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 2010  luglio 21 Mercoledì calendario

DAL BAVAGLIO TOTALE AL "FILTRO" COS LA LEGGE STATA STRAVOLTA - ROMA

Quando la partita cominciò, era il 13 giugno del 2008, il governo Berlusconi nato da un poco più di un mese, la legge sulle intercettazioni era tutt´altra cosa da quella di cui adesso discute la commissione Giustizia della Camera. Il "vero" ddl di Angelino Alfano conteneva un bavaglio "tombale" per i giornalisti, nulla di nulla, né atti né "ascolti", poteva essere pubblicato fino al processo, e c´era pure la lista dei reati, non si poteva intercettare nulla per quelli che non raggiungevano i dieci anni di pena. E già allora Berlusconi era scontento di quella legge, al punto da continuare a dire: «Avevo promesso ai miei elettori che avrei fatto una norma per fare le intercettazioni soltanto per i delitti di mafia e di terrorismo. Questo ddl è troppo ampio».
Passati due anni, fatta la battaglia di Giulia Bongiorno alla Camera per togliere la lista dei reati, rendere pienamente intercettabili i delitti di corruzione ed altri, consentire ai giornalisti di resocontare le inchieste giudiziarie almeno «per riassunto», eccoci ad oggi, al testo attuale. Passato per l´inasprimento del Senato, nonostante gli avvertimenti di Napolitano andassero in senso opposto. Lo disse ad Angelino Alfano il 4 luglio del 2009 dopo la fiducia votata alla Camera: «Questo provvedimento è pieno di criticità, va cambiato». Ma al Senato, proprio quelle criticità furono inasprite. Mentre la porta fu sbattuta in faccia alla Bongiorno, minacciando pure di togliergli la presidenza della commissione. E restò soprattutto la negazione del diritto di cronaca, il bavaglio alla stampa che oggi viene finalmente strappato.
Lo si può chiamare «balzo in avanti», come dice la Bongiorno. O retromarcia di Alfano. Fatto sta che l´emendamento presentato in commissione Giustizia ripristina il diritto costituzionale di informare. scritto nella motivazione che lo accompagna: «L´obbligo del segreto per le intercettazioni "cade" ogniqualvolta ne sia stata valutata la rilevanza». «Rilevante» diventa l´aggettivo chiave della svolta. Ed è l´aggettivo usato da Napolitano quando, per bocca del segretario generale della presidenza Donato Marra, appena una settimana fa, ha raccomandato ad Alfano la libertà d´informazione. Le intercettazioni, che non avrebbero mai dovuto essere pubblicate fino al processo, tornano "libere". « soppresso il divieto di pubblicarle» è scritto nella nota firmata dal sottosegretario Caliendo. La marcia indietro passa per l´udienza-filtro, un istituto giuridico che già esiste oggi nel codice di procedura, e che si concretizza in un incontro tra il giudice e gli avvocati nel quale si decide quali "ascolti", anche utili agli imputati, possono essere inserite nel fascicolo processuale.
Ma dovrà essere in primis il pm a vigilare sulle telefonate da inserire nell´ordinanza. Egli dovrà far trascrivere «quelle che ritiene rilevanti». E la trascrizione, «anche per riassunto», dovrà escludere rigidamente «fatti o circostanze estranei alle indagini». Niente "terzi" e niente più gossip nelle misure disposte dal pm, e di conseguenza nulla di tutto questo sui giornali, visto che non appena gli atti perdono il loro carattere di segretezza, finiscono in un´ordinanza di custodia, nelle motivazioni di una perquisizione o di un sequestro, potranno essere pubblicati.
 la svolta. Che si accompagna a quella delle altre modifiche presentate dalla Bongiorno e dal pidiellino Costa. Tra le prime c´è l´inversione di rotta sulla responsabilità giuridica degli editori, che l´esponente finiana cancella. Il ritorno alla possibilità di "ascoltare" anche gli ignoti, tutti coloro che possono essere utili comunque alle indagini. Il ripristino della dizione di «privata dimora» per le ambientali al posto del «luogo privato», che avrebbe provocato l´impossibilità di piazzare "cimici" in un´auto o in un ufficio. Tra gli emendamenti di Costa ecco l´inversione di rotta sui reati spia e sulla durata breve. Tra i delitti di mafia e di terrorismo, su cui c´è ampia facoltà di ascolto, rientrano anche tutti i crimini di grave allarme sociale, quindi anche quelli che possono portare alla mafia, le "spie" su cui il finiano Fabio Granata aveva acceso i riflettori. I tempi degli "ascolti" si liberano: per i delitti non gravi, oltre i 75 giorni, si potrà continuare ad ascoltare con richieste successive di 15 in 15.
Naturalmente restano le ombre e le incoerenze: come il tribunale collegiale che, se entrerà in vigore tra un anno, nell´attuale disorganizzazione degli uffici, si risolverà in un freno alle inchieste. Anche l´archivio riservato imposto ai pm, senza soldi e mezzi, sarà un problema. Pm e giudici dovranno badare alle fughe di notizie, alle denunce e non potranno più parlare con la stampa. E resta un tetto massimo di spesa per gli "ascolti" che potrà nuocere alle investigazioni. Ma certo l´attuale ddl non è più quello che Alfano aveva portato a palazzo Chigi.