Pietro Locascio, il Fatto Quotidiano 21/7/2010;, 21 luglio 2010
TROPPA MAFIA E POLITICA, VIA DIRETTORE E SEI GIORNALISTI
L’editore chiama il direttore. Da oggi voglio avere una maggiore presenza nel lavoro della redazione e nella fattura del giornale. Il direttore non accetta (’non siamo nella Corea del Nord”) e sbatte la porta, e con lui il caporedattore e altri cinque tra vice e capiservizio importanti. Accade in Calabria e il quotidiano si chiama CalabriaOra. Un giornale che dal 2006 ha già macinato due direttori, Paride Leporace, il primo, Paolo Pollichieni il secondo che va via ”e non per mia volontà”, ha scritto nel suo ultimo editoriale spiegando le ragioni del suo contrasto con Pietro Citrigno e Fausto Aquino, due imprenditori di Cosenza impegnati nel settore dell’edilizia e della sanità. Editoriale che in Calabria hanno letto in pochi, insieme alla prima pagina (’E Peppe incontrò il mafioso”, titolo, occhiello ”A Milano Scopelliti vide più volte l’ambasciatore del clan De Stefano”), per un guasto alle rotative, si giustificano gli editori. ”Sapevo, e con me i colleghi, che raccontando anche i retroscena più inquietanti di quella zona grigia che è il vero capitale sociale della ”ndrangheta, avremmo pagato dei prezzi altissimi. Nessun politico importante di questa regione poteva rimanere indifferente agli articoli che parlavano delle sue equivoche frequentazioni, di quei banchetti dove con i mafiosi brindavano politici eccellenti. Sapevamo che il potere avrebbe esercitato tutte le pressioni possibili per chiedere la testa del direttore di questo giornale”, si legge nell’editoriale di addio. Il riferimento è alla pubblicazione di un articolo che racconta di un ricevimento organizzato nel 2006 da due imprenditori poi arrestati per mafia al quale partecipò anche l’attuale governatore Peppe Scopelliti, all’epoca sindaco di Reggio. Diversa la spiegazione degli editori. ”Nessuna pressione. Qui non si tratta di entrare nel merito della linea del giornale, ma di riportare una linea di equilibrio tra chi fa il giornale e chi gli offre i mezzi per andare avanti. Certo, le copie vendute sono, e in maniera notevole aumentate, ma questo non è solo merito della redazione”. I giornalisti di CalabriaOra sono in agitazione.
”Trovo singolare – dice il direttore – che gli editori ammettano la crescita delle copie, 3mila quando ho preso il giornale, 8mila con punte di 15mila in questi giorni di grandi inchieste giudiziarie, e poi decidano la mia immediata sostituzione pur non avendo ancora un direttore responsabile”. Pollichieni è stato per anni inviato della Polipress, collaboratore di ”Mixer” e di Enrico Deaglio, fino a diventare capo della redazione calabrese della Gazzetta del Sud. Il 14 luglio 1998 si salvò per puro caso da un attentato, una bomba con telecomando, posta nel garage di casa sua, poi alla fine degli anni Novanta il coinvolgimento in una brutta inchiesta giudiziaria su tangenti nella sanità e ”ndrangheta. ”Ne sono uscito a testa alta, assolto con formula ampia e risarcito con centinaia di migliaia di euro. Ricordo che a condurre le indagini fu il Ros del capitano De Donno, che oggi ha qualche problema a Palermo. Anche allora a Reggio agiva lo stesso grumo di interessi di oggi: volevano colpire il sindaco della primavera, Italo Falcomatà, e il sottoscritto che lo sosteneva. Italo ebbe 36 procedimenti aperti, tutti archiviati un anno dopo la sua morte. Io sono ancora qui”. Clima pessimo in Calabria, dove in molti temono lo tsunami delle inchieste su mafia e politica. Tanti i messaggi di solidarietà alla redazione. Per Vincenzo Macrì, Procuratore nazionale antimafia aggiunto, ”le dimissioni di Paolo Pollichieni da direttore di CalabriaOra, insieme a quelle di altri redattori del giornale, equivalgono alla chiusura di una delle fonti di informazione più attendibili e qualificate sul fronte dell’antimafia. E’ un segnale sicuramente negativo, che dimostra la forza di intimidazione e di condizionamento che la ”ndrangheta sa esercitare non solo direttamente (come dimostrano le numerose minacce ai redattori ed allo stesso direttore), ma anche attraverso i suoi esponenti e referenti politici e istituzionali”.