Lettere a Sergio Romano, Corriere della Sera 20/07/2010, 20 luglio 2010
LETTERE – GRANDI OPERE PUBBLICHE
Caro Romano, leggendo il libro di Antonio Pennacchi, «Canale Mussolini», mi è sorto un interrogativo. Come mai l’Italia dei primi anni Trenta dello scorso secolo, certamente più povera e meno potente di oggi, ha potuto, dopo lo sforzo immane della bonifica delle Paludi Pontine, erigere, in pochi anni, tante cittadine, da Littoria (oggi Latina) a Sabaudia, Pomezia e altre, mentre oggi non si trovano i soldi per ricostruire la città dell’Aquila e del suo magnifico centro storico lasciato in abbandono dopo il terremoto? Lei potrebbe darmi una risposta?
Fulco Pratesi
f.pratesi@wwf.it
Nei primi anni Trenta le grandi opere pubbliche furono in molti Paesi, dagli Stati Uniti all’Olanda, la risposta dei governi alla grande crisi del 1929. In Italia furono rese più facilmente realizzabili dalla capacità di programmazione di un sistema autoritario che poteva contare sui bassi costi di una mano d’opera non particolarmente specializzata e solo formalmente sindacalizzata. Le bonifiche e le città nuove furono certamente un successo, ma per ordine d’importanza vengono dopo la Tennessee Valley Authority, le dighe olandesi e i canali sovietici.
Sergio Romano