Andrea Valle, Libero 24/7/2010, 24 luglio 2010
«Dal Colle nessuna interferenza sull’esecutivo» Ma su Eluana, Brancher e privacy è stato decisivo «Nessuna interferenza dialettica politica e nell’attività parlamentare, fatta salva la facoltà dell’articolo 74 della Costituzione», ha detto ieri il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano durante la cerimonia del Ventaglio
«Dal Colle nessuna interferenza sull’esecutivo» Ma su Eluana, Brancher e privacy è stato decisivo «Nessuna interferenza dialettica politica e nell’attività parlamentare, fatta salva la facoltà dell’articolo 74 della Costituzione», ha detto ieri il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano durante la cerimonia del Ventaglio. Parole sacrosante. Peccato però che il capo dello Stato in questi ultimi due anni sia intervenuto spesso e volentieri nella vita politica italiana. A volte in modo diretto con moniti e suggerimenti, altre volte in maniera più implicita facendo pesare la sua moral suasion nei confronti dell’esecutivo. IL CASO DI ELUANA Il caso più eclatante è forse quello di Eluana Englaro, quando il Quirinale si rifiutò di firmare il decreto legge del governo che rendeva obbligatoria l’alimentazione forzata per la ragazza in coma vegetativo, poi deceduta proprio mentre il Senato era in seduta straordinaria per approvare in tempi record un disegno di legge. Ma diverse sono state le occasioni in cui il capo dello Stato si è messo di traverso all’azione del governo. Più di recente, per esempio, il Colle è intervenuto sul disegno di legge sulle intercettazioni su cui questa settimana la maggioranza ha trovato un accordo. Prima ha detto chiaramente al governo che «occorre dare priorità alla manovra economica», poi con i suoi tecnici ha suggerito a Palazzo Chigi le parti del testo da cambiare. Tanto da provocare la reazione di Niccolò Ghedini. «I commenti del Quirinale sono assai pregevoli, ma a decidere deve essere il Parlamento. Al Colle spetta intervenire su una legge solo se c’è il sospetto di incostituzionalità», ha fatto notare il deputato e avvocato di Silvio Berlusconi. Altro intervento recente di Napolitano in politica è arrivato con il caso Brancher. Quando il neo ministro ha chiesto di poter usufruire del legittimo impedimento, è subito giunta una nota del Quirinale a sottolineare che «essendo un ministero senza portafogli, non c’è nessun dicastero da organizzare, quindi il legittimo impedimento non serve». Le polemiche sulla vicenda all’interno della maggioranza hanno poi portato alle dimissioni di Brancher. Sempre di recente il presidente della Repubblica ha invitato il capo del governo a nominare al più presto il ministro dello Sviluppo economico. E il premier sembra averlo ascoltato, visto che proprio ieri ha annunciato la nomina di un nuovo ministro per la prossima settimana. L’ASSE CON FINI Il rapporto tra il Cavaliere e Napolitano, dunque, in questi anni non è stato facile. Anche se ci sono stati momenti di serenità, il più delle volte si è trattato di fredda sopportazione reciproca. Tanto che a volte è sembrato migliore il rapporto tra il presidente della Repubblica e la Lega di Umberto Bossi. Tra i due, infatti, c’è grande rispetto. E un buon rapporto nel corso degli anni si è instaurato anche con i due principali colonnelli leghisti, Roberto Calderoli e Roberto Maroni. Ma il capo dello Stato è stato tirato tante volte per la giacca anche dall’opposizione: per non firmare una legge o per opporsi a un provvedimento. Un assedio che ha portato Napolitano in un paio di occasioni a rispondere piccato agli appelli lanciati dall’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro. Negli ultimi tempi, invece, si registra una certa affinità tra il capo dello Stato e il presidente della Camera, Gianfranco Fini. Tanto che la vulgata corrente nella maggioranza vuole che, in caso di crisi di governo, difficilmente Napolitano scioglierebbe le Camere per andare a nuove elezioni, ma farebbe di tutto per trovare una nuova maggioranza parlamentare in grado di dare vita a un nuovo governo.