’epoca: Giuseppe Valerio (Giusva) Fioravanti, la moglie Francesca Mambro (nozze in carcere nel 1985, hanno una figlia, Arianna, nata nel marzo 2001), Luigi Ciavardini (all’epoca dei fatti minorenne). I tre si dichiarano innocenti: ammettono di aver organizzato e commesso parecchi omicidi ma, insistono, con l’eccidio non c’entrano. Nel tempo s’è formata una nutrita pattuglia di opinionisti disposti a credere alla loro estraneità alla strage che s’è allargata anche al popolo di sinistra. Giovanni Bianconi, Corriere della Sera 22/4/2007; • L’iter giudiziario iniziò il 19 gennaio 1987. Nel ’92 la Cassazione annullò il processo d’appello del 1989. Il 23 novembre 1995 dopo quasi due decenni, otto processi e tre sentenze della Corte di Cassazione, furono condannati all’ergastolo come autori materiali della strage Mambro e Fioravanti, che non hanno mai smesso di ripetere che il 2 agosto 1980 si trovavano a Padova con altri due amici. L’11 aprile del 2007 la Cassazione ha condannato Ciavardini a 30 anni di reclusione confermando il verdetto emesso nel 2004 dalla Corte di Appello di Bologna: secondo le motivazioni della Suprema Corte, aiutò Mambro e Fioravanti nell’esecuzione della strage, a cui partecipò «materialmente» • La presenza di Mambro e Fioravanti a Bologna il 2 agosto 1980 poggia su un’unica testimonianza. Carlo Bonini, Giovanni Bianconi: «Quella di Massimo Sparti. Figura opaca del sottobosco malavitoso romano. Un falsario che nel 1982 lascia il carcere dopo aver dato conto a verbale di un colloquio avuto a Roma 48 ore dopo la strage con gli stessi Mambro e Fioravanti. Che la medicina dà allora per spacciato (un tumore in fase terminale), ma il tempo e un’operazione chirurgica, di cui è andata distrutta la documentazione clinica, salvano. Sparti giura di aver sentito Fioravanti vantarsi con lui della strage (“Hai visto che botto?”), di ricordare che la Mambro si era tinta i capelli di rosso. E questo - aggiunge - per passare inosservata. Una coppia di turisti tedeschi. Ecco cosa dovevano sembrare i due Nar quel 2 agosto. È altrettanto certo, per la giustizia di questo Paese, che a Bologna, quel giorno di agosto ’80, non vi fossero invece Sergio Picciafuoco, Massimiliano Fachini [...]. Collocati dall’accusa sulla scena della strage (Picciafuoco il basista, Fachini il confezionatore dell’ordigno [...]) [...] escono dal processo dopo un’altalena di sentenze. Non erano a Bologna. O, comunque, non è stata raggiunta la prova che vi fossero. È, al contrario, provato che il 13 gennaio ’81, due ufficiali del servizio segreto militare (Sismi), Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte, su input dell’allora capo della P2 Licio Gelli e grazie agli uffici del faccendiere Francesco Pazienza, fanno ritrovare sul treno Taranto-Milano una valigetta con armi, esplosivo (dello stesso tipo di quello utilizzato nella strage) e documenti che dovrebbe accreditare la pista del terrorismo internazionale. L’intenzione - questo almeno si è scritto a sostegno delle condanne per depistaggio - è coprire la matrice “neofascista” della strage. Eppure, per tornare alla strage e alle sue responsabilità, il depistaggio dell’81, pur di un qualche aiuto nella ricostruzione, non appare decisivo nel fissarne il movente e i mandanti». Corriere della Sera 1/8/2000; • Sulla colpevolezza di Mambro e Fioravanti c’erano molti indizi, non prove. L’ex senatore (Ds) Giovanni Pellegrino, a lungo presidente della commissione parlamentare sul terrorismo e per l’individuazione dei responsabili delle stragi: «[...] noi abbiamo un sistema giudiziario secondo il quale si può anche essere condannati in base ad indizi se il giudice li ritiene gravi, precisi e concordanti. Però