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 2010  luglio 20 Martedì calendario

Di Pietro ha stoppato Vendola. Lo ha fatto in modo netto e rumoroso, dichiarando che il presidente della Puglia può candidarsi alle primarie, ma solo «dopo aver risolto i tanti problemi che affliggono la Puglia, e mi riferisco all’economia a pezzi, ai giovani senza lavoro a cui evidentemente non possono bastare la fabbriche immaginarie, ma ci vogliono quelle reali che a fine mese danno lo stipendio»

Di Pietro ha stoppato Vendola. Lo ha fatto in modo netto e rumoroso, dichiarando che il presidente della Puglia può candidarsi alle primarie, ma solo «dopo aver risolto i tanti problemi che affliggono la Puglia, e mi riferisco all’economia a pezzi, ai giovani senza lavoro a cui evidentemente non possono bastare la fabbriche immaginarie, ma ci vogliono quelle reali che a fine mese danno lo stipendio». E ribadendo poi che il presidente della Puglia passa troppo tempo a fare interviste invece che a lavorare. La decisione di Di Pietro potrebbe sorprendere, se letta in relazione a quanto il presidente dell’Italia dei Valori va dicendo da mesi: cioè che bisogna trovare subito un leader per la coalizione, che serve individuare il prima possibile un candidato per le elezioni politiche. In realtà questa non è la prima volta che Di Pietro riserva a Vendola giudizi fortemente critici. L’estate scorsa disse che il presidente dalla Puglia era «malato di berlusconite». Di recente, durante una puntata di Otto e mezzo, aveva affrontato proprio la questione della leadership dicendo che «alle prossime elezioni devono esserci candidati di destra e di sinistra che rappresentino la pacificazione sociale. Per questo non abbiamo bisogno di Nichi Vendola che rappresenterebbe una fascia estrema di tutta la sinistra». La bocciatura di Di Pietro ha due ragioni. La prima ha a che fare con l’elettorato dell’Italia dei Valori. Dal 2008 a oggi, da quando il flop della Sinistra arcobaleno ha cancellato la rappresentanza parlamentare della sinistra radicale, il partito di Di Pietro non ha fatto altro che crescere: crescere in esposizione mediatica, incalzando il Partito Democratico; crescere in numero di voti e rilevanza politica, sia sul fronte nazionale che sui vari scenari locali. Una crescita che è avvenuta solo in parte a spese del PD, e che si è basata moltissimo invece sulla capacità dell’Italia dei Valori di fare da centro attrattivo per moltissimi ex elettori di Rifondazione Comunista, dei Comunisti Italiani e dei Verdi, orfani dei loro rappresentanti. Di Pietro ha perseguito questa linea con pervicacia, aprendo il suo partito a diversi esponenti con trascorsi nei Democratici di Sinistra (Franco Grillini, Paolo Brutti, Stefano Passigli) e schierandolo su temi storicamente cari alla sinistra e all’ambientalismo italiano, come l’opposizione al nucleare e alla privatizzazione dell’acqua. La discesa in campo di Vendola metterebbe a repentaglio il lavoro di anni: l’abilità retorica idealista e populista del presidente della Puglia, accoppiata all’esposizione mediatica che spetterebbe a un candidato premier, avrebbero la conseguenza di prosciugare in prima istanza proprio il bagaglio di voti dell’IdV, molto più di quanto non potrebbe accadere al PD. La seconda ragione ha a che fare con uno scontro tutto interno all’Italia dei Valori, in piedi ormai da mesi e mai sopito, nonostante l’attualità politica porti altrove l’attenzione degli osservatori: quello tra Antonio Di Pietro e Luigi De Magistris. Se Di Pietro ha dimostrato di avere intenzione di frenare l’ascesa di Vendola, ostacolando la sua candidatura alla leadership del centrosinistra, De Magistris ha evidentemente progetti del tutto opposti. Non è un mistero che l’eurodeputato pensi al presidente della Puglia come al punto di riferimento di un’area che va dall’Italia dei valori al Popolo viola. Lo ha detto così, lo scorso 30 gennaio, durante un’assemblea pubblica in compagnia dello stesso Vendola: «La sinistra, più un pezzo di PD, più un pezzo di IdV… dobbiamo trovare le forme per costruire un movimento di popolo, non un’alchimia nei salotti. La mia elezione a eurodeputato, la sua vittoria in Puglia, dicono che è possibile». Vendola aveva ricambiato il favore, proponendo De Magistris come candidato a sindaco di Napoli. C’è un fatto interessante che aiuta a capire un altro aspetto della questione. All’indomani delle regionali De Magistris, intervistato dal Fatto, aveva auspicato una fusione dell’Idv con Vendola e i grillini. Se la reazione di Vendola era stata positiva, di quella dei grillini non si può dire la stessa cosa. Lo stesso Grillo scrisse – con singolare ed eloquente similitudine a quanto detto ieri da Di Pietro – che De Magistris avrebbe fatto meglio a fare l’europarlamentare, invece che dedicarsi a «giochi di potere». Il Popolo viola è un movimento fluido e poco gerarchico, ma finora tra l’asse Di Pietro-Grillo e quello Vendola-De Magistris i suoi componenti hanno mostrato di vedere più con favore il secondo. E anche per questo Grillo ha liquidato il No Berlusconi Day dello scorso dicembre come «manifestazione pagata dai partiti». Insomma, per quanto possa essere lunga la strada da qui al 2013, Vendola una cosa l’ha già capita: i suoi rivali più agguerriti non verranno dal Partito Democratico.