Ugo Bertone, Libero 25/7/2010, 25 luglio 2010
STAVOLTA LA FIAT AIUTA I PICCOLI Politici, sindacati, imprenditori e magistrati. O cambiate passo oppure la Fiat, ma non solo la Fiat, se ne va
STAVOLTA LA FIAT AIUTA I PICCOLI Politici, sindacati, imprenditori e magistrati. O cambiate passo oppure la Fiat, ma non solo la Fiat, se ne va. Stavolta, infatti, la sfida lanciata da Sergio Marchionne va assai al di là del futuro di Mirafiori. Il test riguarda la credibilità del sistema. E non solo delle tute blu più o meno ideologizzate. Per capirlo, basti partire dal progetto, in sé e per sé clamoroso, di uscita dalla Confindustria. Sì, di fronte ad una sbalordita Emma Marcegaglia, Marchionne ha tracciato questo quadro: l’Auto Fiat deve denunciare il contratto nazionale dei metalmeccanici se vuol evitare il rischio che i tribunali, in appoggio a Fiom, vanifichino gli accordi sottoscritti per Pomigliano. Perciò la Fiat dovrà uscire da Confindustria. Di fronte agli occhi sbarrati della povera Emma (e alla mediazione di John Philip che non dimentica il ruolo del nonno Avvocato) lo strappo è stato parzialmente superato: Fiat si sfilerà dai metalmeccanici ma creerà un contratto ed un comparto tutto suo, pronto ad aderire alla Confederazione. Al di là delle mediazioni, però, restano due novità: primo, Marchionne non attribuisce grande importanza al partito degli industriali. Secondo, il manager è più che consapevole che la vera partita, quella che si giocainfabbrica(l’unicachelointeressa), vedrà in campo anche la magistratura. E, al proposito, non si fa illusioni, convinto com’è che, probabilmente, i pretori faranno rientrare almeno alcuni dei licenziamenti disciplinari di questi giorni. Ma è un prezzo che Marchionne è pronto a pagare: meglio una condanna in pretura che la condanna al caos perenne in fabbrica. Ovvero, l’Italia torni ad essere una Repubblica fondata sul lavoro piuttosto che sul posto di lavoro. COMBATTERE PER COSA? Ma voi, cari politici, siete disposti a combattere per questi principi? Oppure ci ritroveremo soli, ancora una volta, alla berlina di tv, intellettuali, parrocchie e cortei mentre in fabbrica il diritto al lavoro viene violato da atti di sabotaggio che poco hanno a che vedere con lo sciopero? Più o meno è questo il discorso che Marchionne intende fare, a destra come a sinistra. Certo, caro Sergio Chiamparino, compagno di mille partite a tressette, non mi dimentico che la T di Fiat sta per Torino. E ti confermo quello che ti ho detto più volte in pizzeria: una fabbrica a Torino, a due passi dai centri di progetto e di prototipo oltre che dall’intero sistema della componentistica, deve avere un futuro. E non è certo per caso che in Chrysler ho voluto ripartire da Jefferson North, l’unica catena di montaggio ancora attiva in Detroit. Ma a Jefferson North gli operai mi hanno applaudito quando è uscita dalle linee la prima macchina. Roba da non credere, se penso ai piccoli sabotaggi di ogni giorno. E lei, caro Roberto Cota, provi a convincere i suoi che la Fiat non può essere ricattata per gli aiuti incassati ben prima del mio arrivo. O per i presunti debiti che il Lingotto avrebbe verso la città. PRESENTA IL CONTO E così via. A tutti, dal governo ai sindacati, Sergio Marchionne presenta il conto: la scelta di produrre in Serbia invece che a Torino la Zero non è l’esito di un ricatto, ma la conseguenza di tanti fattori su cui incide, in maniera determinante, la fragilità di una classe dirigente che non è all’altezza. Anche perché questo conto, si badi bene, non lo presenta la sola Fiat. Migliaia di piccoli imprenditori, che non comprendono bene la politica di questa Confindustria dove hanno tanto peso i colossi dell’energia di Stato (che fanno pagare le bollette più salate) o del sistema bancario, guardano con stupore ma anche con entusiasmo e simpatia alla battaglia solitaria di Marchionne che può contare su lobbies, all’interno dei mercati finanziari e del Pentagono, che loro non si sognano nemmeno di avere. Ma, sotto sotto, l’esercito dei Brambilla spera che domani, in fabbrica e fuori, potrà presentare richieste simili, necessarie per poter sentir parlare di nuovo di profitti senza dover traslocare in Romania o più in là. La Fiat, diciamolo, tra i piccoli imprenditori, quelli che tengono in piedi la baracca di casa nostra, non ha mai goduto di grandi simpatie. Ma le cose sono cambiate: questo Lingotto, che tanti malumori suscita tra radical chic, Epifani o politici, oggi torna a piacere ai tanti Brambilla pronti ad indossare il maglioncino se Sergio continuerò a pretendere fatti, non le solite parole.