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 2010  luglio 21 Mercoledì calendario

BP DOVR RIPULIRE E PAGARE I DANNI" - NEW YORK

David Cameron sperava che la prima visita ufficiale alla Casa Bianca servisse ad affrontare i grandi temi di politica estera, dall´Afghanistan all´Iran, a rilanciare il «rapporto speciale», come lo chiamava Winston Churchill, tra la Gran Bretagna e gli Stati Uniti e ad avvalorare così il suo ruolo sulla scena mondiale.
Ieri il leader conservatore è riuscito senza dubbio a creare un clima amichevole con Barack Obama: dopo il colloquio a tu per tu nello Studio Ovale e una colazione di lavoro, il neo-primo ministro e il presidente americano si chiamano ora per nome e scherzano in pubblico sulla temperatura delle birre. Ma la marea nera della BP, che negli ultimi 3 mesi ha inquinato il Golfo del Messico, ha anche costretto il neo-primo ministro ad occuparsi a Washington più dei contraccolpi ecologici e politici del disastro petrolifero, che non delle sue ambizioni internazionali.
«Capisco la rabbia degli abitanti del Golfo del Messico per le conseguenze della catastrofe sul turismo e sulla pesca», ha detto Cameron. «Il compito della BP è di tappare la falla, pulire le acque e pagare i danni. Ma non bisogna dimenticare l´importanza di BP per i nostri paesi, né confondere la vicenda del Golfo con la liberazione del terrorista libico Abdel Basset al-Megrahi». Che c´entra al-Megrahi? Perché si è parlato alla Casa Bianca del responsabile della strage del 1988 sopra i cieli di Lockerbie, condannato all´ergastolo e poi rimandato nel 2008 a Tripoli dalle autorità scozzesi per ragioni umanitarie? Semplice: non solo la BP è diventata il capro espiatorio di tutte le contraddizioni americane in campo energetico, ma viene accusata da alcuni membri del Congresso di aver convinto il governo scozzese a liberare al-Megrahi per ottenere concessioni petrolifere da Gheddafi. La BP ammette solo di aver premuto per un accordo per il trasferimento di prigionieri tra Londra e Tripoli. Ma i senatori americani guidati da Charles Schumer non demordono e lo stesso segretario di Stato Hillary Clinton ha chiesto un´indagine ufficiale sulle circostanze del rilascio. Di qui la controffensiva di Cameron: ieri alla Casa Bianca ha ricordato di aver condannato - sin dall´anno scorso e senza riserve - la liberazione di al-Megrahi, pur dovendo rispettare l´autonomia decisionale del governo scozzese. Il primo ministro ha promesso di rendere noti altri documenti sulla vicenda, ma ha respinto l´ipotesi di una inchiesta: «Non ce n´è bisogno per sapere che si trattò di una mossa sbagliata». Anche Obama si è scagliato contro la liberazione del terrorista, ricordando che la cosa importante è di evitare un´altra Lockerbie.
Un secondo terreno di frizione tra Stati Uniti e Gran Bretagna riguarda il debito pubblico: Londra ha varato un programma di bilancio molto austero e critica a bassa voce i ritardi della Casa Bianca in questa direzione. Obama si è limitato ieri a sottolineare le differenze tra i due paesi in termini di rapporto tra deficit e pil - la Gran Bretagna è in posizione più fragile - e a promettere il dimezzamento dell´indebitamento nel tempo.
Su altri temi c´è stata invece piena assonanza tra Obama e Cameron. Per l´Afghanistan, dove gli inglesi hanno il secondo contingente dopo quello americano, i due leader hanno confermato che è una battaglia «difficile ma necessaria» e di aver comunque la strategia giusta soprattutto in termini di graduale passaggio delle consegne alle forze armate afgane e di approccio politico oltre che militare. Per l´Iran hanno ribadito l´impegno a una soluzione diplomatica, senza però rinunciare alle sanzioni decise dall´Onu. Ed entrambi hanno voluto ancora una volta sottolineare l´importanza, specie per il futuro, del «rapporto speciale» tra i due paesi.