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 2010  luglio 22 Giovedì calendario

Notizie tratte da: Nouriel Roubini, Stephen Mihm, La crisi non è finita, Feltrinelli 2010, titolo originale: Crisis Economics

Notizie tratte da: Nouriel Roubini, Stephen Mihm, La crisi non è finita, Feltrinelli 2010, titolo originale: Crisis Economics. A Crash Course in the Future of Finance, pp. 400, 19 euro.

Rif. Libro in Gocce Sch. 1386069
Rif. Libro Biblioteca Sch. 1386070

INFERNO. «Il capitalismo senza fallimento è come il cristianesimo senza l’inferno» (l’astronauta Frank Borman, presidente della Eastern Airlines negli anni Ottanta).
OPERE. Nella storia del capitalismo moderno le crisi sono la regola, non l’eccezione. Sono emerse parallelamente al capitalismo ai primi del Diciassettesimo secolo, e come le opere messe in scena da Shakespeare all’epoca sono pervenute fino a noi in forma pressoché immutata. La scenografia può mutare, e così il pubblico, ma tutto il resto – il cast dei personaggi, l’ordine degli atti e persino le battute – rimangono straordinariamente coerenti da una crisi all’altra e da un secolo all’altro.
TULIPANI. Con l’emergere dei Paesi Bassi quale prima potenza capitalistica del mondo, nel Cinquecento, si verificò la prima crisi dovuta a una bolla speculativa. Negli anni Trenta del Seicento il paese fu dominato dalla mania dei tulipani, con gli speculatori che fecero schizzare a livelli stratosferici i prezzi dei bulbi più rari.
POYAS. Negli anni ”20 dell’Ottocento in Inghilterra, complici i bassi tassi applicati dalla banca centrale, si formò una bolla degli investimenti nel mercato emergente del Perù. Ci fu una frode colossale, con investitori creduloni che acquistavano i titoli di Stato di una nazione immaginaria chiamata Republica de Poyas. Un commentatore del tempo: «Un periodo di violenza frenetica, quasi inconcepibile, non eravi quasi nessuno il quale avesse fiducia in altri, il credito era sospeso, il Paese si trovava vicinissimo a ricadere nello stadio del baratto». Nel 1828 il Brasile era rimasto l’unico stato sudamericano non inadempiente sul debito pubblico.
COPIONI. Quasi tutte le crisi hanno inizio allo stesso modo: sotto tono. Alcuni sviluppi impercettibili creano la scena per il vero dramma che deve venire. Quindi serve un catalizzatore: può essere la carenza di una materia prima molto ambita o l’apertura di un nuovo mercato all’estero, o ancora un’innovazione tecnologica (o finanziaria). Il credito ha costi particolarmente bassi e consente il generarsi di una bolla. A un certo punto le bolle diventano auto sostenute, abbandonando ogni fondamentale economico. Dopodiché spuntano i visionari che spiegano che il boom andrà avanti perché ”questa volta è diverso”. Quando arrivano questi vuol dire che la situazione è già fuori controllo. Poi la bolla smette di gonfiarsi e arriva il dissesto con la conseguente fuga degli investitori.
MARX. La storia non ha ancora dato ragione a Marx. Ma la sua tesi più generale – che la crisi è un atto endemico del capitalismo – costituisce un’intuizione estremamente importante: dopo Marx, gli economisti hanno dovuto fare i conti con la possibilità che il capitalismo contenga in sé i germi della propria distruzione.
CRISI. Crisi finanziarie nelle economie emergenti durante gli anni Novanta: Messico nel 1994, Corea, Thailandia, Indonesi e Malaysia nel 1997, Russia, Brasile, Ecuador, Pakistan e Ucraina nel 1998 e 1999, Turchia e Argentina nel 2001.
STORIELLE. Nel quarto trimestre del 2005 i prestiti basati sul valore degli immobili negli Stati Uniti hanno raggiunto un picco di 1000 miliardi di dollari su base annua, consentendo a milioni di famiglie di vivere al di sopra dei propri mezzi. I proprietari di casa statunitensi hanno creduto entusiasti alla storiella secondo cui i prezzi delle abitazioni sarebbero cresciuti del 20% all’anno per sempre. Sulla base di questa convinzione sono andati avanti a indebitarsi.
