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 2010  luglio 20 Martedì calendario

FA FLOP LA LEGGE CHE IMBRIGLIA LA RETE

«Obbligò tutti (..) a farsi mettere un marchio sulla ma­no destra o sulla fronte. Nes­suno poteva comprare o ven­dere se non portava il mar­chio, cioè il nome della Be­stia ». Provate a cercare su In­ternet questo passaggio del­l’Apocalisse biblica. Scoprire­te che per i fanatici delle co­spirazioni è un’indiscutibile profezia dell’avvento di un grande fratello hi tech. Il ter­rore di essere spiati dal pote­re è atavico, dalla sfera di cri­stallo delle fiabe (cos’era se non un occhiuta spia magica nell’epoca in cui la magia era la tecnologia più avanzata ipotizzabile?) al televisore-Grande Fratello di Orwell.
Nell’era di internet questa ansia si è incarnata in Eche­lon, il sistema spionistico americano che controllereb­be ogni forma di comunica­zione sul pianeta. E pazienza se le teorie persecutorie non hanno mai chiarito come mai Echelon non abbia orec­chiato nulla che anticipasse l’11 settembre.
E ora arriva una nuova con­ferma di quanto internet, in perenne espansione come l’universo, sia incontrollabi­leanti: la legge francese con­tro la pirateria è un fiasco tom­bale. Quando il Parlamento di Parigi l’approvò, nel set­tembre 2009 mezzo mondo gridò all’allarme censura. La norma prevede in sostanza che chi viene colto per la ter­za volta a scaricare e condivi­dere file coperti da copyright venga escluso dall’accesso a internet. In un anno di appli­cazione della legge nemme­n­o uno scaricatore maramal­do è stato minacciato, nessu­na connessione è stata taglia­ta e il file-sharing di film, mu­sica e giochi procede a gonfie vele. Eppure nello scorso giu­gno Hadopi, l’authority che avrebbe dovuto fare da cane da guardia della Rete, aveva ribadito di essere «tecnica­mente e legalmente pronta ad agire». Ma perfino gli indu­striali dei videogiochi hanno frenato, quando si è parlato di costi: tenere d’occhio gli scambi on line di 100 file pro­tetti da copyright costa 400.000 euro l’anno.Moltipli­cate questa cifra per le miglia­ia di canzoni, film, foto, sof­tware che girano in Rete. Il ri­sultato è che il progetto fran­cese è irrealizzabile.
Oltretutto le perplessità le­gali non mancano. Natural­mente combattere la pirate­ria è giusto, ma la lobby del­l’industria dell’intratteni­mento sta tentando di far estendere il concetto di pira­teria a un numero sempre più ampio di comportamen­ti, con effetti paradossali co­me la legge che in Italia ci ob­bliga a pagare una tassa su ogni cd-rom, dvd e memoria elettronica (incluse le chia­vette Usb) dando per certo che ci conserveremo conte­nuti coperti da copyright. Ma se io compro un dvd e lo pre­sto a un mio amico non è pira­teria. Perché lo diventa se lo stesso film glielo passo attra­verso un sistema di file sha­ring? I confini sono labili, e le pressioni sulla politica forti.
C’è una difficoltà tecnica e giuridica nel perseguire certi comportamenti in Rete. E la battaglia per arginare il download illegale ha il sapo­re­delle tattiche di Fabio Mas­simo Cunctator, il console ro­mano che tirava a temporeg­giare: le major dell’intratteni­mento prendono tempo per riposizionarsi nel nuovo mer­cato della distribuzione on li­ne. E allora dov’è il Grande fratello se non si riesce nem­meno a impedire di diffonde­re l’ultima canzone degli U2? La verità è che, se stiamo ai fatti, internet è ben lontano dall’essere lo strumento per applicare a tutti il biblico mar­chio della Bestia. Anzi, ha al­la­rgato le possibilità di comu­nicazione e fornito un capilla­re e anarchico strumento di espressione che, nel bene e nel male, ha aumentato i mar­gini della libertà individuale. Al punto che, un regime op­pressivo come quello cinese più che usare internet per controllare i suoi cittadini, cerca di spegnere la Rete o li­mitarne il potere di espressio­ne, vedi la battaglia ancora aperta con Google.
I paranoici evocatori del Grande Fratello tecnologico in Rete non lo ammetteranno mai, ma il futuro minacciato da Orwell può attendere.