Sarina Biraghi, Il Tempo 20/7/2010, 20 luglio 2010
LA STILISTA PREFERITA DALLE DONNE ARABE "ABITA" DA HARRODS
Simbolo londinese al pari del Big Ben e di Buckhingham Palace, con i suoi 90mila metri quadri divisi in oltre 330 reparti dove ogni anno passano circa 15 milioni di clienti, Harrods è il tempio del lusso per eccellenza. Dal 1846, quando il droghiere Charles Harrods li fondò, i grandi magazzini di Knightsbridge rispondono all’intramontabile slogan «Tutto per Tutti e Ovunque». Avere «dallo spillo all’elefante» è l’obiettivo anche della Qatar Holding (che già contribuì a salvare la Barclays Bank nel collasso finanziario del credit crunch) subentrata a maggio scorso, alla modica cifra di un miliardo e mezzo di sterline, a Mohammed Al Fayed, l’imprenditore egiziano che aveva rilevato il grande magazzino, dopo una lunga battaglia, nel 1985, con 615 milioni di sterline. Al Fayed, considerato uno degli uomini più ricchi della Gran Bretagna (malgrado gli sia ancora negata la cittadinanza), proprietario anche del club di calcio Fulham nonché dell’Hotel Ritz di Parigi, nel passaggio di testimone oltre a chiedere la conferma del livello di lusso, ha preteso che nel piano seminterrato resti l’altarino con le due grandi foto di Dodi e la principessa Diana con sotto la targa «Innocent victims».
I migliori clienti di Harrods sono le arabe che arrivano ogni pomeriggio dopo le fatidiche 17 a Brompton Road, avvolte nei loro abaya rigorosamente neri che lasciano scoperti soltanto gli occhi bistrati, con sandali Jimmy Choo ai piedi, borse Chanel o Cristian Dior al braccio, mai sole sempre a gruppetti di tre-quattro amiche, poche in cab, per lo più accompagnate dall’autista. Alla stessa ora, gli uomoni (arabi) girano in quest’angolo di South Kensington alla guida di Lamborghini, Porsche, Ferrari e Mercedes. E così, i turisti che escono a sciami dalla metro di Knightsbridge, prima di entrare fanno le foto ad auto di lusso, mai viste così tante insieme e dai colori a volte improbabili. Ritrovarsi da Harrods per lo shopping serale è per le arabe quello che alle nostre latitudini è l’happy hour. Le black lady non le incroci mai all’Arcade, dove i turisti fanno incetta di tè, mug e orsetti di peluche, loro fanno tappa da Hermes, Gucci, Versace, Vuitton, Bulgari e Cartier per acquistare tra amiche, la stessa borsa ipercostosa, uguali scarpe lunari, identico profumo o il medesimo orologio.
Gli abiti, per la verità, li acquistano in anteprima, direttamente sui book trattando al telefono con le commesse che mandano a casa decine di capi. E se già l’haute-couture propone proprio per le donne dell’Islam foulard e sciarpe griffati tipo niqab, da pochi giorni da Harrods c’è anche il corner Das, la linea di abaya extra lusso firmati dalla giovane stilista Hind Beljafla, che ha arricchito di ricami, cristalli, e persino inserti metallici la lunga tunica nera sempre più diffusa nel mondo musulmano. L’obiettivo della Das è quello di conquistare la clientela femminile più esigente, disposta a spendere almeno 5 mila dollari per un capo esclusivo. E la famiglia reale del Qatar, neo proprietaria del tempio del lusso, lo sa.