ANTONIO CIANCIULLO, la Repubblica 20/7/2010, 20 luglio 2010
L´AGRICOLTURA GUARDA AVANTI COS IL BIOTECH SUPERA GLI OGM
Gli ogm? Roba vecchia, una filiera di ricerca che si è impantanata nelle difficoltà di realizzazione e nei rischi. La nuova frontiera dell´agricoltura avanzata è la tecnologia che legge il futuro dei semi. Invece di sotterrarli e star lì ad aspettare che crescano, anni di attesa per capire se alla fine quella pera sarà veramente più saporita, si può passare l´evoluzione al setaccio di un sequenziatore di Dna capace di prevedere lo sviluppo di 20 mila semi in modo da scegliere quelli più adatti. Il rischio è uguale a quello di 10 mila anni fa, quando si tracciò il confine del primo orto. La redditività dell´impresa straordinariamente alta.
Questo salto di tecnologia è la proposta che, all´indomani della decisione europea di lasciare gli Stati liberi di coltivare o non coltivare gli ogm, uscirà dal convegno "Agricoltura e biotecnologie: il fronte della ricerca tra un´avanguardia silenziosa e un´innovazione superata" organizzato oggi a Roma dalla task force «Per un´Italia libera da ogm» di cui fanno parte 32 associazioni tra cui Slow Food, Legambiente, Vas, Verdi, Wwf. Il tentativo è uscire dalla contrapposizione manichea tra agricoltura tradizionale e organismi geneticamente modificati per esplorare le mille possibilità che le biotecnologie, dall´invenzione del pane e della birra in poi, hanno prodotto.
«Gli ogm sono fermi a soia, cotone, mais e colza modificati per sviluppare la resistenza agli erbicidi e agli insetti: le proposte della fine degli anni Ottanta», afferma Marcello Buiatti, ordinario di genetica a Firenze. «Le altre migliaia di sperimentazioni in sostanza non hanno funzionato perché l´idea di inserire un gene nuovo all´interno di una pianta, pensando che si limiti a fare quello che faceva nel contesto da cui è stato estratto, è sbagliata. Il nuovo gene finisce per interagire con tutto il Dna e il risultato è che l´operazione non dà il risultato atteso. Con le tecniche attuali invece, tutto cambia».
Tutto cambia perché si ribalta la prospettiva: non si lavora più in direzione dell´evento mirabolante, della fragola che cresce sotto la neve grazie al gene del pesce artico. Le nuove conoscenze sono messe al servizio del vecchio fine: creare piante con frutti più buoni e più abbondanti. La differenza, non piccola, sta nella velocità: minuti invece di secoli.
Alla fin dei conti quello che all´agricoltore interessa non è creare una mela quadrata ma intervenire su quella parte di genoma che regola non il cosa ma il come e il quanto: il grado zuccherino, la velocità di crescita, l´intensità del profumo. «A progressi in questa direzione si è arrivati con millenni di incroci casuali che, piano piano, per selezione progressiva, hanno permesso di arrivare alle materie prime agricole di cui disponiamo», continua Buiatti. «Oggi è possibile sostituire l´efficacia e la rapidità della scelta in laboratorio al caso che regola la selezione nei tempi lunghi. Grazie alla tecnica dei marcatori funzionali basta una macchina come quella che ho io, in piccolo, nel mio laboratorio, per capire quale variante genetica contengano i semi e scegliere i più adatti alle nostre esigenze».
Invece di aspettare 15 anni per vedere se un incrocio di susine è venuto bene e poi farne un altro aspettando, sempre dopo 15 anni, un piccolo progresso successivo, si può giocare la partita della programmazione in laboratorio. Usando, oltre alla tecnica dei marcatori funzionali, il sistema del vigore ibrido, cioè la capacità di sfruttare le linee genetiche che contengono in sé un messaggio potenziale più ampio, e quello del rimescolamento del genoma che punta alla maggiore velocità evolutiva derivante dagli incroci di due varietà.
Leonardo Vingiani, direttore di Assobiotec, dice che tra queste tecniche e gli ogm non c´è contrapposizione: «Sono linee di ricerca parallele». Per Manuela Giovannetti, preside della facoltà di agraria di Pisa, invece la contrapposizione esiste: «L´85 per cento degli ogm è stato progettato per resistere agli erbicidi e infatti il loro uso invece di diminuire è aumentato. Inoltre la possibilità che la resistenza agli erbicidi si trasferisca a piante infestanti creando uno scenario estremamente allarmante, con impatti pesanti sulla capacità del sistema agricolo mondiale, è concreta. I casi in cui questo processo è avvenuto sono ben documentati nella letteratura scientifica».