BOLLA. Nel 2005 l’Economist aveva calcolato che nei cinque anni precedenti il valore totale degli immobili residenziali nelle economie industrializzate era di fatto raddoppiato, con un incremento complessivo di 40mila miliardi di dollari, pari al prodotto interno lordo aggregato di tutti i paesi in questione. Negli Usa l’aumento era stato del 73%, in Australia del 114%, in Spagna del 145%. ”Sembra la più grossa bolla della storia” aveva scritto la rivista.
SPAZZATURA. Nel 2006 negli Stati Uniti il credito era diventato così facilmente accessibile che lo spread tra le ”obbligazioni spazzatura” (i junk bonds) ad alto rischio e i titoli del Tesoro a basso rischio era sceso sotto la soglia del 2,5%. Non si era mai vista una differenza così ridotta.
COMMENTATORI. Dall’editoriale del commentatore finanziario Donald Luskin, sul ”Washington Post” del 14 settembre 2008: «Nell’economia vi sono alcune situazioni problematiche. […] Ma nulla di tutto questo è causa di depressione, o deve indurre a paragoni esagerati con la Grande depressione. […] Chiunque affermi che stiamo per entrare in recessione, specialmente la peggiore mai vista dai tempi della Grande depressione, si sta inventando una propria definizione personale di ”recessione”». Il giorno dopo Lehman Brothers è fallita, il panico ha assunto proporzioni globali, il sistema finanziario internazionale ha subìto un arresto cardiaco, per i due trimestri successivi l’economia globale è entrata in una fase di caduta libera paragonabile a quella della Grande depressione.
CHIAVE. Nel 1907 gli Stati Uniti erano in crisi per l’esplosione di una bolla speculativa sui mercati azionari e sulle case. J.P. Morgan, il banchiere più potente d’America, convocò una serie di riunioni con i vertici del sistema bancario per fermare le corse agli sportelli. Il primo fine settimana di novembre, Morgan invitò i banchieri nella sua biblioteca privata. Quando vide che non acconsentivano a soccorrersi a vicenda, li chiuse in una stanza e mise in tasca la chiave. Alla fine i banchieri capitolarono, e la crisi ebbe termine poco dopo. Sei anni più tardi nasceva la Federal Reserve.
EMULI. Il segretario del Tesoro, Henry Paulson ha cercato di emulare il vecchio Morgan. Il 13 settembre del 2008 ha convocato l’élite finanziara newyorchese negli uffici della Federal Reserve a Manhattan e, evocando lo spirito di Morgan, ha detto ai banchieri riuniti che il compito di gestire la situazione di panico ricadeva su ognuno di loro. «Tutti quanti sono esposti» si racconta che disse ai presenti chiedendo loro di rilevare Lehman. I banchieri hanno fatto ritorno la mattina seguente, senza un accordo.
QUARTO D’ORA. Il primo istituto di credito ad andare a picco per la crisi dei subprime, a fine 2006, avevauna ragione sociale spassosamente impropria. Si chiamava Merit Financial e si dice che avesse dedicato un lungo quarto d’ora ad addestrare i suoi funzionari prima di mandarli in giro ad erogare prestiti spericolati.
INVENZIONI. La Government National Mortgage Association (chiamata Ginnie Mae) ha creato i primi titoli garantiti da mutui ipotecari (le mortgage-backed Securities) negli anni sessanta. In pratica radunava i mutui erogati e emetteva obbligazioni sulla base di questi crediti, così da recuperare subito un pagamento che invece sarebbe arrivato in 30 anni. Era la prima cartolarizzazione.
TUTTO. Quando è scoppiata la crisi la cartolarizzazione era stata applicata a: leasing aeronautici, proventi dalle concessioni forestali e minerarie, privilegi tributari, ricavi dei trasmettitori radiofonici, locazione di imbarcazioni, entrate dei governi statali e locali, royalty dei gruppi rock. Da un manuale sulla gestione del rischio, del 2001: «A volte sembra che si possa cartolarizzare quasi tutto».
CDO. Sigla che sta per collateralized debt obligations. Si prende un mucchio di mutui subprime di rating BBB, incerti e rischiosi, li si impacchetta in un titolo garantito da mutui ipotecari, sempre di rating BBB, viene suddiviso in tranche di rischiosità: la più rischiosa ha il miglior rendimento, e via a scendere. Prima della crisi la tranche meno rischiosa otteneva quasi sempre un rating di AAA. Così si trasforma la spazzatura finanziaria in titoli placcati in oro.
