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 2010  luglio 24 Sabato calendario

RETE MOBILE A RISCHIO COLLASSO, PER VOCE ARANCIO


«L’Italia è il secondo paese europeo per diffusione della banda larga mobile. Ma se non interveniamo rapidamente, con il tasso attuale di diffusione degli smartphone, la nostra rete mobile rischia il collasso» (Corrado Calabrò, presidente dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni).

Tra chiavette usb e smartphone, le velocità promesse dalle pubblicità per la navigazione internet mobile si scontrano già ora con una realtà il più delle volte inferiore alle aspettative. Certo, le chiavette possono arrivare davvero a 7 o 14 milioni di bit al secondo (Mbps). Addirittura, quelle più recenti fanno sognare i 28. Insomma, più veloci della linea Adsl di casa. In condizioni ideali, però. Poi, a conti fatti, secondo le misurazioni effettuate dalle associazioni dei consumatori, è difficile che vengano superati i 2 Mbps, e spesso si va molto più lenti. Questo per il presente, e le previsioni, già entro pochi mesi, sono molto più nere, fino a parlare, come ha fatto il presidente dell’Authority, di un possibile collasso della rete. Letteralmente schiacciata dal peso del proprio successo.

In questi mesi in Italia è stato raggiunto il traguardo dei 15 milioni di utenti che in qualche modo accedono a servizi Internet senza filo. Con gli smartphone, prima di tutto, per i quali l’Italia si piazza tra i primissimi posti a livello mondiale. Partiti come utile strumento per controllare la posta elettronica o tenersi in contatto con il proprio lavoro senza necessariamente accendere ogni volta il computer portatile, i telefonini ”intelligenti” stanno occupando sempre più spazio sia nella vita delle persone che, e questo è il guaio, nell’intasamento delle loro vie di comunicazione.

Quelli più recenti (a cominciare da iPhone e Blackberry), infatti, fanno quasi tutto ”always on”, sempre connessi alla rete. Scambiano dati in ogni istante del loro funzionamento, non solo quando si telefona o si naviga. Questo li porta, secondo una ricerca condotta dalla società americana Airvana, a occupare la rete fino ad otto volte di più di quanto non faccia un comune pc collegato con la chiavetta. Le conseguenze non si sono fatte attendere, a partire dagli Stati Uniti, dove proprio sugli iPhone (che si collegano esclusivamente attraverso la società AT&T) si è scatenata una tempesta per i numerosi disservizi, che sono arrivati all’impossibilità di usare il gadget con la mela anche solo per una banale telefonata.

Per quanto riguarda le chiavette usb per pc, le campagne pubblicitarie degli ultimi mesi da parte delle compagnie telefoniche hanno fatto passare l’idea che fosse possibile fare a meno della connessione Internet via cavo, la classica Adsl, sostituendola senza problemi da quella wireless. E le delusioni non sono mancate.

Il concetto da tenere presente è la cosiddetta ”larghezza di banda”. I telefonini più classici, con il sistema Gsm, erano di fatto studiati per la sola voce. Un minimo di applicazioni dati, come la posta elettronica e la navigazione web, sono arrivati con l’aggiunta del sistema Gprs e di una sua variante decisamente più veloce: Edge, che però non è stata installata da tutte le compagnie telefoniche. Fino a qui, secondo la classificazione usata a livello internazionale, si era arrivati alla generazione 2.5 della telefonia mobile (alla 1 appartenevano i cellulari analogici Tacs, i primissimi).

Ciò che ha rivoluzionato il mercato dei dati mobili, però, è l’arrivo della cosiddetta terza generazione (3G). Anche se lo stesso Edge viene spesso inserito in questa categoria, in realtà è stato il sistema Umts a favorire l’esplosione di un mercato che fino a pochi anni fa era limitato ai pochi che avevano assolutamente bisogno di connettersi a Internet in qualsiasi momento. A differenza dei predecessori, Umts scambia i dati (anche quelli audio della telefonata) con un sistema ”a pacchetto”: le informazioni di più utenti viaggiano tutte insieme, anche condividendo lo stesso canale. Sta ai sistemi di codifica e decodifica estrarre quelle destinate al nostro cellulare separandole dagli altri utenti che possono essere nelle vicinanze. Molto simile alla tecnologia Ip di Internet.

La caratteristica principale dell’Umts è la maggiore velocità di scambio dei dati. Il sistema, attraverso i suoi vari ”dialetti” come Hsdpa e Hsupa, può attualmente arrivare a 14 Mbps (per fare un paragone lungo gli anni: il Gsm ha come limite 14,4 Kbps, mille volte meno) e andare anche oltre.

Tutti valori teorici, però. Ogni nuovo cellulare o chiavetta che si collega alle reti mobili va ad appesantirle, ed è quello che è successo massicciamente negli ultimi mesi un po’ in tutto il mondo. Le frequenze radio usate dai sistemi 3G non sono infinite, e così i ”pacchetti” destinati al nostro telefonino o al nostro pc devono viaggiare assieme a tanti altri. Il risultato è la lentezza delle comunicazioni, e il possibile collasso della rete ventilato da Calabrò.

Molto importante, quando si fanno certi conti, non è solo il numero di utenti, ma anche cosa fanno sulla rete. Chi si limita a navigare sul web scarica una pagina, la legge e poi clicca su qualcos’altro. Tutto sommato il numero di dati scambiato non è enorme. Stessa cosa per controllare la posta elettronica. Ma se un ragazzo vuole vedersi un video da Youtube, allora sì che le cose cambiano drasticamente. Questo solo per i servizi Internet. Se poi, come si diceva, abbiamo un cellulare che fa tutto in rete, sempre collegato, allora ”peseremo” molto di più.