rimane non verosimile, non credibile, la ricostruzione del fine politico della strage di Bologna che è sempre stato accostato, quasi fosse un “remake”, a quello della bomba di piazza Fontana. Ovvero: la destra radicale, in un ambiguo rapporto con gli apparati di sicurezza, semina il terrore affinché questo generi smarrimento e una richiesta d’ordine che poi porti a uno spostamento a destra dell’asse politico del Paese piuttosto che a un vero e proprio golpe [...] Tutto questo ha un senso nell’Italia del 1969: c’erano il movimento studentesco, l’autunno caldo, Giuseppe Saragat al Quirinale, il governo debole di Mariano Rumor. Mentre questo movente non ha alcun senso nel 1980: quando siamo nell’Italia del Preambolo, del riflusso e del post-fordismo. Con Sandro Pertini al Quirinale. Sarebbe bastato al Presidente affacciarsi al balcone con la pipa in bocca per far insorgere l’Italia intera in sua difesa. E questo non sarebbe successo per Saragat». Dino Martirano, Corriere della Sera 19/12/2003; • Nel 2007 uscì il libro Storia nera - Bologna, la verità di Francesca Mambro e Valerio Fioravanti, firmato dal giornalista di Liberazione Andrea Colombo (Cairo editore). Giovanni Bianconi: «[...] Bisognava inchiodare i fascisti, perché era logico che fossero loro gli autori di quello scempio, e alla fine sono rimasti incastrati gli ultimi due anelli della catena, mentre tutti gli altri - dai mandanti agli intermediari - si sono spezzati sentenza dopo sentenza. E già questa, sostiene l’inedito trio Colombo-Fioravanti-Mambro, è una stranezza che non dovrebbe lasciare tranquilli coloro che si tengono stretti questo esito giudiziario. Da qui parte la ricostruzione di Colombo, che vede nelle radici della militanza violenta di Mambro e Fioravanti la prima deviazione della verità giudiziaria raggiunta a Bologna. Perché quei due ragazzi divennero “neri” e terroristi più per ribellione che per ideologia, e la scelta di campo fu passionale prima ancora che politica; “non fascisti, ma anti-antifascisti”, spiegano. Niente a che vedere con l’eversione di destra di altra generazione collegata ad apparati oscuri dello Stato che “al 99 per cento”, come ritiene Fioravanti, fu coinvolta nelle bombe. Loro fondarono i Nuclei armati rivoluzionari e presero ad uccidere gli uomini delle istituzioni, dopo i “rossi”, proprio per spezzare quei legami e dimostrare che venivano e andavano altrove. Nell’inchiesta e nei processi per la strage del 1980, però, tutto ciò che è emerso a proposito di questa “discontinuità” con l’altro neofascismo è stato letto come una sorta di copertura che conferma l’assunto di partenza. E ogni indizio che aveva spiegazioni alternative è stato incasellato secondo la precostituita tesi della responsabilità dei Nar nell’attentato. Ad esempio l’omicidio del “camerata” Mangiameli, le false prove seminate dal Sismi, o la traballante deposizione-chiave del “supertestimone” Massimo Sparti. Perché la sinistra non poteva permettere che anche l’unica strage con dei colpevoli individuati rimasse impunita, e alla destra in fin dei conti andava bene così: meglio due ragazzini bombaroli senza movente di un’indagine che avrebbe potuto scoprire chissà cosa in un sottobosco ricco di intrecci mai del tutto chiariti o recisi. Questa è la verità degli ex “neri” Mambro e Fioravanti raccolta dal “rosso” Colombo. Che non offre soluzione diverse ma ne elenca alcune possibili, nella consapevolezza che anche l’ipotesi più credibile è destinata a rimanere tale se non ci sono le prove: dalla pista libica a quella del terrorismo di matrice medio-orientale, fino a quella realmente fascista, di cui la condanna dei due ventenni ribelli anche a quella destra sarebbe