Pierluigi Magnaschi, ItaliaOggi 22/7/2010, 22 luglio 2010
LA MALATTIA DI MUBARAK ALTRA TEGOLA PER L’OCCIDENTE
La notizia che il presidente dell’Egitto, Hosni Mubarak, sia affetto da una malattia incurabile si era diffusa da tempo. Ma adesso se ne ha una conferma, se non ufficiale, almeno molto autorevole. Che il lungo «regno» di Mubarak, ai vertici dell’Egitto, e che è durato quasi 30 anni, stesse finendo indipendentemente dalla sua malattia, era nei fatti anche perché Mubarak ha 83 anni. Nelle prossime elezioni presidenziali infatti si prevedeva che il figlio Jamàl avrebbe dovuto sostituirlo alla presidenza della repubblica, anche se molti paventavano (e paventano) questa ipotesi, dato che temono il pericolo di una dittatura famigliare che sarebbe destinata ad aggravare la già endemica corruzione che grava su questo paese e che ha già coinvolto il primogenito di Mubarak, Alà, in uno scandalo connesso con le privatizzazioni del 2000. Mubarak, che è a capo di un paese di quasi 80 milioni di abitanti e che è il secondo paese più popolato dell’Africa, forte della sua formazione militare (proviene infatti dalle fila dell’Aeronautica militare egiziana) e di una Costituzione, quella del ’71, che gli permette di usare le maniere forti nei confronti degli oppositori, ha guidato con il pugno di ferro il suo paese, assicurandogli, quanto meno, la stabilità. L’Egitto infatti è il paese nel quale è nata l’associazione dei Fratelli musulmani che, in termini di fondamentalismo islamico e di ferocia, non è per nulla seconda ai talebani di Al Qaeda. In Egitto, Mubarak li ha neutralizzati, usando metodi brutali ed impedendo loro di presentarsi alle elezioni, anche se la loro presenza è stata tutt’altro che debellata. Essi sono stati solo silenziati ma i leader del movimento estremista, che non hanno mai cessato di tessere la loro ragnatela eversiva, sono sempre pronti a rialzare la cresta. Sul piano internazionale, Mubarak è stato un grande stabilizzatore del Medio Oriente. I suo fanti, ad esempio, furono i primi soldati stranieri ad entrare nel Kuwait per battersi contro le truppe irachene di Saddam Hussein. Non solo, l’Egitto, per sua scelta, intrattiene rapporti diplomatici con Israele. Rapporti contrastati, difficili, ma pur tuttavia esistenti. Chi succederà a Mubarak, riuscirà a tenere la barra dell’equilibrio? Oppure l’Egitto finirà per collocarsi a fianco dei regimi più oltranzisti del Medio Oriente? In ogni caso, nel giro di pochi mesi, ad Israele e all’intero Occidente rischiano di venir meno due interlocutori strategici nell’area del Medio Oriente. La Turchia infatti è diventata problematica e l’Egitto potrebbe diventarlo. Entrambi poi sono, sul piano economico, aree nelle quali il business internazionale ed europeo si è meglio insediato. Continuerà questo flirt?