DIECI MILIONI. Prendiamo 100 titoli garantiti da attività, degli asset-backed Securities, e combiniamoli in un Cdo. Prendiamo 100 Cdo così composti e combiniamoli in un Cdo2. Chi comprasse un titoli del genere dovrebbe riuscire a valutare la qualità di dieci milioni di prestiti sottostanti. Lo farà? Ovviamente no.
RATING. Le agenzie di rating avevano tutti i motivi per dare un rating elevato ai titoli che esaminavano. Alla vigilia della crisi oltre il 50% dei loro profitti arrivavano dalla distribuzione di rating AAA, molti dei quali immeritati, a esotici prodotti finanziari strutturati.
GRAMM. Il mercato dei credit default swaps, che permettono all’acquirente di comprare un’assicurazione per proteggersi dall’inadempienza su titoli obbligazionari, è stato sottratto alla regolamentazione da Phil Gramm, economista liberista e senatore repubblicano che a questo scopo ha allegato a una legge di bilancio del 2000 il Commodity Futures Modernization Act. La legge non è mai stata discussa né al Senato né alla Camera. Nemmeno dieci anni dopo, con un mercato di oltre 60mila miliardi di dollari, i cds sono diventati una delle massime fonti di rischio sistemico.
CAMPO MINATO. Alla fine del 2007 è prevalsa una grande incertezza, perché il mercato dei cds era fuori dalle transazioni regolamentate. Il sistema finanziario somigliava a un campo minato dove alcune mine erano esplose, ma la maggior parte restava sotterrata in attesa degli ignari.
ROULETTE RUSSA. I mercati non temono il rischio, ma l’incertezza: il rischio può essere valutato con probabilità, all’incertezza invece non si può attribuire prezzo. come in una roulette russa. Se due uomini preparano la pistola inserendo un proiettile in un tamburo da sei conoscono il rischio che corrono. Se invece la pistola l’ha preparata qualcun altro, e loro non sanno quanti proiettili contiene, allora quella è incertezza. Le probabilità di morire non si possono quantificare.
MORAL HAZARD. la propensione dell’individuo ad assumersi rischi che tenderebbe normalmente ad evitare, ben sapendo che altri si faranno carico delle conseguenze negative delle sue decisioni e interverranno a salvare chi si è esposto a tali rischi.
GREENSPAN PUT. Gestendo passivamente la crisi delle dot.com negli anni Novanta, l’ex numero uno della Fed, Alan Greenspan, ha lasciato che si creasse la ”Greenspan put”, che per i trader era diventata un articolo di fede: i mercati credevano che la Fed sarebbe intervenuta a salvare gli operatori imprudenti rovinati dallo scoppio di una bolla. Questo ha generato rischio morale su larga scala, e la colpa è tutta di Greenspan.
CIOTOLE. L’ex presidente della Fed, William McChensey Martin, una volta disse che il compito della banca centrale è quello di «portare via la ciotola del punch appena la festa comincia a scaldarsi». Cioè alzare i tassi di interesse quando si sta creando una bolla.
BERNANKE. Ben Bernanke è stato messo alla guida della Fed nel 2006. Una coincidenza straordinaria, poiché non è un banchiere centrale qualunque, ma una delle maggiori autorità mondiali in materia di Grande depressione. Come Milton Friedman e Anna Schwartz, Bernanke è convinto che la Grande depressione sia stata provocata dalla politica restrittiva della Fed.
COLPA. Nel 2002, al compleanno di Friedman, Bernanke ha tenuto un discorso sulla Grande depressione. E a Friedman ha detto: «Avete ragione, è stata colpa nostra. Ce ne dispiace. Ma grazie a voi, non capiterà࿬ più».
MANO INVISIBILE. Alcuni economisti sono convinti che i mercati sono estremamente razionali ed efficienti. Opere fondamentali: la Ricchezza delle nazioni, di Adam Smith, e la Théorie de la spéculation, di Luois Bachelier, pubblicata nel 1900. Per Smith esiste una ”mano invisibile” che bilancia i vari interessi egoistici facendo funzionare perfettamente il mercato. Secondo Bachelier non è possibile che un’attività venga sottovalutata o sopravvalutata, poiché il mercato riesce sempre a riflettere perfettamente i fondamentali sottostanti. Grandi seguaci: il dipartimento di Economia dell’Università di Chicago.