l’ennesimo depistaggio». Giovanni Bianconi, Corriere della Sera 22/4/2007; • «La certezza della pena in questo Paese è riservata esclusivamente alle vittime e ai loro familiari» era lo slogan scelto l’anno scoso dall’Associazione “2 agosto 1980”. Fioravanti, arrestato nel 1981, in semilibertà dall’aprile 2004, nel 2009 è uscito definitivamente di prigione e non ha più alcun obbligo da rispettare: non ha beneficiato degli sconti concessi a “pentiti” o “dissociati” della lotta armata, ma solo dei benefici previsti per tutti i detenuti, ergastolani compresi. Lavora in un’associazione contro la pena di morte nel mondo, Nessuno tocchi Caino, costola del partito radicale guidata dall’ex terrorista rosso Sergio D’ Elia; Mambro è in “condizionale” dal 2008: sarà in libertà vigilata fino al 16 settembre 2013, quando, salvo contrattempi, la pena sarà estinta; Luigi Ciavardini, per il quale la sentenza definitiva è arrivata solo nel 2007, è “semilibero” dal marzo 2009: la sera deve tornare in carcere, ma di giorno può uscire • Giovanni Bianconi: «Se pure quei tre “ragazzini” avessero messo la bomba (e non si capisce con quale movente), non ci sono i mandanti né gli intermediari che avrebbero reclutato la manovalanza. Quelli ipotizzati nelle inchieste sono stati assolti nei processi che, sentenza dopo sentenza, perdevano ogni volta un pezzo; e le condanne dei depistatori non spiegano tutti i buchi rimasti vuoti. Le sentenze definitive, insomma, non possono accontentare chi pretende giustizia per i morti del 2 agosto e continua a chiedere che tutti i veli vengano sollevati. Difficilmente la sempre invocata caduta dei segreti di Stato - peraltro mai comparsi in questa vicenda - potrà aggiungere nuovi tasselli; così come, sull’altro fronte, sembra complicato che la pista “medio-orientale”, alternativa a quella neofascista, possa arrivare a riaprire il caso di fronte a nuovi giudici». Giovanni Bianconi, Corriere della Sera 3/8/2009; • Nell’agosto 2008 Fioravanti disse all’Ansa che Ilich Ramirez Sanchez, cioè il terrorista Carlos “lo Sciacallo”, e l’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga erano coloro che in merito alla strage avevano rivelato elementi di «maggior verosimiglianza». Corriere della Sera 2/8/2008; • Cossiga ha parlato di un «patto di non belligeranza» segreto tra lo Stato italiano e le organizzazioni della resistenza palestinese, comprese quelle terroristiche quali la Fplp, concluso negli anni Settanta da Aldo Moro, lo statista della Dc assassinato nel 1978 dalle Brigate Rosse: «[...] Le clausole di questo patto prevedevano che le organizzazioni palestinesi potessero avere basi anche di armamento nel Paese, che avessero libertà di entrata e uscita e di circolazione senza essere assoggettati ai normali controlli di polizia perché “gestiti” dai servizi segreti [...] Certo mi meravigliai quando il capo di una organizzazione terroristica palestinese con un telegramma inviatomi tramite la nostra residenza del Sismi a Beirut mi intimò di restituirgli un missile terra-aria intercettato da una normale pattuglia della Stradale e pilotato per la strada da un noto esponente della sinistra extra-parlamentare! In questo quadro è non solo verosimile ma probabile assai che la strage di Bologna sia stata causata dallo scoppio involontario di una-due valigie di esplosivo trasportate in base all’ “accordo” da esponenti palestinesi e destinata a obiettivi esteri e non, come da accordi, italiani [...]». Corriere della Sera 15/8/2008; «Quanto agli innocenti condannati, in Italia i magistrati, salvo qualcuno, non sono mai stati eroi. E nella rossa Bologna la strage doveva essere fascista. In un primo tempo, gli imputati vennero