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 2010  luglio 21 Mercoledì calendario

CALMUCCHIA BUDDHA ALIENI E MACERIE NELLA REPUBBLICA DEGLI SCACCHI

Lenin sembra concentrato sulla scacchiera gigante, ma forse guarda oltre, verso la pagoda rossa e oro che certifica l´anima asiatica e buddista di questa repubblica sulle rive del Caspio fatta di steppa, deserto e una povertà da primato. La piazza principale di Elista è tutta qui: il monumento al padre della Rivoluzione mai rimosso per indolenza e per quieto vivere; le torri sacre benedette dal Dalai Lama in una visita che fece epoca, e le scacchiere da villaggio turistico piazzate in ogni angolo di strada per ricordare a tutti l´ossessione di Stato, imposta dal presidente Kirsan Ilyumzhnov, uno dei più singolari leader di tutta la sterminata Federazione Russa, attuale capo della Fide (federazione mondiale degli scacchi) e famoso per le sue ripetute ammissioni di incontri con gli extraterrestri.
Sembra un posto divertente ma non è così. Lo vedi addentrandoti nell´unica zona pedonale della capitale a fianco del grande viale degli Scacchi. Chioschi che vendono incenso e rosari buddisti; scarpe, vestiti, bacinelle da cucina, occhiali da sole in mostra su stuoie di feltro poggiate in terra. Chiedi di un giornale di opposizione, Sovetskaja Kalmykia, famoso se non altro per la vicenda di Larisa Yudina, giornalista d´assalto e di denuncia, trovata massacrata in un fosso qualche anno fa. L´assassino era un ex collaboratore del presidente ma nessuno ha mai trovato i complici né tantomeno un movente. Il venditore di giornali si guarda attorno e sconsiglia fortemente il prodotto: «Giornale inutile, pieno di menzogne. Non ce l´ho, non lo vuole nessuno». Ma indica un ragazzo in jeans e maglietta che vende sacchetti di plastica su un angolo del marciapiede. Si chiama Ivan, ha i giornali nascosti sotto una stuoia. L´acquisto di una copia si svolge come in un film di spionaggio. Sguardi preoccupati, movimenti furtivi e un gruppo di persone che si ferma ammirato a guardare. Una donna si avvicina e sussurra: «Non c´è libertà. Qui da noi non si può nemmeno parlare». E si perde nella folla tirando dritto a testa bassa, senza voltarsi.
Svanisce così la prima impressione solare e serena della capitale della Calmucchia e le cose peggiorano se ti inoltri per la steppa che circonda Elista. Relitti di fabbriche abbandonate, fattorie fantasma, villaggi disabitati dove mucche e cavalli pascolano fin dentro le case abbandonate e devastate da ladri e sciacalli di ogni genere. «Qui ci abitavano diecimila persone, adesso saranno un centinaio. Sono andati via, a Mosca, all´estero, a cercare qualcosa da fare per poter mangiare».
Semjon Atjev, cinquant´anni, ex politologo, ex giornalista, adesso oppositore tollerato grazie ai suoi contatti con ong internazionali, mostra desolato il panorama di sfacelo. Si avvicina ad un altro busto di Lenin davanti a una scuola chiusa per mancanza di alunni: «Prima eravamo poveri e perseguitati. Adesso siamo completamente ignorati». Destino crudele per un popolo che porta nel nome il suo attaccamento alle sue radici. "I rimasti" è infatti il termine di origine turca con cui si distingue questa popolazione di discendenza mongola che decise di rimanere sugli ingrati pascoli del delta del Volga anche dopo la migrazione verso Ovest dei suoi leader nel 1600. E ostinati nel tornare furono anche di recente dopo la deportazione di massa ordinata da Stalin che li fece trasferire nei campi di concentramento in Siberia su carri bestiame considerandoli pericolosi e inaffidabili. Gli abitanti della Calmucchia moderna sono infatti gli eredi dei sopravvissuti ai gulag che solo nel 1957 ottennero da Krusciov il permesso di tornare in patria. Da allora solo promesse e tentativi di sviluppare un´economia fondata esclusivamente sull´allevamento in un paese senza strutture né materie prime.
Fino all´era del presidente Ilyumzhnov, cominciata nel ”93, tante promesse, un martellamento propagandistico su iniziative e investimenti, la gloria effimera di capitale mondiale degli scacchi. Monumento a un´ossessione è la Città degli scacchi realizzata in fretta e furia a fianco della capitale per le Olimpiadi scacchistiche del ”98. Un villaggio residenziale, già cadente e disabitato adornato da un paio di statuette a forma di pezzi della scacchiera e un ristorante con vista su un lago ormai prosciugato e regno incontrastato delle zanzare. Eppure nel palazzo bianco sede del governo, gli scacchi vengono considerati uno dei motori che dovrebbe risollevare il paese. Il braccio destro di Ilyumzhinov ci illustra per un´ora intera le potenzialità di una pratica che "sviluppa l´intelligenza". Da quando l´arte degli scacchi è diventata materia obbligatoria in prima e seconda elementare, ci sarebbe stata un´impennata di studenti calmucchi ammessi a pieni voti nelle più esclusive facoltà del Paese. Inutile obiettare che, al di là delle scacchiere pubbliche e sempre vuote e di quelle per turisti vendute ad ogni angolo, non si vede nessuno intento a giocare. Che il tentativo di imporre una passione non sembra dare risultati particolari. La risposta è categorica: «Gli scacchi possono ancora fare molto per il nostro paese. Per questo Ilyumzhinov è impegnato allo stremo per restare alla guida della Fide. E´ una questione economica e di immagine che può rilanciare la nostra economia». In strada un venditore di souvenir propone la scacchiera del pastore, in feltro con i pezzi di pietra. Ma davvero ogni pastore ne ha una? Ride: «Ma davvero ci credete?».