Luciano Fruttero, Massimo Gramellini, La Stampa 25/7/2010, pagina 72, 25 luglio 2010
STORIA D’ITALIA IN 150 DATE
23 dicembre 1908
Cifariello
In alcune cittadine dell’Italia meridionale si possono ancora vedere le sculture monumentali di un artista ormai dimenticato dalla storia dell’arte: Umberto I a cavallo, figure allegoriche, ornamenti a edifici pubblici. Ma la storia della giurisprudenza ha ben presente il suo nome, Filippo Cifariello, autore di quello che sarà definito un «delitto meritorio». Cifariello nasce in Puglia in una famiglia numerosissima e poverissima. Il padre è uomo di tutti i mestieri, bravo anche nel modellare figurine da presepe. Filippo impara e quando la famiglia si trasferisce a Napoli, le sue mani già lavorano abilmente con cera, creta, gesso. Si mette a vendere i suoi piccoli oggetti all’ingiro. Viene invitato a diverse esposizioni e i suoi scugnizzi riscuotono notevole favore. Quando il re Umberto I acquista un’opera, la sua fortuna è fatta. Non ha ancora vent’anni. Espone anche a Roma sempre con successo, guadagna bene, si sistema in una bella casa, manca ormai una cosa sola: la donna. E come vuole l’aria del tempo, lo scugnizzo non può trovarla che in un teatro di varietà, una sciantosa, Blanche de Mery, nata forse a Lione, forme perfette, voce e accento irresistibili e naturalmente la «mossa». La corteggia a lungo, lei lo respinge, ma dopo due anni cede e l’artista la sposa rassegnandosi a convivere con la suocera e una zia animaliste, che gli portano in casa cani, gatti e galline. Innamoratissimo, copre la moglie di regali, ma la sciantosa è piena di capricci, di impazienze e ben presto cominciano i sospetti. Violente scene di gelosia, cui seguono passionali riconciliazioni. È questa la vita che il Cifariello conduce per dodici anni: un inferno, dirà. Finché una notte del 1905, alla pensione Mascotte di Posillipo, fa ritorno in camera sua e sorprende un conoscente, l’avvocato Soria, che esce in mutande. Entra, vede la moglie nuda sul letto e le spara cinque rivoltellate.
Lo chiudono in manicomio criminale e il processo comincerà soltanto tre anni dopo, a Campobasso anziché a Napoli. Un processo clamoroso, che al solito spacca l’Italia in due. La rivoltella, acquistata giorni prima, non fa pensare alla premeditazione? Vari altri indizi puntano in quella direzione, ma sono travolti dalle lacrime, dai giuramenti, dai vocalizzi dell’imputato. Una lunga scena di teatro, con pubblico che applaude, piange, tifa. I principi del foro si esibiscono nella prevedibile retorica del delitto d’onore e i giudici finiscono per assolverlo: quando ha commesso l’omicidio non era in grado di intendere e di volere. Uccidere una moglie infedele è perfettamente lecito, anzi «meritorio». Subito scarcerato, riprenderà in mano lo scalpello e si sposerà altre due volte.