Le possibili soluzioni all’intasamento della rete mobile passano su più livelli. Quella più immediata (e indubbiamente economica per le imprese telefoniche) è la limitazione del traffico: costringere gli utenti a navigare meno. Il dito è puntato contro le cosiddette tariffe flat, quelle per cui si paga un tanto al mese e si naviga quanto si vuole. Proprio il problema esploso tra le mani della AT&T per gli iPhone. Ma di fatto in Italia un vero flat (tipo quello offerto per le connessioni Adsl) non è mai decollato sul serio per le connessioni mobili.

Una seconda strada è lo sviluppo tecnologico. La quarta generazione, promessa dal sistema Lte (Long term evolution) promette cifre impressionanti: 100 Mps in download (la ricezione dati) e 50 in upload (la trasmissione dal nostro apparecchio verso la rete). Di fatto, Lte è un perfezionamento dell’Umts. Attualmente in funzione a livello sperimentale solo in alcune capitali scandinave, la diffusione del nuovo sistema comincerà sul serio solo il prossimo anno, anche se le previsioni dicono che si dovrà aspettare il 2015 per averlo disponibile sul serio.

Senza invocare innovazioni tecnologiche rivoluzionarie (ma sempre spendendo un bel po’ di soldi), le compagnie telefoniche potranno poi avviare subito un programma di miglioramento delle trasmissioni tra i ponti ripetitori e la rete via cavo, le cosiddette ”dorsali”. Un sistema Lte permetterà di scambiare dati ad alta velocità tra il nostro cellulare o la nostra chiavetta e l’antenna più vicina, ma sarebbe fortemente penalizzato se la connessione tra antenna e rete fosse lenta. Nuovi collegamenti con fibre ottiche ad alta velocità sarebbero la soluzione.

E poi c’è il grosso problema delle frequenze radio. E’ lì che si gioca la partita più difficile. Avere più frequenze a disposizione significa mandare i ”pacchetti” dati su più strade parallele anziché intasare quelle esistenti, con un netto aumento della capacità di scambiare dati con qualsiasi protocollo. In tutto il mondo c’è una vera e propria corsa alle frequenze, ma in Italia le cose si stanno muovendo a rilento.

Una miniera d’oro è rappresentata, in questo campo, dalle frequenze che verranno liberate man mano che le televisioni classiche, analogiche, passeranno al digitale. In questo modo si renderanno disponibili delle ”zone” radio particolarmente interessanti: quelle al di sotto di 1 Gigahertz. A queste frequenze, le onde possono passare anche attraverso gli ostacoli, come i muri. Cosa che non riesce affatto bene alle frequenze più alte come quelle oltre i 2 Ghz, usate dal sistema Umts attuale. Risultato: un numero minore di antenne che potranno coprire territori più ampi. Tutti i Paesi europei hanno avviato un programma di vendita degli spazi nell’etere liberati dalle tv. Aste pubbliche in cui gli operatori possono aggiudicarsi frequenze su cui far passare i propri servizi, naturalmente pagando profumatamente. Per fare un esempio: in Germania lo stato ha incassato 4,4 miliardi di euro dall’asta in cui nuove frequenze sono state cedute a Vodafone, Telefonica e Deutsche Telekom.

In Italia la situazione è ancora confusa. Di aste non sembra si parlerà prima del 2015, e l’impostazione attuale è di privilegiare le emittenti televisive rispetto alle compagnie di telefonia mobile.

Infine c’è una possibilità che stenta a decollare, ma che potrebbe dare una grossa mano a risolvere gli ingorghi attuali sulla rete mobile: il wi-fi e i suoi eredi. La tecnologia è ben conosciuta, anzi sta entrando praticamente in tutte le case e gli uffici ogni volta che si prende un router Adsl dotato di antennine. Certo, il wi-fi è studiato solo per piccole distanze: ci si può collegare a massimo cento metri di distanza dall’antennina. Ma è qui che entra in gioco il sistema wi-max. Nella sua versione 2, sarà teoricamente capace di velocità attorno a 300 Mbps. Ma il suo futuro è molto incerto. Il wi-max, secondo molti osservatori, è un sistema nato già morto. Una prova potrebbe essere il fatto che molte aziende produttrici di hardware (tra cui, pare, la Intel) stanno abbandonando i progetti in questo campo.

Wi-fi e wi-max potrebbero costituire, se non un’alternativa, almeno un supporto considerevole alle sovraccariche reti di fonia mobile tradizionale. Del resto il wi-fi è già usato in molti comuni per fornire connettività a velocità ragionevole ai propri cittadini. Così una selva di piccole antenne wi-fi permetterebbe di sicuro un grosso alleggerimento del carico sulle reti Umts. Ma le cose in Italia sono complicate dalle leggi antiterrorismo, che impongono procedure complesse per identificare ogni accesso alle reti internet. Proprio il wi-fi ne fa le spese.

Per il wi-max, in cui ogni antenna copre un raggio di pochi chilometri, molto superiore comuqneu al wi-fi, c’è un problema anche economico: chi vuole investire sul serio in questo campo dovrà costruire da zero le proprie strutture, installare le proprie antenne e collegarle alla rete. Un impegno non da poco, soprattutto considerando che la rincorsa dell’Umts e dell’Lte potrebbe sconfiggerlo rapidamente.