assolti. Seguirono le manifestazioni politiche, e le sentenze politiche [...]». Aldo Cazzullo, Corriere della Sera 8/7/2008; • Carlos, detenuto nel carcere francese di Poissy e famoso per l’assalto al quartier generale dell’Opec nel 1975, sostiene da anni che «La strage del 2 agosto, a Bologna, non è opera dei fascisti»: «Quella è roba della Cia, i servizi segreti italiani e tedeschi lo sanno bene. Il guaio è che l’Italia è una semicolonia degli Stati Uniti, ragion per cui nel vostro Paese non si possono risolvere i tanti misteri... L’Italia dal 1943 è metà pizzeria e metà bordello degli americani, per questo non si risolve nulla... e lo stesso vale per la Germania, semicolonia americana dal 1945 [...] In quegli anni il traffico di armi ed esplosivi attraverso l’Italia era cosa soltanto nostra. Col beneplacito dei servizi italiani, coi quali noi rivoluzionari trattavamo personalmente, i compagni potevano attraversare l’Italia, così come la Grecia, con tutte le armi in arrivo da Saddam Hussein. Per questo posso certamente dire che in quei giorni mai ci sarebbe potuto sfuggire un carico di T4 grande come quello fatto esplodere a Bologna. Non sarebbe sfuggito a noi e di certo non lo potevano avere in mano i neofascisti italiani. Quel tritolo viene dai militari... Tra i rivoluzionari palestinesi e l’Ori (l’Organizzazione dei rivoluzionari internazionali, quella di Carlos) i patti con i servizi segreti italiani erano chiari: in Italia traffico di armi sì, attentati no... E noi abbiamo mantenuto la parola». Per Carlos la teoria di Cossiga, per cui l’esplosivo sarebbe esploso accidentalmente mentre veniva trasportato, non sta in piedi: «Conosco bene quel tritolo, non suda, non si muove... per farlo saltare serve per forza l’innesco». Piuttosto, la bomba sarebbe stata fatta esplodere per dare la colpa ai palestinesi e fargli perdere l’appoggio italiano. Biagio Marsiglia, Corriere della Sera 26/4/2009; • «Fischi a Giuliano Amato, fischi a Pier Ferdinando Casini, fischi a Rocco Buttiglione. Contestato Giuseppe Pisanu, come Pietro Lunardi. Poi è toccato a Giulio Tremonti, a Cesare Damiano, a Gianfranco Rotondi. E per ultimo, l’anno scorso, a Sandro Bondi. Negli ultimi dieci anni, sul palco del ricordo della strage di Bologna, la protagonista è stata l’invettiva. Da qualunque schieramento provenisse il ministro di turno. Quest’anno non sarà così: nessun rappresentante del governo prenderà la parola in piazza. Solo un discorso ai parenti delle vittime in consiglio comunale, al riparo dalle proteste. Un modo per sottrarsi al rito degli improperi anti governo». Luciano Ferrari, Corriere della Sera 28/5/2010; • Per tentare di rispondere a queste domande di verità se non di giustizia, Pellegrino ha proposto nel libro Segreto di Stato la costituzione di una commissione prima che tutti gli attori di quelle vicende scompaiano. Guido Salvini, giudice in molte inchieste sul terrorismo: «[...] dovrebbe raccogliere con serietà e senza obiettivi ambigui le testimonianze di chi, ex terroristi, uomini politici, uomini dei servizi segreti e semplici testimoni che hanno avuto la ventura di entrare in contatto con quegli eventi, senta di poter dire qualcosa su ciò che di quegli anni è rimasto sepolto e che è magari occasionalmente affidato solo a frammentarie interviste o memoriali [...] Per facilitare questa scelta i racconti potrebbero essere resi pubblici solo al termine dei lavori e qualora a carico del testimone o di altri dovessero profilarsi reati commessi nel passato, non vi sarebbe comunque punizione. Una scelta che non deve scandalizzare perché di fatto l’impunità giudiziaria si è già compiuta [...]». Giuseppe Guastella, Corriere della Sera 9/5/2008;

