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 2010  luglio 21 Mercoledì calendario

QUANTI MOSTRI NELLA RETE

La fine del mondo? Nel 2012: ci cascano in testa contemporaneamente il pianeta Nubiru e una guerra tra divinità ma­ya. La distruzione delle Torri gemelle? Il risultato di una congiura della Cia, messasi d’ac­cordo con gli alieni e i Savi di Sion. Sì perché, se non lo sapeste, gli ”omini verdi”sono con noi dai tem­pi dell’incidente di Roswell del 1947, mentre noi umani sulla Luna non ci siamo mai stati. Tranquilli, non siamo impazziti causa sole estivo che picchia forte in quel di via Negri, è solo una car­rellata, veramente ridotta all’osso, delle follie che si possono trovare su Internet. Follie che hanno un pubblico enorme e che,per un mo­­tivo o per l’altro, finiscono per attec­chire e fare danno.
Il fatto in se non è una novità, le panzane, spontanee o coltivate, so­no vecchie come il mondo (basta vedere quello che gli scribi dell’anti­co Egitto hanno scritto sulla batta­glia di Kadesh), risalgono a ben pri­ma del World Wide Web. E non cre­diate che in trappole del genere ca­schi solo il popolo bue. Sempre li­mitandoci agli esempi più eccellen­ti e prossimi nel tempo: il filosofo francese Bernard-Henri Levy, gu­ru della gauche- caviar, nel suo ulti­mo libro ha citato ampiamente le idee di Jean Baptiste Botul, vero specialista del pensiero di Kant. Peccato che Botul non sia mai esi­stito, è l’invenzione sia di un giorna­­lista satirico, Frederic Pages. Levy si è scusato molto, a forviarlo recen­sioni e materiali che circolavano in Rete... Stessa sorte per Ségolène Ro­yal che per celebrare la giornata contro la schiavitù ha citato colma di commozione Léon Robert de L’Astran, noto antischiavista del Settecento (inventato di sana pian­ta da qualche burlone su Wikipe­dia).
La Rete semplicemente ha tra­sformato i rumors , le dicerie e le leg­gende in pandemie­mediatiche al­tamente infettive e verso le quali ab­biamo pochi anticorpi.
Per render­sene conto basta leggere un agile saggio di Cass R. Sunstein appena uscito per Feltrinelli, Voci, gossip e false dicerie. Come si diffondono, perché ci crediamo, come possiamo difenderci ( pagg.108,euro 14).Sun­stein, che è uno dei cervelloni a cui si rivolge la Casa Bianca di Obama, ha insegnato in alcune delle più im­portanti università americane ed è considerato uno dei massimi esper­ti de­gli effetti di internet sulla demo­crazia e sulla privacy. Il bilancio che traccia in questo libello è tutt’al­tro che incoraggiante. Con l’ausilio delle scienze sociali elenca alcune caratteristiche insite in tutti gli esse­ri umani ( compresi chi scrive e chi legge questa pagina): siamo pro­grammati per farci un’opinione ( la preferiamo al dubbio) e ci da fasti­dio cambiarla a posteriori; faccia­mo molta fatica a pensarla diversa­mente da chi ci circonda; i concetti ripetuti ci sembrano convincenti; se i pochi dati che abbiamo suffra­gano un ragionamento logico ten­diamo a prenderlo per buono e, per finire, ciò che ci fa paura o ci pa­r­e desiderabile ci manda facilmen­te in cortocircuito.
In questo sistema decisionale «automatizzato» non ci sarebbe niente di male: è ciò che ci consen­t­e di essere animali sociali altamen­te cooperativi, animali sociali che per gran parte della propria storia e preistoria hanno vissuto in piccoli gruppi dove la maggior parte delle cose si vedevano con i propri occhi o erano raccontate da persone di cui ci fidavamo. Ora però il nostro cervello deve fare i conti con input ben diversi. E nella triangolazione tra ciò che sappiamo (sempre poco rispetto allo scibile umano), ciò che ci raccontano (tantissimo) e ciò che desideriamo o temiamo. fi­niamo sempre più spesso per esse­re portati dalla corrente.
Tant’è che Sunstein, che è noto­riamente di area liberal, arriva a chiedersi se in certi casi non serva addirittura una qualche forma di «censura» (chissà che brividi per i senza-bavaglio de noantri ): trova disdicevole che in Kuwait solo l’11% della popolazione creda che gli attentatori dell’11 settembre sia­no arabi, causa disinformazione. A spaventarlo infatti sono soprattut­to gli effetti delle false notizie sul­l’andamento economico, sui mer­cati e sulle elezioni democratiche (vedasi il tiro incrociato contro Obama e Sarah Palin). Perché oltre alle bufale ci sono anche le sòle dif­fuse ad arte. Ma per questa strada arriva inevitabilmente a porsi il fati­dico dubbio: «Chi controlla i con­trollori? ». Allora a partire dalla legi­slazione americana prova a fissare delle mini-regole che andrebbero applicate alla Rete: rafforzare la possibilità di chiedere ritrattazioni e smentite sul web (velocizzando la possibilità di richiesta danni); fis­sare risarcimenti bassi ma rendere molto rapido il sistema; rafforzare il sistema di notice and take down : ti segnalo con prove che un’infor­mazione è sbagliata e tu sei obbliga­to a correggerla.
Lo stesso Sunstein arriva però, quasi subito,a fare i conti con l’ama­ra realtà: sono tutti dei palliativi. La Rete è troppo grande ed esiste un nemico pernicioso: la polarizzazio­ne dei gruppi. Quando un gruppo si aggrega attorno a un’idea spesso l’informazione corretta e neutrale non lo scalfisce più. E allora dopo questo saggio forse conviene legge­re i­l fantascientifico romanzo di An­toine Bello, I falsificatori (Fazi, pagg.526,euro 19,50).L’autore im­magina una misteriosa società in­tenta a manipolare la nostra perce­zione della realtà, da secoli. In fon­do sembra una versione quasi otti­mistica e c’è da scommettere che qualcuno in Rete la prenderà per vera.