Giovanna Cavalli, Corriere della Sera 22/07/2010, 22 luglio 2010
DIVORZI RADDOPPIATI DAL 1995. UNA COPPIA DURA QUINDICI ANNI
Scampano due volte consecutive alla crisi del settimo anno e poi scoppiano. E il quindicesimo anniversario lo festeggiano dall’avvocato. Le coppie italiane hanno sempre più il divorzio facile. Lo dice l’Istat: in 13 anni (dal 1995 al 2008) le separazioni sono praticamente raddoppiate (+101%), gli addii definitivi sono aumentati di oltre una volta e mezza (+61%).
Detto con altri numeri: nel 1995, ogni 1.000 matrimoni, si contavano 158 separazioni e 80 divorzi, adesso si arriva rispettivamente a 286 e 179. Nel 2008, calcolano le statistiche rilevate presso le cancellerie dei 165 tribunali civili della penisola, sono state sancite 84.165 separazioni e sentenziati 54.351 divorzi. La durata media dell’unione, finché avvocato non ci separi, è dunque di 15 anni. Si allunga di altri 3, fisiologici, per lo scioglimento definitivo con sentenza del giudice.
L’età media in cui si dice «mio caro/a, basta così» è di circa 45 anni per i mariti e 41 per le mogli (46 e 43 per i divorziati). Ci si lascia più tardi di prima, ma soltanto perché si va all’altare (o in comune) più sui 30 che intorno ai 20. Ma il dato lievita anche perché sono diventate più frequenti le rotture dei rapporti amorosi in cui uno dei due è ultrasessantenne. Insomma, l’italiano è insofferente al giogo nuziale a qualunque età.
E per gli avvocati aumenta il carico di lavoro. «Altroché, e il peggio deve ancora venire» conferma Maretta Scoca, matrimonialista/divorzista di fama. «I legami non reggono, c’è sempre più insofferenza, nessuno ha più la pazienza e la voglia di costruire qualcosa». C’è una spiegazione sentimentale: «La passione finisce. Chi mi dice: "Lo amo come il primo giorno", mente». E una pratica: «Questa legge sul divorzio è sbagliata. Le norme esageratamente a sfavore degli uomini, per cui l’assegno di mantenimento diventa un’assicurazione a vita, fungono da deterrente. Prevedo che, finché sarà così lungo e costoso divorziare, ci si sposerà sempre di meno».
Con tutti i casi infelici che le arrivano in studio, Chiara Simonelli, psicosessuologa della Sapienza, dice che «mi stupisco quando un’unione funziona, vorrei capire qual è il segreto». La sua personale statistica parla di « coppie con enormi problemi. Persone che covano un grande malessere, che magari cercano consolazione nella vita a due e invece si ritrovano all’inferno, con ancora più frustrazioni». Gli italiani, spiega, si lasciano perché «è dura tornare a casa e trovare qualcuno che non ti desidera più e che tu non desideri più. Una delusione dolorosissima». Per quanto, tra la separazione legale e quella del cuore, spesso non c’è coincidenza: «C’è un sacco di gente che, anche dopo aver firmato le carte, ancora segue ossessivamente la vita dell’altro». Sperando che sia il più solitaria e miserabile possibile.
Va detto che la propensione a rimangiarsi il «sì» varia territorialmente. Se il Nord-Ovest ha il record nazionale (363 separazioni su 1.000 matrimoni), al Sud c’è più resistenza (solo 186 su 1.000). Al Centro, tengono un buon ritmo Toscana (350) e Lazio (387). Se non altro, nella cattiva sorte, i coniugi cercano di limitare i danni. Perciò l’86,3 delle separazioni e il 77,3 dei divorzi è consensuale. Si spende meno, si chiude prima.
Giovanna Cavalli