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L’iter processuale

19 GENNAIO 1987: comincia a Bologna il processo di primo grado. L’11 luglio 1988 la seconda corte d’assise condanna all’ergastolo per il reato di strage Valerio Fioravanti, Francesca Mambro, Massimiliano Fachini e Sergio Picciafuoco; per calunnia pluriaggravata a 10 anni di reclusione Licio Gelli (cinque anni condonati), Francesco Pazienza, il generale Pietro Musumeci e il colonnello Giuseppe Belmonte (tre anni condonati ciascuno). Otto le condanne per banda armata.

25 OTTOBRE 1989: comincia il processo d’appello. Il 18 luglio 1990 la corte d’assise d’appello annulla i quattro ergastoli inflitti in primo grado a Valerio Fioravanti, Francesca Mambro, Massimiliano Fachini e Sergio Picciafuoco e li assolve dall’accusa di essere gli autori materiali della strage. La sentenza condanna per concorso nel reato di calunnia Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte a tre anni di reclusione ciascuno, tutti condonati. Per banda armata Valerio Fioravanti è condannato a 13 anni, Francesca Mambro a 12 anni, Gilberto Cavallini a 11 anni e Egidio Giuliani a otto anni.

12 FEBBRAIO 1992: la Corte di Cassazione a sezioni unite annulla la sentenza d’appello con rinvio ad un processo d’appello bis.

16 MAGGIO 1994: una sentenza della prima corte d’assise d’appello di Bologna condanna all’ergastolo per la strage Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Sergio Picciafuoco, mentre assolve Massimiliano Fachini. Per il depistaggio delle indagini la corte condanna a dieci anni per calunnia aggravata da finalità di terrorismo Licio Gelli e Francesco Pazienza, a otto anni e cinque mesi Pietro Musumeci e a sette anni e 11 mesi Giuseppe Belmonte. Cinque le condanne per banda armata.

23 NOVEMBRE 1995: le sezioni penali unite della corte di Cassazione confermano la sentenza d’appello che condanna all’ergastolo Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, confermate anche l’assoluzione per Massimiliano Fachini e le condanne per Licio Gelli, Francesco Pazienza, Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte. Per Sergio Picciafuoco la corte di Cassazione dispone l’annullamento della sentenza con rinvio a Firenze.

18 GIUGNO 1996: la corte d’assise d’appello di Firenze assolve Sergio Picciafuoco «per non aver commesso il fatto» dall’accusa di strage. Il 15 aprile 1997 la Cassazione conferma l’assoluzione.

30 GENNAIO 2000: una sentenza del tribunale dei minori di Bologna assolve Luigi Ciavardini, ex appartenente ai Nar, dall’accusa di aver partecipato alla strage, ma lo condanna a tre anni di reclusione per banda armata. Ciavardini all’epoca della strage aveva 17 anni.

11 APRILE 2007: la sentenza della Cassazione chiude la stagione dei processi contro Ciavardini. Per la Suprema Corte, che conferma la condanna di Ciavardini a 30 anni di carcere, l’ex Nar ha aiutato Mambro e Fioravanti nell’esecuzione della strage e vi ha partecipato materialmente. Il 24 marzo 2009 a Ciavardini è concessa la semilibertà.

APRILE 2009: al termine dei cinque anni di libertà condizionata che ha estinto la pena, Fioravanti torna in libertà. Il 7 ottobre 2008 il tribunale di sorveglianza di Roma aveva concesso la libertà condizionale alla Mambro fino al 2013.