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 2010  luglio 24 Sabato calendario

IL FANTASMA DEL ”SIGNOR FRANCO”

Conferme e dubbi dopo la rivelazione del Fatto Quotidiano sugli accertamenti in corso da parte della Procura di Palermo nei confronti di un ex console onorario in Israele. Gli investigatori stanno studiando la biografia di Moshe Gross, 84 anni residente a Tel Aviv, sulla base dei documenti acquisiti nelle scorse settimane al ministero degli Esteri, per verificare se proprio questo diplomatico (nato in Romania da una famiglia ebrea e cittadino israeliano) possa essere il misterioso signor Franco indicato da Massimo Ciancimino come pontiere tra Stato e mafia. La pista investigativa – ancora tutta da verificare – parte da un documento consegnato da Massimo Cianci-mino ai pm Antonio Ingroia e Antonino Di Matteo. Si tratta di una lista di 12 nomi che, sempre secondo Ciancimino jr, sarebbero stati scritti da don Vito per indicare a futura memoria i personaggi delle istituzioni con i quali aveva intrattenuto rapporti. Accanto a ministri della Difesa e degli Interni, funzionari di polizia e generali italiani, compare un nome straniero: FC Gross. FC sarebbero le iniziali del nome di copertura dell’uomo-cerniera tra Cosa Nostra e istituzioni: Franco Carlo appunto, il regista della trattativa Stato-mafia nel 1992 e il garante del rapporto tra Dc e boss nella Prima Repubblica.
LA CACCIA A questo mister Gross (posto che il cognome sia vero come dice Ciancimino jr) bisogna ora dare un nome all’anagrafe e un volto. Il nominativo sul quale si stanno concentrando gli investigatori, come anticipato ieri dal Fatto, è quello di Moshe Gross, un cittadino israeliano, che dal 1994 al 1996 ha ricoperto la carica di console onorario in Israele, ad Haifa per il nostro paese e che fino agli anni Ottanta ha vissuto in Italia dove commerciava in diamanti. La Procura di Palermo ieri ha confermato in-formalmente gli accertamenti in corso su mister Gross all’Ansa ma gli anonimi inquirenti hanno anche detto all’agenzia di stampa che Moshe non è l’unico signor Gross nel mirino e hanno aggiunto una nota di scetticismo: sembra difficile che le istituzioni e i Servizi segreti abbiano affidato a un cittadino israeliano, anche se residente per un ventennio in Italia, il delicato compito di tenere i rapporti tra Stato e mafia. Anche Massimo Ciancimino è sorpreso: ”Il signor Franco parlava molte lingue ma secondo me era un militare non un diplomatico. Mostrava un’età inferiore agli attuali 84 anni. Inoltre non ho mai avuto sentore che potesse essere israeliano. Mio padre era amico di un commerciante di diamanti ebreo ma era di origini tedesche e si chiamava Leos Gluts”. Per il figlio di Moshe Gross, che è succeduto al padre nella carica di console di Haifa, ”è un colossale equivoco”. Secondo Gross junior è una pura omonimia: ”Siamo una famiglia segnata dall’Olocausto e dalla guerra. Mio nonno materno è stato deportato ad Auschwitz e mio padre è fuggito dall’invasione russa della Romania. A Milano , negli anni della mia gioventù, la nostra vita era tutta casa, scuola ebraica e tempio. Nulla a che fare con i servizi segreti italiani o israeliani o addirittura con la mafia. un’assurdità”.
Intanto Massimo Ciancimino è stato convocato dai magistrati palermitani nuovamente per approfondire le sue dichiarazioni sugli affari del padre e di Bernardo Provenzano con grandi nomi della politica nazionale. A casa della madre di Massimo, la signora Epifania Scardino, sarebbero stati trovati documenti molto interessanti durante la perquisizione disposta dai pm di Caltanissetta nei primi giorni di luglio. Ciancimino sarà interrogato proprio assieme alla madre per chiarire quei lontani affari di don Vito sulla rotta Palermo-Milano.
ENIGMI E TESORI Intanto la Corte d’Appello di Palermo ha depositato le motivazioni della condanna per riciclaggio al figlio di don Vito a tre anni e mezzo. Le motivazioni da un lato descrivono Massimo come un ”personaggio enigmatico” interessato soprattutto a conservare il tesoro del padre. Dall’altro aggiungono: ”Non può negarsi che Ciancimino a più riprese e soprattutto nella fase d’appello ha espresso un suo personale contributo chiarificatore della complessa vicenda, anche se tale contributo si è rivelato parziale”.