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 2010  luglio 21 Mercoledì calendario

ABRUZZO, LA REGIONE REGALA AUMENTI AI MANAGER ASL

«Non ci sono soldi per garantire l’assistenza agli sfollati», ha risposto, ieri, il sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente ad un albergatore che protestava per i ritardi nel rimborso delle spese per l’accoglienza ai terremotati. L’ossigeno sta per finire. Le imprese boccheggiano, minacciano di sfrattare chi è rimasto senza un tetto.
Il terremoto però non è uguale per tutti. E non tutti se la passano così male. C’è chi in questi giorni si è visto «aumentare lo stipendio», espressione ormai abolita dai vocabolari italiani, in via di estinzione su tutto il territorio nazionale. Sono i manager della Asl abruzzesi, categoria in controtendenza. In tutti i sensi.
Vengono scelti dai partiti nel mare magnum della sanità pubblica. Lottizzati, spesso criticati ma ricompensati lautamente: stipendi che vanno da un minimo di 120 mila euro ad oltre 200 mila
Il ritocchino salariale deciso in Abruzzo è servito a compensare le sforbiciate (20%) del ministro Brunetta. «Ci siamo limitati ad adeguare il contratto che i dg avevano firmato qualche mese fa - sostiene l’assessore regionale alla Sanità della Regione Abruzzo Lanfranco Venturoni - l’aumento sarà di circa 10 mila euro. Ma era proprio il caso, visto il deficit, i commissariamenti, e tutto il resto? «Si stava creando una situazione assurda - si difende l’assessore - un direttore sanitario guadagna in media il 20% in meno del manager, circa 85 mila euro lordi, molto meno di un primario. Idem per i direttori amministrativi.A Chieti se ne appena dimesso uno. E poi che c’è di male? In Puglia lo ha fatto anche Niki Vendola».
«Vendola? E chi se ne frega! - replica a distanza il consigliere Maurizio Acerbo - Niki faccia quello che vuole, io sto in Abruzzo mica in Puglia e trovo questo aumento, considerando tutti i guai della nostra regione, scandaloso, anzi - scandisce bene - fan-ta-scien-ti-fi-co». Acerbo (Prc) sulla questione ha presentato un’interrogazione, insieme al collega Antonio Saia (Pdci). al presidente della Regione Gianni Chiodi.
In Abruzzo il ritocchino ai manager fa il paio con la storia delle 11 Audi 6 noleggiate per rottamare le Lancia Thesis. Tv al plasma, poltrone in alcantara, lettore Dvd, comando vocale e via accessoriando. Lussi che stridono col clima imposto del dopo-sisma.
E le altre regioni? La legge 69 introdotta da Brunetta pretenderebbe glasnost non solo in fatto di cilindrate. Ma non tutte le Asl si sono adeguate e hanno pubblicato sui loro siti retribuzioni e curriculum. «Il sito è in ristrutturazione - si giustificano quelli della Asl Napoli 1 - e del resto qui in Campania siamo tutti commissariati». Trasparenza e deficit spesso sono inversamente proporzionali. La Lombardia, è in testa all’otto regioni virtuose, è una di quelle che hanno passato a pieni voti l’esame Tremonti e chiuso il bilancio con un avanzo di 29,6 milioni. Nessuna difficoltà, perciò, a far sapere che Luigi Gianoli, manager della Asl di Sondrio, ha guadagnato nel 2009 182.025 euro lordi l’anno.
E ancora: Gian Paolo Zanetta, Casal Monferrato, Piemonte, 171.526. A Trento per sapere quanto guadagna il dirigente della azienda sanitaria (8283 euro netti al mese, più del presidente della Giunta) c’è voluta una mozione votata da tutto il consiglio provinciale.
In Umbria, altra regione virtuosa (+10,4%) i manager guadagnano 120 mila euro più 20 mila di bonus. Alla Asl di Lecce, invece, dopo il ritocchino di 24 mila euro, il dg si porta a casa tanto per gradire 184 mila euro. A Rimini 171 mila, Brindisi 182 mila, Latina 153 mila, alla Asl RmD e RmE 150 mila.
Anche nel modello Emilia Romagna i manager avrebbero voluto arrotondarsi l’assegno ma la giunta ha bloccato tutto. «Non ci sembrava decisamente il momento giusto per farlo», si limita a osservare l’ex assessore alla Sanità Giulio Bissoni. Nelle Marche, infine, i tagli sono arrivati molto prima del dictat di Brunetta. «Un 10% subito e un 20% dopo, ora gli stipendi dei nostri 5 manager oscillano intorno ai 120 milioni - rivendica l’assessore Almerino Mazzoleni - Se non ci siamo fatti pubblicità e perché siamo fatti così. Facciamo fatica a parlare bene di noi stessi».