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 2010  luglio 25 Domenica calendario

INTERVISTA A GIACOMO CELENTANO

Fa musica da più di vent’anni, eppure è il meno noto dei tre figli del Molleggiato e Claudia Mori. Giacomo Celentano, classe ‘66, parte domani su Canale Italia con Celentano’s Club Talent Show, anteprima di un programma volto a scoprire voci nuove che vivrà l’acme in autunno con sette puntate. Presidente di giuria Miki Del Prete. Di Giacomo, Mario Lavezzi ha detto: «Grandissime doti, non ancora espresse per via della sua introversione».
Il suo primo disco, Dentro al bosco, è dell’89. Poi?
«Poi entro in crisi. Non sapevo se volevo fare ancora musica. Ho provato altri lavori: fattorino, venditore di oggetti multimediali, commesso alla Ricordi. Avevo problemi respiratori, faticavo a cantare. Sono stato fuori dal giro sette anni. Ecco perché sono poco noto. Il mio percorso di vita è particolare e doloroso».
Nel 2002 va a Sanremo con You and me. Non un successone.
«La malattia si rifece viva. Non ne parlai a Sanremo ma ero in condizioni disperate. Scoprii che il mio problema erano gli attacchi d’ansia. Dal 2002 al 2007 ho passato il tempo a guarire. L’ho fatto grazie a Gesù: mi ha liberato dai nodi con il suo amore. Un bravo medico ha trovato la cura giusta, che seguo ancora. In quegli anni ho cominciato con la tivù. Ho venduto tre format alla Rai: li hanno pagati e mai usati».
La Gialappa’s, a Sanremo, la massacrò.
«Furono un po’ pesanti (lo definirono “l’uomo sfigato per antonomasia”, nda). Resto un loro bersaglio privilegiato. Non sapevano che sul palco ero malato e la mia esibizione fu davvero brutta. Non ce l’ho con loro, non me la sono mai presa».
Lei si è lamentato più volte del poco appoggio avuto dai suoi genitori.
«Soprattutto nel 2001, quando non mi raccomandarono a Sanremo con Io ti cercherò. Sbagliavo: le raccomandazioni non fanno crescere. Mamma Claudia non è mai stata granché d’accordo sulla mia carriera e non mi hanno mai aiutato musicalmente. Neanche li ho avvertiti del mio nuovo programma. Però mi sono vicini nella vita privata».
Crede davvero che suo padre sia «il giusto» della Bibbia?
«Certo. Ha commesso errori, ma in buona fede. Ha predicato i temi dell’amore, dell’ecologia. A casa ci insegnava le parabole della Bibbia. Sa usare le parole giuste: magari grammaticalmente le sbaglia, ma parla al cuore. Vorrei somigliare a lui non nella musica, ma nel carattere: allegro, solare».
Quando lo vide davvero arrabbiato?
«All’esordio volli chiamarmi Giacomo Gabriele, senza cognome. Mi fulminò con uno sguardo».
È vero che durante il militare la prendevano in giro per colpa sua?
«Era il 1987, pieno periodo dei sermoni a Fantastico. Io lo condividevo, i miei commilitoni al Car di Alberga no. Mi cantavano Il ragazzo della via Gluck, dicevano che Adriano era un megalomane. Ero cresciuto da figlio di papà, fu dura».
Oggi suo padre è un antiberlusconiano convinto.
«In questo siamo molto diversi. Sono l’unico di casa a votare felicemente Pdl. A volte mi prende in giro. L’altro giorno mi ha chiamato: hai visto cosa ha combinato il tuo Capo? Io: chi è il mio Capo? Lui: come chi è: Berlusconi! Gli ho risposto: papà, l’unico Capo che ho è Gesù Cristo. Abbiamo sorriso».
Della crisi tra i suoi genitori che ricordo ha?
«Avevo 12 anni, cominciò a fine Anni Settanta e durò cinque anni. Tenevo un diario, annotavo ogni giorno i loro litigi (per la relazione di Adriano con Ornella Muti, nda). Credo siano rimasti insieme grazie a noi figli: ai nostri pianti. Ci riunivamo, discutevamo. Guardandoci, hanno capito che non dovevano separarsi».
Da cattolico, come vive lo scandalo pedofilia?
«Un cattolico deve rispettare la figura del Papa. Ero molto legato a Giovanni Paolo II, ci ho messo un po’ a capire Benedetto XVI. Ora però la sua catechesi mi piace. Credo che la Chiesa non si stia risparmiando nel condannare quel crimine gravissimo».
Come si definirebbe, artisticamente?
«Giacomo Celentano è un cantautore r’n’b pop che non è ancora riuscito a imporsi. Vengo dalla black music: Michael Jackson, Stevie Wonder, Prince. Con mio padre c’entro poco, anche se nel ‘96 gli ho scritto Vento d’estate. A 44 anni mi sto ancora facendo, vengo da una gavetta così lunga che neanche so se finirà mai».