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 2010  luglio 21 Mercoledì calendario

PETACCHI TORNA L’OMBRA DEL DOPING

Almeno avesse vinto Cunego, che è pure suo compagno di squadra e per la prima volta era nella fuga giusta. O il vecchio Lance Armstrong, chissà che titoli e quanti amarcord. Invece la giornata cominciata davvero male deve finire proprio peggio, Alessandro Petacchi perde pure la maglia verde della classifica a punti, che nella considerazione dei francesi viene subito dopo la gialla. più grave averla riconsegnata al norvegese Hushovd o scendere nella sala colazioni dell’Acta Hotel di Bagneres de Luchon e sentirsi dire: «Ale, guarda che in Italia scrivono che sei sotto inchiesta. Doping. Indagano la magistratura di Padova e la Procura del Coni»? Già di suo Petacchi parla poco, figurarsi adesso.
Quando esce dall’albergo ha l’aria di chi nemmeno sa dove si trovi. Ha scarpette e pantaloncini, ma è senza maglietta. Sale sul pullman della Lampre e si chiudono le porte. «Ale non sapeva niente», dicono i portavoce. Ma ci mette poco a saper tutto. Una telefonata a Virginio Angelini, il suo avvocato. In mezz’ora è pronta una nota che si conclude con le parole «In fede, Alessandro Petacchi», come un verbale dai carabinieri. E’ un avviso di garanzia, mica una sentenza. Ma Petacchi un anno di sospensione se l’era già preso, colpa del salbutamolo, prodotto anti-asma. Ha 36 anni. E l’incubo di un’altra sanzione, se non la radiazione. Vorrebbe dire dimenticarsi le volate, e per sempre.
«Non sapevo niente», ripete quando scende dal pullman, la tappa sta per partire, ci manca solo di prendere una multa per il ritardo. «Non ho ricevuto nessun avviso di garanzia, non ho firmato niente e non so su cosa devo dare chiarimenti - dice con la solita voce bassa, solo un poco più lamentosa -. Il mio avvocato lo sapeva dal 12 luglio, ma io ero già qui al Tour». Era il giorno di riposo a Morzine. «Si vede che mi hanno voluto lasciare tranquillo». E tranquillo, da questo momento, non sarà più. Parte il tappone che va sulle quattro montagne dei Pirenei e lui si mette in coda, a pedalare tra i cattivi pensieri. Arriverà con più di mezz’ora di ritardo, e chi se ne importa della maglia verde.
Sarebbe stato scomodo averla ancora addosso, magari al Tour non sarebbe piaciuto un podio con un corridore sotto inchiesta. «Spero non mi mandino via, dopo due tappe vinte e tanta fatica». Appena rientra in Italia, giovedì 29 luglio ha già fissato l’appuntamento con Benedetto Roberti, il pm di Padova che indaga sull’«utilizzo di sostanze dopanti e pratiche vietate». un’indagine che già aveva sfiorato Petacchi, e si era fermata a Lorenzo Bernucci, amico e compagno di squadra. un’inchiesta sugli ultimi ritrovati dei furbacchioni, medici e corridori. Sostanze chimiche, in questo caso anche il perfluorocarburo (Pcf), che sfuggono ai controlli dell’antidoping.
Pedalando sul Tourmalet, Petacchi si sarà domandato cosa ci sia di nuovo, cosa sia successo, perché lo mettono sotto inchiesta. Corridori, medici, massaggiatori, qualcuno potrebbe aver parlato di Petacchi col pm Roberti. O potrebbe averne parlato, e troppo, al telefono. «A casa mia non hanno trovato niente», assicura. Forse invidia Ivan Basso, che ha il febbrone e potrebbe andarsene a casa subito. Ma sta benone, Petacchi, e voleva arrivare a Parigi in maglia verde. Il Tour non gli chiede di andarsene, la Lampre gli dice di proseguire, «rimanendo comunque in attesa di ulteriori eventuali sviluppi della vicenda in questione». Una solidarietà dovuta. Almeno fino alla fine Tour.