Lettere a Sergio Romano, Corriere della Sera 21/07/2010, 21 luglio 2010
KENNEDY E GIOVANNI XXIII DAL DISGELO AL CONCILIO
Esaminando in una prospettiva storica il ruolo e l’ operato di Kennedy e di Papa Roncalli, è possibile sostenere che essi hanno dato un contributo notevole per cambiare l’ immagine degli Usa e svecchiare la Chiesa nel suo interno?
Giorgio Arcardini giorgio.arcardini@ alice.it
Caro Arcardini, la coppia Kennedy-Roncalli è un tema favorito della letteratura politica e giornalistica. Il primo fu eletto dagli americani perché era giovane e «nuovo»; il secondo fu eletto dal Conclave perché era vecchio e destinato verosimilmente a quello che viene eufemisticamente definito in questi casi un «pontificato di transizione». Me erano entrambi «giovanili» e avevano una capacità di comunicazione straordinariamente superiore a quella dei loro predecessori (Eisenhower e Pio XII). John F. Kennedy sapeva affascinare gli americani con la brillante retorica del suo vangelo civile («non chiedete ciò che il vostro Paese può fare per voi, chiedete ciò che voi potete fare per il vostro Paese»). Angelo Roncalli sapeva rallegrare e conquistare tutti i suoi interlocutori, da quelli del mondo diplomatico di Parigi dove fu nunzio dal 1945 al 1952, ai carcerati di Regina Coeli. Un grande diplomatico svizzero, Carl J. Burckhardt, che lo frequentò a Parigi ed ebbe con lui un rapporto molto cordiale, scrisse: «(...) era pieno di humour, allegro e, nell’ insieme, un vero figlio popolare del Risorgimento, dell’ Illuminismo in generale, razionalista semplificatore, all’ opposto della Chiesa e di tutta la sua pienezza che si esprime con linguaggio di forme e costumi che risalgono alla profondità di antichi misteri». Anche Kennedy, dal canto suo, era pronto a violare tabu e convenzioni. La decisione di scavalcare gli sbarramenti burocratici per stabilire un contatto personale con Kruscev, all’ epoca della crisi dei missili cubani, fu una mossa coraggiosa e geniale. Entrambi ebbero il merito di scongelare il mondo impettito, arcigno e accigliato della guerra fredda. Capisco quindi lo spirito di un libro di Giovanni Mattazzi apparso recentemente presso Arcipelago Edizioni. S’ intitola «Il tempo della speranza. Gli anni di Giovanni XXIII e John F. Kennedy», e riproduce nella sua ultima pagina la copertina della Domenica del Corriere del 29 dicembre 1963. Vi appare una tavola di Walter Molino in cui Kennedy e Roncalli, fianco a fianco, camminano verso l’ orizzonte gettando sul suolo le buone sementi delle loro iniziative e dei loro progetti. Sono, secondo il settimanale del Corriere, «i due seminatori del 1963», elargitori di «benefici frutti» e scomparsi entrambi «nell’ anno che sta per finire». Sarà bene evitare tuttavia che il mito finisca per travisare la realtà. Kennedy fu un eccellente negoziatore, ma la «nuova frontiera» dei diritti umani e sociali, promessa durante la sua campagna elettorale, fu realizzata da Lyndon Johnson, un uomo politico più progressista e risoluto del presidente assassinato. Roncalli fu un coraggioso riformatore, ma il suo Concilio piacque soprattutto ai «cattolici del dialogo» e suscitò paure, resistenze e diffidenze che non si sono ancora placate.
Sergio Romano