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 2010  luglio 25 Domenica calendario

INTERVISTA A LISA GASTONI

«Non appena lessi Le quat­tro sorelle , la commedia di Colet­e Freedman che ha spopolato a Broadway la stagione scorsa, mi sono spaventata. «Ma come- mi sono detta - possibile che una scrittrice di New York che non ho mai avuto il piacere di incon­­trare, conosca così a fondo la mia personalità? Se mi ha visto, per sua stessa ammissione, nel­la Seduzione , un film di tanti an­e ni fa di cui si sono perse le tracce, come può sapere chi è. Cosa fa e cosa pensa a oggi una signora di settantacinque anni?». Lisa Ga­stoni è interdetta. L’interprete del cult movie Grazie zia che Truman Capote definì «la più conturbante signora dello scher­mo » non si capacita di aver ritro­va­ta intatta nel 2010 quella popo­larità che non ha mai inseguito per tutta la vita con Le quattro so­relle , oggi e domani in scena a e Borgio Verezzi. Ma non nascon­de di esserne lusingata. Al punto che, non appena Enrico Maria Lamanna il regista, su sollecita­zione dell’autrice, l’ha supplica­ta di interpretare il ruolo della terribile madre di quattro sorel­le che sichiamano Austin e Caro­lina, Dallas e Baltimora poiché ognuna di loro rappresenta la città di cui porta il nome, non ha saputo tirarsi indietro. «Dicia­mo piuttosto che non ho potuto sottrarmi», replica con eleganza l’interessata. Che, nella sua bel­la dimora arrampicata sui tetti di Roma, preferirebbe parlare di quei quadri e quelle sculture che da tempo la vedono impe­gnata, piuttosto che spiegare co­me e perché ha voluto affronta­re di nuovo il teatro. «Forse è ac­caduto per cancellare il mio rifiu­to, anni fa, di replicare in tutta Italia La Celestina di Alfonso Sa­stre ».
Come mai? Vuol dirmi co­s’era successo?
«Niente di tragico, per carità. Ma di inquietante, semmai. Da­to che spuntavo da una tomba nelle vesti di unfantasma e, co­me in un horror di serie B, ero sommersa da un volo di pipi­strelli.
Una nube caliginosa che invadeva la scena precipitando attori e spettatori in un inferno. Un’immagine che mi ha ango­sciato per anni».
Tanto da farle abbandona­re anche il cinema, mi sba­glio?
«Ahimé, ha messo il dito nella piaga! Anche sele ragioni, nel ca­so in questione, erano ben diver­se dato che io volevo lavorare so­lo in film di qualità come mi era capitato con Lizzani, Samperi, Vancini mentre in quegli an­ni... » Cos’era successo?
«Allora, sull’onda di quel ruo­lo perverso di vittima dell’eroti­smo che avevo incarnato agli oc­chi dei più, mi venivano offerti copioni scadenti di cui è meglio non parlare».
Come mai?
«Il cinema ha la memoria cor­ta. In pochi si ricordano che, in­cantata da Maddalena , una rivi­sitazione della storia sacra pen­s­ata da un artista come Kawale­rowicz, mi chiusi in casa a studia­re i Vangeli e tutte le interpreta­zioni su un personaggio scon­certante come Maria di Magda­la ».
Addirittura!
«Perché si stupisce? È un me­to­do che ho praticato fin dai pri­mi anni della carriera quando a Londra Charles Laughton mi scritturò per una serie di thriller di Agatha Christie da recitare nel West End tratti da casi esem­plari di cronaca nera. Se non si documenta sui personaggi cui deve dar fiato e voce, l’attore di­venta un semplice ripetitore, non crede?».
Concordo. Per questa ragio­ne, immagino si sarà trova­ta benissimo a lavorare con Ozpetek.
«All’inizio, esitai ad accettare la sua offerta in Cuore sacro . Mi sembrava un atto d’immode­­stia, di vanità fuori posto ripre­sentarmi dopo tanto tempo di fronte alla macchina da presa. Ho vinto la mia ritrosia solo do­po aver visto Il bagno turco , un racconto poetico che non ha nul­la ache fare con troppe squalli­de sollecitazioni commerciali».