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 2010  luglio 22 Giovedì calendario

COSI’ SARA’ L’EGITTO DOPO MUBARAK

Cosa succederà all’Egitto dopo la scomparsa del «farao­ne » Hosni Mubarak dato per gravemente malato dagli esperti del Medio oriente e quasi agonizzante da certi mass media? Rivolte, vittoria degli islamici? Crisi politica e finanziaria? Fine della pace con Israele? Probabilmente nulla di tutto questo per alme­no sei ragioni.
1. Hosni Mubarak, 83en­ne, provato dalla malattia, dall’età e dal lungo uso del po­tere non è ancora fuori gioco. L’incontro, domenica scor­sa, con il primo ministro israe­liano Benjamin Netanyahu al Cairo lo dimostra. Il caso di Fidel Castro prova del resto che le previsioni sulla longevi­t­à dei politici possono rivelar­si sbagliate.
2. Il potere in Egitto, tran­ne la parentesi vagamente de­mocratica britannica, si è sempre mostrato stabile. Do­min­a un popolo infinitamen­te paziente e da secoli abitua­to a obbedire a un’autorità statale piramidale in cui il «Faraone» è il simbolo, custo­de ma non il responsabile del­la sua legittimità.
3. L’Egitto, al contrario di tutti gli altri Paesi ex impero ottomano, è il solo a non ave­re proble­mi di identità e di mi­noranze con aspirazioni poli­tiche.
Non è un Paese arabo anche se arabe sono la sua lin­gua e la sua cultura. Basta par­lare con un tassista che tra­sporta sauditi o siriani per rendersi conto di cosa il popo­lo pensi degli arabi, palestine­si inclusi.
4. L’islam egiziano è sunni­ta, non sciita. Teme la poten­za emergente degli sciiti sot­to la guida rivoluzionaria e espansionista dell’Iran. Quanto la preoccupazione dell’Iran sia reale lo ha recen­temente dimostrato Muba­ra­k stesso in una delle rare in­terviste concesse alla televi­sione israeliana. «Mai (mi ac­coderò) con l’Iran perché vuole cambiare l’Egitto dal di dentro».
5. L’Egitto è sempre stato sottoposto al controllo di mili­tari delegati dal potere otto­mano. Sfruttando lontanan­za e gli intrighi politici di Co­stantinopoli essi si sono resi indipendenti dalla Sublime Porta. Come i mammelucchi sconfitti da Napoleone o i khedive (vicerè) discendenti dal generale albanese Mohammed Ali, modernizza­tore dell’Egitto nel XIX seco­lo. Uno degli aspetti significa­tivi della rivolta degli «Ufficia­li liberi»nel 1952 fu l’aver cre­ato il regime militare indige­no nasseriano, nazionalista tutt’ora al potere.
6 . Sarà la dirigenza di que­sto regime a determinare la successione di Mubarak co­me determinò quella di Ga­mal Abdel Nasser nel 1969 con Anwar El Sadat e quella di Sadat con Mubarak nel 1983. un regime autoritario che non domina soltanto con la forza. Estende il suo con­trollo su tutti i settori dell’eco­nomia nazionalizzata e su una classe imprenditoriale (in parte costituita da ex mili­tari), legata da reti di interessi e matrimoni, che alla stabili­tà del regime, alla continua­zione della pace fredda con Israele e agli aiuti americani, collegati a essa, tiene molto.
La successione a Mubarak sia essa avvenga attraverso le elezioni previste per il prossi­mo anno ( alle quali Mubarak ha rinunciato a presentare per la nona volta la sua candi­datura), sia essa avvenga in anticipo per incapacità del presidente,sarà decisa all’in­terno del Palazzo, non fuori di esso. A emergere come nuovo Faraone potrebbe es­sere un militare (il generale Omar Suleiman 74 anni non molto in salute) o un civile (si specula sul figlio del presi­dente, il quarantenne Gamal Mubarak (nella foto piccola tonda) oppure una combina­zione di personalità ap­partenenti ai due settori. Improbabile appare la scel­t­a di un candi­dato «ester­no » all’est­a­blishment, come Mohammed El Baradei,ex di­r­ettore dell’Agen­zia internazionale per l’energia atomica.
Anche se la sua Aiea ha vinto il premio Nobel, e lui è popo­lare fra gli studenti e gli intel­lettuali, non è un militare; l’appoggio dei Fratelli musul­mani potrebbe essergli di in­tralcio più che di aiuto.
Sospetto agli americani, in­viso a Israele, compromesso con l’Iran,il bisogno dell’esta­blishment di neutralizzarlo potrebbe tuttavia favorire l’emergere di un sconosciuto candidato. Fu il caso di Sa­dat, considerato da tutti il più innocuo, temporaneo, fra i possibili successori di Nas­ser. Fu lui, invece, a rompere l’alleanza militare e la dipen­denza dalla Russia sovietica in favore di quella america­na; a lanciare la prima guerra che piegò Israele e fare una pace con lui mettendo fineal­la politica panaraba dell’Egit­to, salvando l’economia del Paese dalla bancarotta e mu­tando il corso degli eventi in medio oriente.