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 2010  luglio 20 Martedì calendario

PROCESSO ALL’EREDIT DI KAFKA

Per un’ironia che si potrebbe definire senza forzature kafkiana, la vita e l’opera del celebre autore praghese sembrano destinate a non uscire dal circuito delle grandi istituzioni economiche.
Una massa di scritti e di documenti, lettere e disegni giace da quasi 50 anni nel caveau di una banca svizzera, l’Ubs, e in quelli di sei banche di Tel Aviv. Ma già a vent’anni Franz Kafka era entrato nelle italiane Assicurazioni Generali, dove era rimasto solo nove mesi perché l’orario gli impediva di scrivere.Era poco dopo passato all’Istituto assicurativo per i lavoratori, dove rimase fino al precoce pensionamento, per motivi di salute, nel 1922. Malgrado i mugugni dello scrittore, le successive promozioni ottenute parlano da sole, come le testimonianze sull’unanime affetto dei colleghi e dei superiori.
Il nuovo impiego gli lasciava liberi i pomeriggi per scrivere e le notti per divertirsi con gli amici come Max Brod, che fortunatamente non ha obbedito alle sue ultime volontà e si è rifiutato di bruciare le sue carte.
Il risultato è che quello che Brod definiva «l’enfant gaté» (viziato) dell’ufficio, è tornato tra le solide mura del grande capitale che lo hanno imprigionato e protetto. Protetto al punto, in Israele, da vietare la pubblicazione del contenuto di quei fogli, ma non da salvarlo dal dedalo processuale in cui a suo tempo finì l’erede, figlia del segretario di Max Brod. Esther Hoffe fu fermata in aeroporto prima che riuscisse a volare in Svizzera con parte dell’eredità di Kafka. Ma una seconda volta riuscì invece a violare la sorveglianza israeliana, facendo pervenire da Sotheby’s, a Londra, il manoscritto del Processo,
venduto poi a un prezzo elevatissimo al governo tedesco. Alla sua morte le sue figlie depositarono il lascito nelle cassette di sicurezza di Zurigo e di Tel Aviv. E da allora ferve la lotta giudiziaria tra la Biblioteca nazionale di Israele e le figlie di Esther. Lo stato vorrebbe ospitare il fondo nei suoi archivi, mentre gli eredi vorrebbero venderlo. Che succederà? Ieri intanto sono state aperte quattro casseforti blindate dell’Ubs di Zurigo, contenenti quei manoscritti e disegni, su ordine di un tribunale israeliano.
FOTOTECA GILARDI
Cosa uscirà dal materiale finora addormentato nel caveau lo sapremo solo nelle prossime settimane.
A volte, la lotta per l’eredità è silenziosa, ma efficace. Il capitale dei diritti di Cuore , destinato dal figlio di Edmondo de Amicis al comune di Torino per borse di studio per i bambini poveri, è misteriosamente scomparso. O meglio ne sono rimaste 83 sterline d’oro. Ben diversa l’intricata eredità di Antoine de Saint-Exupéry. Sembra che la vedova, una vulcanica sudamericana, avesse esibito false lettere che le assegnavano i diritti d’autore del marito. La madre del defunto aveva preferito evitare lo scandalo e dividere in parti uguali. Ma oggi gli eredi di entrambi si scontrano ancora sul lascito del Piccolo principe.
Una scrittrice con cui Italo Calvino ebbe una focosa relazione, Elsa de’ Giorgi, ha dedicato addirittura un libro
L’eredità Contini Bonacossi: l’ambiguo rigore del vero , alla sua tenace lotta per una favolosa collezione d’arte, la controversa eredità del marito, impiccatosi in un residence di Washington. A volte la scomparsa del defunto esplicita violentemente i sentimenti dell’erede. Quando Jean-Paul Sartre morì lasciando tutto alla figlia adottiva, la compagna di lui Simone de Beauvoir non ebbe neppure il diritto di entrare nell’appartamento del filosofo. Ricevette solo una sedia e un paio di scarpe.
In tempi più recenti, i familiari dello scrittore svedese Stieg Larsson hanno offerto a Eva Gabrielsson – compagna per 32 anni di Larsonn – due milioni di euro per chiudere la contesa sui suoi diritti. Quando scriveva Sulla strada,
Jack Kerouac non sapeva che il testamento della sua unica erede, la madre, in favore della sua terza moglie, sarebbe stato giudicato falso da un tribunale, che ha assegnato i diritti alla seconda moglie. Il contorto caso degli eredi di Antonin Artaud è un vero e proprio "Teatro della crudeltà" che forse non sarebbe dispiaciuto ad Artaud. Decisamente ignorata è stata la volontà di Curzio Malaparte, che aveva lasciato scritto: «Mosso da sentimenti di riconoscenza verso il popolo cinese e allo scopo di rafforzare i rapporti tra Oriente e Occidente, istituisco una fondazione denominata "Curzio Malaparte" al fine di creare una casa di ospitalità, di studio e di lavoro per gli artisti cinesi in Capri ». Invece i parenti si sono vittoriosamente opposti alla decisione, ottenendo l’impareggiabile architettura affacciata sui faraglioni dell’isola.