BATTUTE. Battuta molto popolare tra gli economisti contrari alla mano invisibile: un economista e un amico camminano per strada, quando vedono una banconota da cento dollari sul marciapiede. L’amico si china per raccoglierla, ma l’economista lo ferma dicendo: ”Lascia perdere. Se fosse stata una vera banconota da cento, qualcuno l’avrebbe già raccolta.
INSTABILE. All’opposto stanno gli economisti che considerano il mercato molto inefficiente. Il critico più vigoroso è Robert Shiller, economista di Yale: il suo lavoro, e quello dei suoi allievi, suggerisce che il capitalismo è un sistema che va soggetto a ”euforia irrazionale” e pessimismo infondato. In altre parole, è un sistema straordinariamente instabile.
PPIP. La soluzione scelta dalla Fed per risolvere il problema delle attività tossiche è forse uno degli approcci peggiori possibili. Il Public-Private Investment Progam da 1000 miliardi di dollari varato nel 2009 offre finanziamenti a basso costo agli investitori privati che vogliono partecipare alle aste con cui le banche vendono i propri titoli tossici. L’investitore, in qualsiasi momento, può uscire dal prestito e lasciare gli asset allo Stato, scaricando sui contribuenti tutti i costi.
SIGLE. Prima di questa crisi la Fed non aveva mai usato i suoi poteri d’emergenza per finanziare istituti che non raccoglievano depositi bancari. Dal 2007 in poi la Banca centrale ha introdotto parecchi strumenti dagli acronimi bizzarri: Cpff, cioè Commercial Paper Funding Facility; Mmiff, cioèè Money Market Investor Funding Facility; e il più impronunciabile di tutti, l’Asset-Backed Commercial Paper Money Market Mutual Fund Liquidity Facility, ovvero l’Abcpmmmflf. Con questi strumenti la Fed e altre banche centrali si sono trasformate da prestatori di ultima istanza in prestatori di prima, ultima e unica istanza.
MERITO. Citigroup per quattro volte è stata salvata dal fallimento grazie ai soldi pubblici. successo durante la Grande depressione, nei primi anni Ottanta per la crisi messicana, dieci anni dopo per quella degli immobili commerciali, nell’ultima crisi finanziaria. Una banca che ha bisogno di tutto questo aiuto non merita di esistere.
MILIONI. I colossi della finanza hanno finanziato i candidati alle presidenziali del 2008 con 311 milioni di dollari.
MONDI. Adesso viviamo nel peggiore dei mondi possibili. Molti operatori too big to fail hanno beneficiato di operazioni di salvataggio e prevedono di beneficiarne ancora nell’eventualità di crisi future. Questi istituti finanziari non sono stati ancora sottoposti a un attento scrutinio da parte delle autorità di vigilanza, e non esiste attualmente un sistema per porli in liquidazione in caso di bisogno. Intanto si sono ributtate nelle speculazioni più rischiose.
LA NUOVA BOLLA. Il rischio maggiore adesso viene dai carry trade in dollari. In queste operazioni gli investitori contraggono prestiti in una valuta a tassi di interesse bassi (come il dollaro) e li investono in paesi dove i rendimenti sono più elevati. Presto o tardi le operazioni di carry trade saranno liquidate, la Fed terminerà i suoi programmi di acquisto di asset e il dollaro si stabilizzerà. Se il processo sarà troppo veloce, gli investitori si copriranno, venderanno dollari e a quel punto la bolla scoppierà.
FORZIERI. Oggi il dollaro ricopre il ruolo che a suo tempo spettava all’oro. Un suo crollo avrebbe oggi lo stesso effetto che si sarebbe prodotto se i reggenti e i banchieri dei secoli passati, nell’aprire i forzieri, avessero scoperto che le loro preziose monete si erano trasformate in polvere.
INTELLIGENTI. Gennaio 2009, ultimi giorni della presidenza Bush. L’Associated Press chiede al vicepresidente Dick Cheney perché l’amministrazione non avesse saputo prevedere la più pesante crisi finanziaria dai tempi della Grande depressione. Cheney: «Nessuno è stato così intelligente da riuscire a capirlo».